La Festa nazionale

25 aprile 1945: la Liberazione è per tutti

Un giorno epocale che segnò la nascita dello Stato democratico dopo la dittatura e la guerra civile tra fascisti e antifascisti

di Emilio Gentile

La Resistenza è un museo digitale, in attesa della sede a Milano

4' di lettura

È il secondo anno con secutivo che la festa della Liberazione coincide con uno stato di reclusione collettiva, reso necessario dalla pandemia. Lo hanno deciso il governo e il Parlamento, i rappresentanti della sovranità popolare, conquistata il 25 aprile 1945 dai partiti antifascisti per tutti gli italiani. Gli stessi partiti, unanimi, proclamarono il 25 aprile festa nazionale, «a celebrazione della totale liberazione del territorio italiano», come si legge nel decreto firmato da Umberto II il 22 aprile 1946. E insieme parteciparono nel 1947 alla festa della Liberazione. Poi, nei sette decenni successivi, il 25 aprile è stato giornata di aspra contesa fra i partiti antifascisti, che reciprocamente si accusavano di aver tradito gli ideali della Resistenza.

Una svolta epocale nella storia italiana

Situato a metà del Novecento, il 25 aprile 1945 ha segnato una svolta epocale nella storia italiana. Fu l’epilogo di una tragedia nazionale, che iniziò con la Grande Guerra, proseguì con la convulsione rivoluzionaria del “biennio rosso”, poi con la guerra civile del fascismo squadrista contro tutti i partiti avversari, soppressi per un ventennio dal regime totalitario, e infine esplose dopo l’8 settembre 1943, in una nuova e più spietata guerra civile fra fascisti e antifascisti, in un Paese devastato dai furiosi combattimenti fra eserciti stranieri.

Loading...

«L’antifascismo italiano - ricordava nel 1959 Leo Valiani, uno dei capi della Resistenza e storico di valore - ha combattuto la dittatura totalitaria, dal giorno stesso delle leggi eccezionali, con lo stesso impegno, con lo stesso spirito di sacrificio e, nella misura del possibile, con gli stessi metodi che la Resistenza impiegò più tardi, al momento dell’occupazione tedesca». Fortemente antagonisti durante un ventennio, pur lottando contro un nemico comune, il 9 settembre 1943 i partiti antifascisti si allearono nel Comitato di liberazione nazionale e parteciparono alla guerra delle Nazioni Unite contro la Germania nazista e la repubblica fascista, e nell’aprile del 1945, con le insurrezioni a Genova, Milano e Torino prima dell’arrivo degli alleati, conquistarono definitivamente, per il popolo italiano, la libertà di decidere il proprio destino.

La lotta per la libertà, patrimonio comune della Resistenza

Nonostante le polemiche sollevate dalla festa della Liberazione sin dal 1948, si può attribuire al 25 aprile, come simbolo della nuova sovranità popolare, il giudizio espresso nel 1950 da Federico Chabod, militante partigiano e grande storico: «Quel che resta come patrimonio comune della Resistenza, è la lotta popolare per la libertà. È un fatto storico che resterà nella storia d’Italia». Il popolo che lottò per la libertà era una minoranza di volontari, uomini e donne, civili e militari, vecchi e giovani, appartenenti a differenti ceti sociali, a partiti diversi o a nessun partito, disposti a sacrificare la vita per la libertà e la dignità dell’Italia. Questa minoranza diede a tutti gli italiani, anche ai propri nemici nella guerra civile, e alle donne che mai lo avevano avuto, il diritto di scegliere col metodo democratico i propri governanti. Il 2 giugno 1946 i partiti della Resistenza ebbero il consenso di 17.550.567 elettori, quasi all’80 per cento di coloro che votarono, e insieme elaborarono il testo della Costituzione della repubblica democratica, entrata in vigore il 1° gennaio 1948.

Una democrazia solida

Da oltre un quarto di secolo, i partiti del 25 aprile sono scomparsi. Nuovi partiti sono sorti, senza radici nella Resistenza, indifferenti o polemici verso la festa della Liberazione, legittimati a governare dal consenso degli elettori o del Parlamento. La democrazia nata dalla Liberazione ha vissuto molte traversie in 76 anni, alcuni dei quali tormentati da atti terroristici di una nuova guerra civile: e tuttavia, ha già superato di oltre mezzo secolo la durata del regime totalitario, confermando la solidità delle sue radici. E potrà mantenersi ancora vitale, con la costante realizzazione dei principi e degli ideali della Costituzione.

Da decenni la ricerca storica in Italia ha liberato la storia della lunga guerra civile fra fascismo e antifascismo da mitologie apologetiche o denigratorie, acquistando autorevolezza e influenza internazionali. Ha fatto luce sulla natura totalitaria del fascismo, denunciata dagli antifascisti fin dal 1923; ha messo a nudo gli antagonismi fra gli antifascisti prima, durante e dopo la Resistenza; ha infranto il silenzio sugli eccidi commessi da partigiani, o sedicenti tali, non solo contro veri o presunti fascisti, ma contro gli stessi antifascisti.

Alcuni libri per conoscere e riflettere

Da questa storiografia è emerso però più evidente il significato epocale del 25 aprile 1945. Per comprenderlo, basterà leggere libri come Resistenza e postfascismo di Gian Enrico Rusconi (il Mulino 1995), La Resistenza in Italia. Storia e critica di Santo Peli (Einaudi 2004), L’ombra della guerra. Il 1945, l’Italia di Guido Crainz (Donzelli 2007), L’estate che imparammo a sparare. Storia partigiana della Costituzione di Giuseppe Filippetta (Feltrinelli 2018). Oppure sarà sufficiente riflettere su una considerazione: se non ci fosse stato il 25 aprile 1945, non avremmo avuto una repubblica democratica. E non avremmo oggi una storiografia senza miti del fascismo e dell’antifascismo, ma capace di comprendere razionalmente che i miti fanno parte della storia.

Leggi anche / Resistenza, storie di donne che hanno fatto la Storia: Virgilia, Lidia e le altre

Riproduzione riservata ©

loading...

Loading...

Brand connect

Loading...

Newsletter

Notizie e approfondimenti sugli avvenimenti politici, economici e finanziari.

Iscriviti