La crescita del debito di Parigi è il problema di chi vince le elezioni
di Isabella Bufacchi
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Archiviato definitivamente questa sera il rischio politico legato all’elezione del presidente francese, con la vittoria di Macron data da giorni per certa oltre ogni dubbio, i mercati hanno già iniziato a interrogarsi sull’esito delle elezioni generali che si terranno in Francia l’11 e il 18 giugno. Gli investitori di tutto il mondo sono costretti a monitorare da vicino questo Paese che fa di tutto per essere associato alla Germania e dissociato dall’Italia: ma oltre ad essere il secondo Pil dell’Eurozona, la Francia detiene anche il secondo debito pubblico denominato in euro. I titoli di Stato francesi in circolazione ammontano infatti a 1.670 miliardi, contro i 1.905 dell’Italia e i 1.108 della Germania (debito federale).
Il debito/Pil della Francia viaggia al 96% contro il 68% della Germania e il 132% dell’Italia. Come l’Italia e a differenza della Germania, la Francia si è bloccata da anni su un rapporto debito/Pil elevato e scomodo, una vulnerabilità di cui i francesi farebbero volentieri a meno. Il debito pubblico francese è lievitato velocemente perchè la Francia è andata peggio dell’Italia sul fronte del deficit/Pil, ha sforato annualmente il 3% dal 2008 al 2016 con un picco del 7,2% nel 2009.
In termini percentuali, il debito pubblico francese è salito più di quello dell’Italia e della Germania, dalla crisi subprime e dell’euro ad oggi. Nel 2007 il debito/Pil della Germania (63%) e della Francia (64%) era simile mentre quello italiano era appena sotto il 100% (99,8%): il rapporto francese ora è al suo picco, come quello italiano, mentre la Germania ha toccato il massimo all’80% nel 2012 e poi è sceso. E così, mentre il debito/Pil tedesco ha già imboccato la strada della discesa (S&P’s lo prevede al 60,6% nel 2019), quello francese si è congelato su un livello vicino al 100% e non riesce a scendere. Macron promette di far scendere il deficit/Pil subito sotto il 3% e di portare il deficit/Pil strutturale allo 0,5% per il 2022: dalle promesse dovrà passare ai fatti, per convincere i mercati.
I mercati stanno a guardare. Il debito pubblico francese non è in cima alle loro preoccupazioni in termini di sostenibilità, allontanato - e da domani sera cancellato per i prossimi anni - il rischio “Frexit”. La Francia vanta rating sovrani con affidabilità molto solida, anche se le ferite delle due più recenti retrocessioni sono ancora aperte: AAA di Dbrs stabile; AA di S&P’s (dopo aver perso la AAA nel 2012 la Francia ha riconquistato la promozione dell’outlook da negativo a stabile lo scorso ottobre); AA2 di Moody’s stabile (dopo il declassamento dalla Aa1 nel settembre 2015); AA stabile di Fitch (dopo la retrocessione dalla AA+ nel dicembre 2014). La Germania tuttavia ha quattro triple “A” ed ha lo standing di bene rifugio per eccellenza, ed è lì che dovrà mirare la Francia di Macron.
L’andamento dello spread tra OaT e Bund è dunque molto seguito dagli investitori del reddito fisso, pur nel mondo artificiale del Qe della Bce, perché è divenuto uno dei termometri per misurare la solidità del progetto dell’Unione Europea e della moneta unica europea, oltrechè della sostenibilità del debito pubblico francese. La Francia, essendo il secondo Pil dell’Eurozona, è anche il secondo Paese dopo la Germania con i maggiori benefici e acquisti di titoli di Stato da parte della Bce, per via della chiave capitale: sotto il Public Sector Purchase Programme sono stati acquistati finora 294 miliardi di titoli di Stato francesi contro i 368 tedeschi e 255 italiani. Lo scorso mese, Francia e Italia sono stati i Paesi con la più elevata deviazione positiva mensile e temporanea dalla chiave capitale dall’avvio del programma, rispettivamente +2,83% e +1,95% secondo quanto calcolato da Bnp Paribas.
La prospettiva della vittoria di Macron ha riportato il differenziale tra OaT e Bund decennali sotto i 40 punti: ma la Francia era scesa sotto la soglia dei 20 punti con l’avvio del programma di acquisti di titoli di Stato della Bce nel 2015. Il rischio Le Pen ha allargato lo spread tra Francia e Germania portandolo vicino a quota 80 ma anche il fatto che il debito/Pil non riesca ad avviare una traiettoria sostenibile e duratura in calo mantiene il premio a rischio sulla Francia sotto pressione. Secondo gli analisti del Crédit Agricole, lo spread OaT/Bund potrebbe registrare un rally attorno a quota 30 punti, con la conferma della vittoria di Macron ma poi tenderà a riallargarsi e a stazionare attorno ai 45 punti nel momento in cui il mercato si renderà conto che il nuovo presidente dovrà contare anche su una maggioranza assoluta in parlamento per guidare il Paese a passo veloce verso l’implementazione delle riforme strutturali di cui ha bisogno. Le elezioni generali in giugno potrebbero dunque generare qualche nuova turbolenza, come anche i voti che Marine Le Pen porterà a casa comunque, pur perdendo il secondo ballottaggio come previsto dai mercati .
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