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Questo articolo è stato pubblicato il 26 febbraio 2011 alle ore 09:41.
L'ultima modifica è del 26 febbraio 2011 alle ore 08:15.
Mervyn King, il governatore della Banca d'Inghilterra, ha fatto qualcosa di molto irrituale quando ha applaudito le politiche del partito conservatore, improntate a drastici tagli ad ampio raggio della spesa pubblica, dalle rette universitarie agli sgravi fiscali per le famiglie. «L'ultima cosa che deve fare la Banca d'Inghilterra è farsi trascinare nello scontro politico», ha dichiarato al Financial Times il 17 ottobre Ed Balls, ministro-ombra del Tesoro e portavoce dell'opposizione laburista.
Balls ha criticato il governatore per aver espresso pubblicamente la propria approvazione alle severe misure di austerity varate dal governo di coalizione, che secondo Balls rischiano d'innescare una ricaduta della recessione e un aumento della disoccupazione.
Secondo il ministro-ombra ci sono motivazioni politiche dietro la presa di posizione di King. Balls ha ragione. Ultimamente King si è dato molto da fare per difendere la strategia economica del governo tory e ha esortato l'esecutivo a procedere su questa strada, con tagli ancora più cospicui. Il governatore sbaglia sul piano economico (i tagli alla spesa sono la politica meno appropriata per un'economia ancora depressa) ma non è questo il punto fondamentale. Il punto è che chi dirige una banca centrale indipendente deve fare attenzione a rimanere al di sopra della mischia nelle faccende politiche, pena una perdita di fiducia nell'istituzione da parte della cittadinanza.
L'attivismo politico di King fa tornare in mente il comportamento di Alan Greenspan, presidente della Fed dal 1987 al 2006 e fiero sostenitore della disciplina di bilancio; finché alla Casa Bianca non arrivò un repubblicano, George W. Bush, e improvvisamente, nel 2001, il signor Greenspan dichiarò che gli Usa dovevano tagliare le tasse per impedire un calo troppo rapido del debito nazionale.
È molto triste vedere King percorrere la stessa strada. Criticai Greenspan quando era ancora un dio nel pantheon statunitense, quando approvava non solo i tagli delle tasse, ma anche, nel 2005, la privatizzazione del sistema pensionistico. Ho molti difetti, ma la reticenza a criticare i potenti non è tra questi.