Il “re del vino” romagnolo in affari con la mafia pugliese
di Roberto Galullo
2' di lettura
Il “re del vino” è nuovamente nei guai per i suoi affari con la mafia foggiana, la cui penetrazione criminale fuori dai confini pugliesi diventa sempre più evidente.
Uno dei maggiori imprenditori vitivinicoli di Ravenna, il faentino Vincenzo Melandri, è stato arrestato nell'ambito di un'indagine della Dda di Bologna (pm Alessandro Mancini e dal Lucrezia Ciriello), che ha individuato e disarticolato un gruppo criminale specializzato nel riciclaggio di ingenti capitali di provenienza illecita e nelle frodi fiscali mediante ricorso a fatture per operazioni inesistenti.
La Direzione investigativa antimafia di Bologna, agli ordini del tenente colonnello Aniello Mautone, ha arrestato anche Gerardo Terlizzi, fratello di Giuseppe, reggente dell'ex-clan Piarrulli-Ferraro e i fratelli Pietro e Giuseppe Errico, pregiudicati e ritenuti vicini al clan che opera in provincia di Foggia.
Melandri era già stato arrestato nel giugno del 2012 con alcuni soggetti legati alla criminalità organizzata foggiana e nel 2016 è stato condannato dalla Corte di appello di Bari a 4 anni di reclusione per reati associativi finalizzati alla truffa aggravata ed ai reati fiscali.
Melandri aveva accumulato e depositato in istituti bancari della Repubblica di San Marino oltre 23 milioni di guadagni illeciti, di cui nove ancora sottoposti a sequestro per il reato di riciclaggio da parte dell'Autorità giudiziaria del Titano, mentre i restanti 14 sono stati rimpatriati in Italia grazie allo scudo fiscale ter.
Proprio seguendo le tracce del capitale rimpatriato, la Dia ha accertato che Melandri, nel 2014, appena terminata la custodia cautelare, ha iniziato a finanziare, con parte dei proventi, la Melandri Trading srl, per riprendere i traffici illeciti.
I soggetti di Cerignola avevano un ruolo preciso secondo la ricostruzione degli investigatori: emettevano, attraverso finte società vitivinicole facenti capo a dei “prestanome”, fatture per la vendita di prodotti alla società Melandri Trading srl, a fronte di merci mai corrisposte. Attività funzionale a ripulire il denaro sporco proveniente da usura, esercizio abusivo di attività finanziarie e frodi fiscali.
In realtà, alla società di Melandri arrivava solo ed esclusivamente denaro contante (corrispondente all'importo delle fatture senza Iva) con corrieri che partivano da Cerignola in auto. Successivamente, l'imprenditore romagnolo procedeva a pagare con bonifico le fatture maggiorate dell'Iva.
Il sistema consentiva quindi ai criminali foggiani di riciclare il denaro sporco e di incassare gli importi corrispondenti all'Iva (mai versata nelle casse erariali), e a Melandri di riciclare ingenti disponibilità finanziarie rimpatriate da San Marino e abbattere i ricavi della sua azienda grazie alla registrazione in contabilità di costi inesistenti.
Sulle operazioni commerciali fittizie, fatturate per oltre 5 milioni, l'azienda ravennate ha beneficiato anche di indebite detrazioni di imposta per circa due milioni.
A Melandri è stato contestato anche il reato di usura, avendo prestato denaro a tassi non legali a un imprenditore ravennate in difficoltà.
Il Gip di Ravenna, Rossella Materia, ha disposto anche il sequestro di un patrimonio stimato in oltre 20 milioni, tra cui tre società, investimenti finanziari e immobili nelle provincie di Ravenna e Foggia.
r.galullo@ilsole24ore.com
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