Amazon non obbligata a servizio clienti telefonico
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Una piattaforma di e-commerce come Amazon non può essere obbligata a mettere a disposizione del consumatore un numero telefonico. È questa la conclusione dell'Avvocato generale Ue Giovanni Pitruzzella che rileva però che «al consumatore deve essere garantita una pluralità di scelte tra mezzi di comunicazione da utilizzare, così come un contatto rapido e una comunicazione efficace, e l'informazione relativa a tali mezzi deve essere accessibile, chiara e comprensibile».
La società Amazon Eu, che gestisce una piattaforma che opera esclusivamente su internet per la vendita di prodotti e servizi di largo consumo, è stata portata in giudizio davanti alle giurisdizioni tedesche dalla Federazione tedesca delle associazioni dei consumatori, Bundesverband. Motivo: la violazione, da parte di Amazon, della legge tedesca che, in attuazione della direttiva sui diritti dei consumatori, impone al professionista di indicare, in maniera chiara e comprensibile, oltre all'indirizzo geografico, anche il numero di telefono e, se del caso, il numero di fax e l'indirizzo di posta elettronica.
In particolare, per il Bundesverband, Amazon non adempirebbe in modo chiaro e comprensibile agli obblighi informativi nei confronti dei consumatori visto che, nella fase precedente la conclusione della vendita online, sul sito non viene indicato alcun numero di fax né viene messo immediatamente a disposizione un numero di telefono (essendo quest'ultimo visualizzabile solo dopo un certo iter che il consumatore deve compiere).
Il sistema di richiamo automatico e di chat immediata, pure offerti da Amazon, non sarebbero sufficienti, secondo la Bundesverband, a ritenere adempiuti gli obblighi di legge.
La Corte federale di cassazione tedesca, investita della controversia in ultima istanza, ha deciso di interrogare la Corte sulla corretta interpretazione dell'espressione “ove disponibili”, riferita ai mezzi di comunicazione tra professionista e consumatore nei contratti conclusi a distanza e in quelli stipulati fuori dei locali commerciali, oltrechè sulla natura, tassativa o meno, dell'elenco dei mezzi di comunicazione (telefono, fax, e-mail) previsto in tale ambito e sul contenuto dell'obbligo di trasparenza imposto al professionista.
L'Avvocato generale sottolinea che un'efficace tutela dei consumatori non si realizza imponendo una specifica modalità di contatto (ad esempio il telefono) ma «garantendo ai consumatori la possibilità di fruire delle più efficaci vie di comunicazione in relazione al mezzo attraverso cui si svolge la transazione».
Al contrario, l'imposizione di una specifica modalità di comunicazione come l'uso del telefono, non necessaria ai fini di un'efficace tutela del consumatore, “rischierebbe di essere una misura sproporzionata rispetto agli obiettivi di tutela del consumatore, capace di gravare di oneri impropri le imprese interessate, soprattutto quelle che non sono «giganti del web» come Amazon”. Per l'Avvocato generale, quindi, ciò che conta non è tanto il mezzo di comunicazione in astratto considerato, quanto “la concreta capacità di assicurare un contatto rapido e una comunicazione efficace tra consumatore e professionista; un'informazione fornita in maniera chiara e comprensibile”.
Di qui la proposta alla Corte di dichiarare che, per i contratti a distanza e per quelli negoziati fuori dei locali commerciali, l'elencazione dei mezzi di contatto (telefono, fax, e-mail) nella direttiva è soltanto esemplificativa. « Il professionista è quindi libero di scegliere i mezzi da rendere disponibili per il contatto con il consumatore, compresi dei mezzi di comunicazione non espressamente indicati nella direttiva, quali, ad esempio, una chat online (evoluzione tecnologica del fax) o un sistema di richiamata telefonica (evoluzione tecnologica del servizio di call center), purché siano attuate le sopra richiamate finalità della direttiva”. Inoltre, dall'obiettivo di assicurare un elevato livello di tutela del consumatore e dalla natura esemplificativa dei mezzi di comunicazione si desume l'obbligo del professionista di mettere a disposizione del consumatore più mezzi di comunicazione, assicurando la libertà di scelta di quest'ultimo.
L'Avvocato generale, poi, rileva che l'obbligo alla trasparenza delle condizioni contrattuali si applica anche alle modalità di contatto e impone di far sì che il consumatore sia in grado di comprendere in modo non equivoco quali siano le modalità di contatto a sua disposizione, nel caso in cui abbia necessità di comunicare con il professionista. Peraltro, presupposto necessario della trasparenza è, per l'Avvocato generale, la semplicità dell'accesso all'informazione per cui sarebbe incompatibile con le finalità della direttiva una navigazione che, per la sua complessità, rendesse difficoltoso l'accesso all'informazione. L'Avvocato generale, di conseguenza, propone alla Corte di dichiarare che, in virtù dell'obbligo di trasparenza del professionista, l'informazione da lui fornita sui mezzi di contatto messi a disposizione del consumatore deve essere accessibile da quest'ultimo in modo semplice, efficace e ragionevolmente rapido.
Quanto al significato della locuzione “ove disponibili”, riferita alle tre vie tipiche di comunicazione tra professionista e cliente (telefono, fax, e-mail), l'Avvocato generale propone alla Corte di dichiarare che questa implica l'inesistenza di un obbligo per il professionista di attivare una nuova linea telefonica o di fax o un nuovo indirizzo mail quando decide di concludere contratti a distanza e che tale espressione significa “ove messi a disposizione dei consumatori” e non “ove esistenti nell'organizzazione aziendale”: infatti, non tutto ciò che è presente in un determinato contesto è disponibile o a disposizione di tutti coloro che lo vogliano utilizzare. Pertanto, l'Avvocato generale conclude che, qualora l'impresa abbia una linea telefonica, essa non deve necessariamente essere messa a disposizione dei consumatori, purché, come detto, il raggiungimento delle finalità della direttiva sia assicurato.
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