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A caccia del buio per vedere le stelle

Irene Borgna, guida esperta di antropologia alpina, viaggia fino al Mare del Nord per fuggire dalle luci artificiali che inquinano la notte

di Maria Luisa Colledani

Nei Paesi Bassi.  I bui laghi salmastri del Dark Sky Park

3' di lettura

Abbiamo spento le stelle, sfregiato il cielo, e ora che non vediamo più diamanti danzare nell’aria, siamo diventati cacciatori del buio. Perché quelle luci che ci guardano sono sentinelle e carezze. Sono l’ossigeno dei sogni perché, secondo l’astronomo Usa Bob Berman, abbiamo bisogno di abbracciare nello stesso tempo 450 stelle per sgranare gli occhi: con meno astri il gioco non funziona e il cielo si ammutolisce. Per ritrovare la luce basta cercare il buio: è quello che ha fatto Irene Borgna, guida naturalistica con un dottorato di ricerca in antropologia alpina, con il marito Emanuele e il cane Kira. Sono saliti in camper per un Grand Tour inseguendo la notte, dalle Alpi Marittime al Mare del Nord: «Partiremo. Stabiliremo una rotta approssimativa che ci guidi come intrepidi moscerini per riuscire a svicolare fra le maglie sempre più strette della ragnatela di luce che avvolge il Vecchio continenti». Cieli neri. Come l’inquinamento luminoso ci sta rubando la notte è il loro diario di viaggio, appesi al ciglio della notte, con vista sull’unico fuoco che ci guida, la meraviglia.

Stregati dalle stelle

Dalla tomba della regina Nefertari (1295-1255 a.C.), alla luce del Mausoleo di Galla Placidia fino alla Notte stellata di Van Gogh, il cielo è stato democratico, bello quand’è bello, per i ricchi come per i poveri. Poi, a fine ’800 arriva la nightlife e tutto finisce: le città sono immerse in un perenne plenilunio umano,causato dall’inquinamento luminoso. Le luci sono sicurezza, costano 7 miliardi di euro all’anno in Europa ma tanti lampioni non garantiscono poi sicurezza, mentre - scrive Borgna - «l’Italia sembra in fiamme, la Pianura Padana è una pozzanghera abbagliante, si salvano solo le Alpi. L’Europa di notte non dorme, o, se lo fa, tiene la luce accesa come i bambini».

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I Dark Sky Park

Già nel 1992 l’Unesco ha dichiarato che la vista del firmamento va tutelata e nel 2007 è stata firmata la Dichiarazione in difesa del cielo notturno e del diritto alle stelle, ma il cuore di tenebra è un lusso. Bisogna mettersi in macchina per poterla raggiungere e mettere nello zaino una “Buiografia”, come scrive Irene Borgna. Il viaggio inizia a Sommières, in Occitania: un villaggio tranquillo che già mostra le crepe dell’inquinamento luminoso. Meglio rimettersi in camper, destinazione Canton Ticino e «la Val Bavone è un posto speciale: sembra un precipizio di asteroidi». C’è poi chi, fra Stiria e Carinzia, in Austria, ha scelto di chiudere a chiave come in un museo la bellezza della notte nel Parco naturale Zirbitzkogel-Grebenzen. Più a Nord, in Baviera, si arriva a Winklmoos-Alm, che nel 2018 è stato certificato come International Dark Sky Park dall’International Dark Sky Association (Ida). È il primo Parco delle stelle sull’arco alpino: se in città un cielo coperto moltiplica per dieci la luminosità, a oltre 30 km di distanza la aumenta di quasi tre volte. Così, le nubi sbattono in faccia gli sprechi di Salisburgo, fin quassù inquinando il cielo di Winklmoos-Alm.

Il bello del buio

Le tenebre sono buon vivere: una notte integra è importante per la salute, per la vita quotidiana di metà del mondo animale, per le piante. In Italia spendiamo più di 1 miliardo di euro all’anno per l’illuminazione pubblica, usiamo impianti troppo potenti, che sono colabrodo di luce. Eppure basterebbe applicare le norme: quella della Lombardia (2000), è considerata la migliore legge al mondo per contrastare l’inquinamento luminoso, tanto da essere stata copiata da Francia, Cile, Slovenia, Repubblica Ceca. Le leggi vanno fatte rispettare, insieme con la nascita di parchi come quello di Westhavelland, nel Brandeburgo. Irene ed Emanuele a Parey, dove è stato sperimentato un abbassamento del 70% dell’illuminazione, capiscono cosa significa un cielo buio difeso da tutta una comunità. Così come al confine tra Frisia e Groninga, nei Paesi Bassi: la notte nera è custodita da due Dark Sky Park in cui le dighe costruite per proteggere la terra dal mare hanno creato bui laghi salmastri per i nomadi del cielo. Questo è il finis terrae del viaggio.

Il camper punta ora verso Sud e sull’Altopiano della Gardetta, dove le valli Stura, Grana e Maira si incontrano, Irene ed Emanuele hanno «di nuovo l’identica sensazione di essere strappati da terra, potente e terribile. È come un rapimento alieno: si sente sollevare da terra e anche precipitare in una profondità senza fine. Irresistibile e insopportabile». Tanto è intima, viscerale. Tanto è così disperatamente umana perché, con la poesia di Mario Rigoni Stern «dove il cielo era vastissimo e le stelle parevano triplicare di numero, le costellazioni sembrava giocassero nel cielo come fanno i rondoni». Sono gli animali a sbatterci in faccia la verità: Dark matters.

Cieli neri

Irene Borgna

Ponte alle Grazie, pagg. 198, € 15

Riproduzione riservata ©

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