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Immobiliare, Roma tenta la ripresa con gli investimenti negli hotel

di Paola Dezza

4' di lettura

È la bella addormentata delle città italiane, una metropoli dalle grandi potenzialità inespresse che deve fare i conti con un territorio vasto, tre millenni di storia a cielo aperto o nei sotterranei della città e un mondo che preme dall’esterno per farla diventare la sponda di Milano.

Il fermento a Roma è concentrato nel settore dell’ospitalità, anche se sono gli uffici a registrare i numeri più importanti in termini di volumi di investimento. Le grandi catene internazionali vogliono mettere una insegna in città. Mancano nomi del calibro di Four Seasons e Mandarin Oriental. Da qui il mercato immobiliare potrebbe ripartire.

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L’inaugurazione più vicina riguarda l’hotel de la Ville che il gruppo Rocco Forte (partecipato al 23% da Cdp) apre il 23 maggio a due passi da piazza di Spagna. Intanto è in corso la gara per acquistare la sede storica di Bnl in via Veneto, edificio impegnativo (24mila mq) che ha cambiato destinazione d’uso proprio in alberghiero. La cifra è considerevole visto che la banca si aspetta di incassare almeno 250 milioni di euro, ai quali vanno aggiunti i costi della riconversione. Poco lontano Kryalos per conto di Kingstreet ha acquistato due edifici che diventeranno hotel a marchio W. La famiglia Bettoja sta ristrutturando il Mediterraneo, mentre ha aperto lo scorso anno l’elegante hotel Vilòn. Marriott ha scelto un edificio di Dea Capital in via di Santa Chiara per il brand Autograph Collection.

Proprio Dea Capital Sgr, la prima Sgr per asset under management in Italia, ha investito 1,2 miliardi di euro a Roma nell’ultimo anno. La società ha nei propri fondi immobiliari circa 200 asset a Roma per un valore complessivo di 3,5 miliardi.

Per il resto è l’immobilità che complica la gestione e blocca la città. Nel 2000 Roma era vivace, pronta al Giubileo al quale si era preparata con investimenti e incentivi. Milano era in crisi. Oggi la situazione si è ribaltata. Gli investitori internazionali stanno facendo, invece, il percorso contrario e dopo avere investito quasi esclusivamente a Milano negli ultimi anni, città dove sono arrivati dal 2015 in poi da 2,5 a quattro miliardi di euro di investimenti ogni anno, guardano alla capitale come unica altra città italiana in grado di assorbire liquidità e offrire uno stock storico e di pregio da riqualificare. In città nel 2018 sono arrivati 1,8 miliardi di euro di investimenti, un dato in crescita dal 2014.

Roma, che si è fermata a 11 miliardi di euro di investimenti complessivi negli ultimi dieci anni (2008-2018), quando Milano nello stesso periodo ha sfiorato i 22 miliardi, può ripartire. Ma deve cambiare passo.

«I numeri importanti e reali di Roma non si traducono in mercato - dice Mario Breglia, presidente di Scenari Immobiliari -. Tanti i progetti che restano sempre sulla carta. La paralisi politica va avanti da anni. Manca la visione urbanistica della città, il dibattito si è esaurito prima sulle Olimpiadi e poi sullo stadio». Anche sul fronte residenziale le compravendite nel 2018 sono state 32mila, un numero contenuto per l’estensione della città. Ma si torna a realizzare il nuovo in poche situazioni centrali che attirano compratori dall’estero come si è visto nel complesso Porta dei Leoni dove hanno comprato cittadini spagnoli, asiatici e sudamericani.

Sul fronte non residenziale la scommessa è tutta nella capacità della città di cambiare passo, rinnovarsi e attirare i capitali esteri in maniera stabile. Ora che la liquidità in cerca di investimenti è ancora decisamente elevata e pronta a dirigersi sul mattone finché i tassi di interesse non torneranno a salire (e a rendere i rendimenti del real estate meno competitivi). La sfida sarà anche ricucire le ferite come l’incompiuta Città dello sport, la vecchia Fiera e gli ex Mercati Generali.

«La città ha spazio di crescere - spiega Alessandro Mazzanti, a capo di Cbre in Italia -. Il take up degli uffici in media negli ultimi cinque anni è stato pari a 160mila metri quadrati, la metà di Milano. Lo spazio c’è, ma le potenzialità restano inespresse. Stesso discorso per il mercato degli investimenti: Milano vale il 40% di tutto il mercato real estate, Roma è cresciuta ma resta al 20%». Anche se nel primo trimestre il take up è arrivato a 80mila mq, dato Cushman & Wakefield.

Saranno le grandi riqualificazioni a fare ripartire il mercato? Molti puntano su piazza San Silvestro dove aprirà in un edificio di Allianz il più grande store italiano di Apple, con un affaccio principale su via Del Corso, nell’edificio in cui già si sono installati gli uffici di Fox networks. Nell’edificio Marini, invece, potrebbe arrivare un hotel di superlusso. Ma ai privati che volevano fare della piazza una zona “smart” l’amministrazione non ha dato risposta. Qualcuno conta sull’ipotesi di vendite future dello stock di immobili di aziende dello Stato.

Eppure di operazioni in città se ne registrano. A fine 2018 Antirion Sgr ha acquistato da Bnp Paribas due immobili a uso ufficio per la cifra di 270 milioni di euro. Il primo edificio è in piazza dell’Agricoltura 24, a occuparlo è il gruppo Engineering. Il secondo, in via Lombardia 31, è in fase di ristrutturazione e sarà la sede romana di EY, unico tenant. «Roma rimane una scommessa - dice Mazzanti -, ma è l’unica altra città italiana dove i mercati di affitto e investimento sono abbastanza liquidi».

«A Roma ci sono due dei maggiori centri commerciali italiani, tutti e due da oltre 100mila mq» dice Carlo Vanini, Head of capital markets e dell’ufficio di Roma di Cushman & Wakefield. Roma Est (di proprietà del fondo sovrano di Singapore Gic) è in vendita, ma l’operazione stenta a decollare vista la mole del deal: circa mezzo miliardo di euro. «L’interesse dei grandi investitori è circoscritto al centro - dice ancora Vanini -, in grande fermento la zona di via Veneto, via Barberini e piazza Barberini».

A pesare come fardello è anche la mancanza di sviluppatori italiani. Sapranno sostituirli i grandi nomi internazionali?

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