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Questo articolo è stato pubblicato il 18 novembre 2010 alle ore 06:46.
Garry Kasparov, CAMPIONE DI SCACCHI E PRIMO VERO AVVERSARIO DI DEEP BLUE
Stanno inserendo i dati nell'elaboratore. Hanno iniziato in primavera e finiranno a dicembre. Poi, tra un anno, finiti i test il prototipo sarà funzionante. Alla Columbia University medici e informatici stanno istruendo DeepQA, la tecnologia sviluppata da Ibm per comprendere il linguaggio naturale. «Tra un anno sperimenteremo il primo e più potente assistente medico della Terra – spiega Roberto Sicconi direttore al centro di ricerca T.J. Watson dell'Ibm del programma DeepQA New Opportunities –. Un supercomputer per aiutare i dottori nella diagnosi, capace di analizzare i database mondiali e sulla base dei sintomi del paziente fornire una rosa di possibili patologie. In pochissimi secondi».
Quello che hanno in mente gli scienziati dell'Ibm è un Pico della Mirandola, un topo da biblioteca scientifica, un tignoso-so-tutto che sa scartabellare fra articoli scientifici, tesi di laurea e ricerche per estrarre informazioni sulla base dei sintomi lamentati dal paziente. Senza interpretare nulla, solo su base statistica. «Sappiamo che sulla diagnosi molto è legato più all'arte che alla scienza – ammette l'ingegnere dell'Ibm –. I medici non ci chiedono un assistente che fornisca la diagnosi. Ma qualcuno che per esempio consulti per loro tutti gli ultimi risultati della ricerca per trovare casi simili o indaghi nelle malattie rare. Solo nell'ambito della neurologia ogni anno escono 20mila paper. In teoria uno specialista dovrebbe leggerli tutti. Per una medico di base la sfida è ancora più ardua. Poi c'è il problema del tempo: negli Stati Uniti gli appuntamenti dal dottore non durano più di sei-sette minuti per paziente. Per non rischiare di sbagliare i medici sia in Italia che negli Stati Uniti prescrivono molti più esami del necessario, facendo così lievitare i costi per il sistema sanitario e per le assicurazioni». E infatti sono proprio le compagnie di assicurazioni – una potenza economica negli Usa – a essere particolarmente interessate al l'adozione del supercomputer negli ospedali. Non senza ingiustificati sospetti: applicare una tecnologia di questo tipo in fase di terapia potrebbe essere percepito come un tentativo di condizionare le scelte del medico. Allo stesso modo però, la stessa tecnologia applicata alla ricerca consentirebbe di analizzare e comparare più studi sullo stesso principio attivo. Sui farmaci tumorali, ad esempio, è in corso una sperimentazione di questo tipo alla Duke University. «Per affrontare quei tumori che si sono dimostrati più resistenti a certi tipi di farmaci, sta dando risultati positivi il mix con medicinali approvati per altri tipi di neoplasie. Queste sono medicine che non sono approvate per quella specifica patologia e quindi non vengono rimborsate dalle assicurazioni. Per accelerare i tempi di approvazione da parte della Food and Drug Administration (Fda), una possibile soluzione è passare dallo screening clinico a quello computerizzato, magari con il concorso di un maggior numero di centri di ricerca e ospedali».