Ca Maria Adele, il piccolo hotel che celebra Venezia
di Sara Magro
4' di lettura
Nel salottino tappezzato in velluto e seta rigata, con il comò in argentone, il caminetto, quotidiani e riviste, è arrivato l’espresso: sulla tazzina il cappuccio per non farlo raffreddare, sotto la cloche dell’alzatina invece ci sono qualche bacio di dama e una ciotolina di panna montata coi mirtilli. «Ci teniamo al caffè, perché proprio qui, a Venezia, è stato bevuto il primo. Purtroppo però, non è facile trovarlo buono perché incidono l’acqua, l’umidità, il clima». Sono considerazioni da cui trapelano la cura che Nicola e Alessio Campa dedicano al loro raffinato hotel Ca Maria Adele, nel sestiere della Salute.
Quando hanno iniziato a cercare una struttura nel 2000, i due fratelli di Murano avevano poco più di vent’anni, armati solo di un solido senso estetico e di un generico interesse per l’ospitalità. Erano gli anni di Giubileo, qualunque antro veniva trasformato in un posto letto e i prezzi erano alle stelle. Oltretutto i Campa avevano delle pretese: volevano un edificio rappresentativo di Venezia, con un piano nobile, affacciato sul canale. In attesa di individuare il posto giusto, hanno studiato decorazione d’interni e management - Nicola al Naba di Milano e Alessio a Londra -, e quando la pazienza quasi vacillava, hanno finalmente trovato un piccolo palazzo del ’500, molto mal ridotto ma in posizione perfetta, di fianco alla Basilica della Salute, a due passi dal Canal Grande, accessibile dall’acqua o da uno dei romantici ponti veneziani. Affare fatto: un anno di ristrutturazione dalle fondamenta al tetto, e il 4/4/2004 aprivano al pubblico. «Quando abbiamo ricevuto la prima prenotazione, il giorno dopo la fine dei lavori, ci siamo guardati in faccia e ci siamo detti: non possiamo tornare a Murano stasera, se domani mattina presto dobbiamo essere qui. Man mano che vendevamo le camere, ci spostavamo in quelle libere, finché non le abbiamo esaurite. A quel punto dovevamo cercare un appartamento. Eravamo inconsapevoli di cosa ci aspettava: docce senza pressione, il canale vuoto per mesi, la manutenzione continua. La nostra vita era cambiata definitivamente, ma eravamo felicissimi».
«All’epoca non c’era nulla intorno, non il ristorante Linea d’ombra con la sua bella terrazza, non l’hotel Centurion Palace; la Punta della Dogana era abbandonata. Abbiamo avuto un buon intuito», dice Nicola. «Ma anche un po’ di fortuna», continua Alessio, «perché appena aperti, la troupe di Casanova ha prenotato stanze per un paio di mesi. Con loro c’era anche Twiggy, ex top model superfamosa e moglie di uno dei protagonisti del film di Disney. Sul libro degli ospiti ha scritto che Ca Maria Adele è il suo hotel preferito al mondo, con firma a caratteri cubitali».
Pur avendo cinque anni di differenza, Nicola (oggi 44) e Alessio (38) sono sempre stati molto uniti. Hanno gusti simili: vestono casual (jeans scuri e girocollo), portano capelli corti, sono alti e magri. Hanno viaggiato spesso insieme, visto le stesse cose, raccolto ispirazioni che hanno cercato di trasferire nel loro hotel dallo stile eclettico, legato alla storia della città, ma moderno, originale, confortevole. «Ci teniamo che l’ospite si senta proprio a Venezia. Cinque delle 12 camere sono a tema, e molti ci si affezionano, tant’è che quando tornano, e spesso tornano, prenotano sempre la stessa stanza. La camera dei Mori e quella dei Dogi non sono diverse solo per i colori, una oro e blu, l’altra oro e rossa.
Ciascuna è arredata singolarmente, con pezzi unici. E lo stesso vale per le altre. Non a tutti piace l’idea di avere un lampadario a 18 luci che pende sul letto, come nella Camera Nera, altri invece adorano la sua atmosfera voluttuosa. Al contrario, la Camera del Camino è in marmo bianco d’Istria, ed è ideale gli sposi in luna di miele». Alessio dice di amare lo stile di Anouska Hempel, interprete dell’hotellerie europea più sofisticata. «Non basta però che un hotel sia bello. Deve essere comodo, allo stato dell’arte, contemporaneo. Cerchiamo di evitare gli errori che notiamo in altri alberghi, e proviamo a soddisfare esigenze diverse, anche se non proprio tutte. Magari non abbiamo il latte di capra, però tutto quello che offriamo è stato pensato e selezionato. Ci assumiamo la responsabilità di scegliere per i nostri ospiti, e lo sforzo è apprezzato».
Basta guardarsi intorno per capire cosa intendono dire. Ogni angolo è una piccola scenografia, con luci ben studiate, la musica classica, le composizioni di fiori e i petali di rose sparpagliati con cura, le cameriere vestite come nei palazzi aristocratici, il profumo di fresco. E quante piccole cortesie inattese, la spazzola per pulire i vestiti anche nel bagno comune, i biscottini e le mele in camera a metà giornata, il mini bar incluso, la crema per le labbra tra i cosmetici del bagno, lo spray per il viso sul letto con il menu per la prima colazione del giorno dopo. Al proposito, ogni sera, si sceglie à la carte cosa ordinare, a che ora e dove. «Non ci piace l’idea del buffet. Se arrivi tardi, diventa tutto un po’ asfittico. Frutta e spremuta vengono preparate al momento del servizio». Che il buongiorno si vede dal mattino, infatti, è proprio vero a Ca Maria Adele.
Apri le finestre della Camera dei Mori, per esempio e c’è la Basilica della Salute, maestosa icona veneziana, incorniciata dalle tende damascate blu e oro. La saletta della colazione, di fianco, sembra la scena di un’opera lirica: il campanello per chiamare il servizio, la rosellina nel vasetto, la musica di Vivaldi, il pianoforte, e sopra la foto del lampadario più grande del mondo, realizzato per un casinò del Belgio dal nonno mastro vetraio di Nicola e Alessio.
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