ANMLI e MiBACT, firmato accordo per favorire il sistema nazionale dei musei
di Gabriele Biglia
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L'Italia conta più di un museo ogni 100 km quadrati. Un patrimonio “polverizzato”, una galassia di luoghi assolutamente straordinaria e unica ma che risulta non ancora pienamente valorizzata e al passo con i tempi. Il notevole incremento di visitatori registrato nel 2017 posiziona i musei civici italiani sempre più al centro del patrimonio culturale del nostro Paese come soggetti strategici e fondamentali per lo sviluppo delle città e del territorio.
Ma permangono ancora criticità e problematiche dovute principalmente alla mancanza cronica di fondi a seguito dei tagli alla cultura, all'assenza di personale qualificato, alla disomogenea modernizzazione e alla mancanza di un sostegno concreto da parte delle Stato. Questo è quanto sinteticamente è emerso durante il convegno “Musei Civici: quale futuro?”, promosso dall’Associazione Nazionale Musei Locali e Istituzionali ( ANMLI ) e il MiBACT , tenutosi durante la XXV edizione del Salone Internazionale del Restauro dei Musei e delle Imprese Culturali a Ferrara.
La collaborazione. In occasione del convegno, il 23 marzo scorso Anna Maria Montaldo, presidente dell'ANMLI e Antonio Lampis, direttore Generale Musei del MiBACT, hanno firmato un accordo di collaborazione per sviluppare progetti e attività volte a favorire l'integrazione dei musei locali e istituzionali con il sistema museale nazionale. L'intesa prevede la definizione di azioni programmatiche e strategiche volte al miglioramento della fruizione e della gestione dei musei locali, al potenziamento della loro rete, alla promozione, valorizzazione e partecipazione al sistema.
D'altronde se si vuole dare vita al sistema museale nazionale a cui mira il provvedimento ministeriale firmato lo scorso 4 marzo da Dario Franceschini che definisce i Livelli minimi uniformi di qualità (LUQ) e le modalità di accreditamento che impegnano i musei che vogliono aderire al Sistema, i musei civici dovranno fare dei passi avanti, perché il contesto culturale, sociale ed economico in cui operano è notevolmente mutato rispetto al passato: “Il maggior numero dei musei in Italia sono civici - spiega Antonio Lampis, direttore della Direzione generale dei musei del MiBACT - e rispetto ai livelli di qualità toccati nel 2001, che furono un punto di svolta importante, oggi i livelli minimi sono percorsi di crescita sostenibile. L'obiettivo ora è la messa a sistema dei musei, ossia la creazione di un sistema nazionale con standard garantiti di livello minimi di qualità dove ciascun museo si dovrà assegnare un punteggio”.
In base al decreto 113 del 21/02/2018 i musei dovranno adottare e garantire degli standard minimi che prevedono: l'adozione di uno statuto e di un bilancio che rilevi costi e ricavi; l'apertura per almeno 24 ore settimanali; la registrazione degli ingressi anche a titolo gratuito; la definizione di un piano annuale delle attività; l'individuazione formale del direttore con specifica competenza ed esperienza professionale; il rilevamento e il monitoraggio periodico dello stato conservativo del patrimonio; la registrazione del patrimonio e la schedatura identificativa delle opere; l'attività di studio e ricerca sul patrimonio e la disposizione di didascalie e pannelli informativi nelle sale o schede mobili; la creazione di un sito web e la presenza di materiale informativo. Il sistema nazionale dei musei coinvolgerà le istituzioni museali statali, regionali, provinciali, civiche, ma anche quelle private (l'adesione per quest'ultime è su base volontaria); inoltre coinvolgerà altri luoghi della cultura come le aree archeologiche, i complessi monumentali e parchi archeologici.
“Il patrimonio culturale è di fatto sottovalutato rispetto alle esternalità che potrebbe generare” prosegue Lampis. “Occorre pertanto una sburocratizzazione e una governance sostenibile partecipata per la messa a rete dei quasi 8mila musei italiani al fine di rendere più attraente e funzionale il patrimonio italiano. L'impegno sul digitale sarà molto forte: la comunicazione sociale verso i visitatori, soprattutto quelli potenziali è fondamentale. Si dovrà puntare sulle connessioni dei musei in un contesto digitale comune e sviluppare le opportunità offerte dal web. Dobbiamo cavalcare questo momento fortunato che i musei italiani stanno vivendo a seguito delle riforme. Sono per un processo di welfarizzazione attraverso investimenti oculati, come ho cercato di far intendere al Ministero delle Finanze, perché ritengo che i musei possono comportare incassi e creare nuovi posti di lavoro. Chi esce da una facoltà universitaria umanistica si aspetta la possibilità di trovare occupazione” conclude Lampis.
In merito alla piattaforma di accreditamento attraverso la quale i musei si dovranno assegnare da sé un punteggio, si è espressa in modo favorevole Anna Maria Montaldo, presidente ANMLI: “In un panorama museale così diversificato, se non si crea una piattaforma, non si fa sistema e non si stabiliscono delle best practice da seguire con degli obiettivi da raggiungere, non si riuscirà ad avviare un vero processo di valorizzazione”.
Il futuro dei musei civici dipende anche dalle politiche che verranno portate avanti dal prossimo Governo. Durante il convegno si è percepita la preoccupazione sul destino delle riforme messe in atto dal MiBACT: “La precedente legislatura è stata la legislatura dei musei statali grazie alla riforma avviata dal Ministro Dario Franceschini che ha portato ad un miglioramento nel funzionamento dei musei locali - afferma Anna Maria Visser, vicepresidente del Comitato tecnico scientifico “Belle Arti” del MiBACT -. Ma ora è difficile capire quali saranno gli obiettivi futuri del nuovo Governo e cosa succederà”.
Rimane, infatti, aperto il grande problema dei finanziamenti, perché i comuni sono rimasti fortemente penalizzati e la carenza di organico nei musei pesa sul loro buon funzionamento. Si dovrà lavorare pertanto per migliorare la situazione del personale con organici più strutturati. Alcuni musei hanno cercato risorse attraverso il fundraising ma non basta, occorre che si torni ad investire nei musei.
Secondo Roberto Balzani, presidente dell' Istituto per i beni artistici culturali e naturali : “C'è bisogno di un processo di adeguamento degli standard che preveda parallelamente lo stanziamento di finanziamenti che non siano più una tantum, ma permanenti: i finanziamenti spot non fanno bene alle realtà museali. Ed inoltre occorre indirizzare le politiche di spesa”.
Dall'indagine resa pubblica nel 2017 sui musei e le istituzioni similari effettuata dall'Istat su una galassia di oltre 4.900 istituti diffusi in modo capillare su tutto il territorio nazionale, caratterizzati da grande diversità nelle dimensioni e nella tipologia delle strutture (musei, gallerie, collezioni, aree e parchi archeologici, monumenti e complessi monumentali), emergono talvolta dati non sempre coerenti con la realtà.
“Il decreto 113 fissa degli standard minimi per il personale. Ma quanti sono gli addetti, ossia personale alle dirette dipendenze dei musei? Secondo le indagini Istat diffuse lo scorso anno risulta che: il 52% dei musei pubblici è in rete (circa 4 musei su 10 sono sui social media, ndr.); il 33% non ha personale intellettuale; il 35% non ha addetti. L'80% dichiara di avere un direttore e il 50% di avere personale dedicato alla promozione e alla diffusione di informazioni. Ma scopriamo anche, con sorpresa, che il 61% dei musei della Campania afferma di non avere personale addetto; alcuni musei campani, invece, dichiarano di averne solo 5 riportando allo stesso tempo delle entrate insufficienti. Apprendiamo anche che in Toscana il 50% dei musei dichiara di non avere entrate (la regione Toscana conta 584 istituti, ndr.).
Sarebbero ben 4.400 i musei a registrare entrate inferiori ai 50.000 euro, ma come è possibile?” si domanda Nadia Barrella, Docente di Museologia dell'Università della Campania. Talvolta le informazioni fornite dai musei durante i sondaggi non sono attendibili e veritiere. “Bisogna leggere con attenzione e chiarezza la realtà dei musei. Occorre pertanto un loro censimento controllato. Non si può solo parlare di adeguamento dei musei a degli standard, ma è necessaria prima di tutto la formazione del personale. Si devono rivedere gli accessi ai ruoli: occorrono almeno 10 anni di formazione per diventare direttore di un museo. Ed è fondamentale rivedere i percorsi universitari che di fatto non sono al passo con i tempi” conclude Nadia Barrella.
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