l’iniziativa dei Giovani di Confindustria

’Ndrangheta, le imprese reggine chiedono il pugno duro a Minniti

di Roberto Galullo

2' di lettura

Neppure Babbo Natale è riuscito a fermare l’escalation criminale di attentati, intimidazioni, danneggiamenti e minacce nei confronti di imprese e attività commerciali di Reggio Calabria.

Mai come in questi ultimi mesi e ancor di più sotto le festività natalizie, la provincia è stata oggetto di uno stillicidio di violenza contro il mondo dell'economia.

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Così il Gruppo Giovani imprenditori di Reggio Calabria, presieduto da Samuele Furfaro, ha preso il coraggio a due mani, in una terra nella quale alle parole devono comunque sempre seguire i fatti, e ha scritto al ministro dell' Interno Marco Minniti proprio nelle ore in cui quest'ultimo, attraverso un lungo dialogo con l'Espresso, chiedeva ai partiti di rilanciare un patto antimafia in vista delle elezioni politiche di marzo. Anche in questo caso con i fatti e non con le chiacchiere.

I Giovani imprenditori, al sorgere di una campagna elettorale che si preannuncia piena di insidie e di influenze, «piuttosto che dibattere su come lanciare un nuovo prodotto o come aggredire nuovi mercati – si legge nella lettera – siamo costretti a doverci fermare continuamente per denunciare contro ignoti, fare la conta dei danni e capire come agire alla prossima intimidazione. Crediamo che anche a fronte dello straordinario lavoro condotto in questi anni da forze dell'ordine e magistratura, serva un ulteriore e deciso salto di qualità nell'azione di contrasto alla ‘ndrangheta che lo Stato deve mettere in campo».

In altre parole – si esprimono con un inglesismo - i giovani imprenditori reggini chiedono di incontrare il ministro e «un'attività di crackdown nei confronti della malavita e del malaffare», vale a dire un giro di vite, il pugno duro, un'azione radicale che consenta alla società civile di riappropriarsi del proprio territorio, di sottrarlo al controllo dei sistemi criminali integrati.

In attesa di incontrare il ministro, che oltretutto è un concittadino, i giovani imprenditori reggini hanno deciso di recarsi ogni settimana in una scuola per parlare di legalità, etica e meritocrazia. A breve firmeranno il protocollo antindrangheta anche se il Gruppo dei giovani concorda sulla necessità di definire misure a sostegno di enti, imprese e cittadini e un rafforzamento del controllo del territorio, specie delle aree più periferiche.

Per i giovani imprenditori alzare la testa in una terra devastata dalla ‘ndrangheta e da sistemi criminali integrati diventa più semplice alla luce delle primissime mosse del presidente di Confindustria Reggio Calabria, Giuseppe Nucera, eletto il 15 settembre 2017 dopo un lungo periodo di commissariamento.

Poche settimane dopo, il 4 ottobre Nucera ha tenuto un'assemblea degli industriali estesa alla partecipazione di tre imprenditori: Carmelo Basile, amministratore unico della Fattoria della Piana, Antonino De Masi e Angelo Sorrenti, imprenditori della Piana di Gioia Tauro vittime di ‘ndrangheta, che hanno denunciato le cosche e vivono sotto protezione.

Ancora poche settimane ed è arrivato l'annuncio di costituzione di parte civile nei processi per mafia che vedono vittime gli imprenditori.

In una regione in cui il circuito della legalità è stato finora sottomesso e piegato da quello dell’illegalità, anche la decisione di Confindustria Reggio Calabria di fare perno sulla magistratura e sulle forze dell'ordine appare un gesto degno di essere seguito. Dai fatti, di tutte le parti coinvolte.

r.galullo@ilsole24ore.com

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