le professioni della moda

L’arte delle vetrine: lusso e fast fashion arruolano i «visual»

di Marta Casadei

(FOTOGRAMMA)

2' di lettura

Negli anni Sessanta un giovane Giorgio Armani, abbandonati gli studi in medicina, fece la sua prima esperienza nel settore moda alla Rinascente, lavorando come vetrinista e dando corpo allo stile per il quale oggi è conosciuto il tutto il mondo. Dall’altra parte dell’Oceano, negli stessi anni, Ralph Lauren, giovane commesso nel negozio Brooks Brothers di New York, metteva nell’allestimento la stessa passione e cura del dettaglio che avrebbe messo nella progettazione delle vetrine dei suoi negozi in giro per il mondo.

Ieri li avrebbero chiamati vetrinisti; oggi si chiamano, invece, professionisti del “visual display” (nel caso delle vetrine) o del “visual merchandising” (in senso più ampio, nel caso degli allestimenti interni), settori che nell’epoca di internet non hanno perso proprio peso e continuano a offrire molte opportunità di lavoro.

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Se infatti la storia degli allestimenti, interni ed esterni, dei negozi di moda risale all’Ottocento e all’intuizione dei titolari dei department store che volevano invogliare i potenziali clienti a entrare in negozio, oggi la disposizione dei prodotti all’interno dei negozi e nelle vetrine è parte del cosiddetto “storytelling” e quindi del racconto che il brand fa di sè al cliente. E fa del visual merchandiser una figura indispensabile: «Ricopre un ruolo sempre più importante all’interno delle aziende fashion – spiega Manuela Vergano, section manager di Hays, società di ricerca e selezione del personale – e, attualmente, il 7% delle posizioni aperte nel settore moda da noi gestite riguarda questa figura professionale, a più livelli e in aziende diverse». Secondo Vergano esiste «una netta divisione tra il mondo del lusso e quello del fast fashion: nel lusso, tali figure hanno come obiettivo principale l’allestimento della vetrina, fondamentale punto di attrazione per le grandi boutique delle principali città». Diverse le esigenze dei brand del fast fashion: «Il visual ha un ruolo centrale anche all’interno dello store – continua la manager – attraverso un’esposizione del prodotto che metta in risalto la gamma offerta senza necessità di assistenza alla vendita. Spesso questo ruolo è ricoperto da figure field che hanno responsabilità su singoli punti vendita».

Le grandi aziende e i department store hanno team dedicati al visual merchandising e al visual display molto complessi, con diversi livelli gerarchici: le figure junior, che nelle stime di Hays hanno una retribuzione annua lorda (Ral) tra i 25mila e i 35mila euro l’anno; i senior, con una Ral tra i 55 e i 65mila euro e, infine, gli executive, con un salario annuale lordo che può toccare i 130mila euro.

Così come la mappa dei ruoli “visual” si fa sempre più complessa, anche il percorso di formazione non è semplice. Si spazia dai corsi brevi, come quello in “Visual merchandising” di Naba, a Milano, a quelli di specializzazione come “Visual merchandising e vetrinistica” dello Ied Torino, fino ai corsi intensivi come quello dell’Accademia Costume & Moda, a Roma, che concentra in 90 ore teoria e pratica del mestiere. Non mancano le chance di una vera e propria formazione universitaria in materia: l’Istituto Marangoni, a Milano, ha nella propria offerta il corso triennale in “Fashion styling e visual merchandising”.

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