A ciascuno la sua borsa: scegli il modello che esprime meglio il tuo carattere
La tendenza accessori punta sulle tinte pastello, declinate in una grande varietà di forme. Ecco come creare la coppia perfetta con la propria personalità.
di Letizia Muratori
4' di lettura
Il mio gusto si è formato nei minimali e severi anni Novanta. Dunque, per molto tempo, mi sono vestita di nero, spezzandolo con il color cammello o con i toni neutri: i non colori. Tutta la mia devozione andava a Jil Sander e Prada. Adoravo Carolyn Bessette. Nel mio armadio - anche nella mia testa - non era mai primavera, non fioriva mai il colore, tanto meno il pastello, che reputavo adatto alla pasticceria, agli interni settecenteschi e alle camerette dei bambini. La mia era tutta rosa pallido e verde acqua. Quando, nei primi anni del Duemila, uscì al cinema quella meraviglia sovversiva di Big Fish, cambiai idea: se perfino Tim Burton si era dato al colore chiaro, o meglio, aveva mostrato il lato oscuro dei toni morbidi e rassicuranti, c'era da ripensare tutto, non solo l'abbigliamento. Cauta, iniziai proprio dalle borse, mi applicai quelle protesi colorate. Il mio gusto maturò riprendendo in considerazione certe sfumature infantili. Imparai che non esiste eleganza senza un po' di tenerezza, mentre non vale il contrario: la tenerezza è autosufficiente, può fare a meno del resto.
Già che siamo in vena di tornare bambine, facciamo un gioco: abbiniamo le borse che vediamo in pagina alla loro signora ideale. La Hobo Shirt di Tod's se la aggiudica Kim Novak, una bionda dai blu accesi, su fondo nero.
La Jackie di Gucci non lascia margine di scelta, va alla Bouvier, a Jackie in versione first lady, lady Onassis, e via dicendo.
La Baguette di Fendi la consegnerei a quella divinità immortale che è Barbie. Chi non la considera una signora come le altre, in carne e ossa, volti pagina.
Mentre la Cleo di Prada non starebbe male addosso alla cerbiatta Natalie Wood: grande attrice, oggi un po' dimenticata.
La Maxi Tote di Bottega Veneta se la potrebbero contendere, a pari merito, Raquel Welch e Cate Blanchett: a volte gli opposti si intendono.
La candidata giusta per la Doctor Bag di Ferragamo, invece, potrebbe essere Shirley MacLaine, perché le somiglia: strutturata, al tempo stesso, vivace, spiritosa, un monumento alla leggerezza.
Infine il secchiello Armani, morbido e geometrico insieme, va alla Cardinale.
Il gioco è fatto ma, come tutti i giochi, potrebbe anche ricominciare perché le accoppiate sono praticamente infinite, come le possibilità che hanno queste borse di essere portate. Si dice che i toni pastello facciano molto bene all'umore, sono distensivi, riposano lo sguardo senza addormentarlo. Bisognerebbe ricorrervi nei giorni tristi, quando si è nervosi o a pezzi. A nessuno, che non sia Paris Hilton, o l'immortale Barbie, viene in testa di sfoggiarli quando fuori piove, quando triste è il meteo, quasi come se non potessero fare a meno della luce, clemente, del sole. La loro natura fiorita, li rende appunto primaverili, li imparenta ai toni poco saturi dei risvegli. Iris, margherite, rose antiche, mimose, ranuncoli, peonie: la pelle di queste borse appartiene al regno vegetale. Ma le forme sono lineari, in alcuni casi spigolose, in altri più morbide, perché le borse, specie quelle belle, sono come volti. Hanno una faccia e un carattere.
La Hobo è impenetrabile, enigmatica. La Jackie è delicata, ma sa bene quello che vuole. La Baguette ti rivolge il suo inconfondibile broncio, mentre la Cleo un sorriso distratto. La Doctor Bag sembra darti le spalle: se ha una faccia, la nasconde. La Maxi Tote è un filo dispettosa, fa la linguaccia. Il secchiello è sempre pronto, un tipo puntuale, ha lo stile di chi non si dà arie. Tornando alle camerette dei bambini, ma non solo, alle camere da letto in generale, la cassettiera asimmetrica di Maarten De Ceulaer per Edizione Nilufar, fatta di valigie impilate, è un'invenzione di cui non si capisce come finora si è potuto fare a meno. Mai più senza quest'allucinazione che ci porta nella hall di un grande albergo, quando siamo in camera nostra. I colori pastello uniformano le distinzioni tra la valigia e il cassetto, fermo restando che la valigia è un cassetto trasportabile, mobile. Dunque l'allucinazione vale anche al rovescio: in viaggio, nelle hall, ci portiamo sempre dietro pezzi della nostra intimità.
Si sa che l'intimità ha un peso e un prezzo, non la si può trascinare come se niente fosse sulle ruote. Se il cinema ci dà sempre una mano a capire la realtà, reinventandosela, in questo caso il nome da spendere è quello di Wes Anderson: il re delle vecchie valigie, da portare nella contemporaneità perché piene di tesori bizzarri, foderate di adesivi, di etichette evocative. Le sue sono valigie di memorie, nostalgiche, sì, ma di cose mai vissute, solo immaginate e desiderate. Tutto il potere della moda si basa sull'evocazione, e Wes Anderson, come anche Sofia Coppola, sono registi alla moda, in senso buono, che dalla moda hanno attinto a piene mani. Il loro è un cinema fatto di accessori, che dà importanza agli oggetti. Infine le borse stesse sono oggetti, anche da collezione.
Personalmente non amo le collezioni di scarpe: per quanto siano belle da vedere, scultoree, mi sembrano sempre vuote, vuote di piedi, un triste plotone. Stesso discorso per i cappelli che, però, hanno già rinunciato da un bel po' a uscire tutti i giorni. Mentre le borse se ne fregano delle nostre mani, delle nostre spalle, se ne stanno lì, e non smaniano di essere riempite di altri oggetti, di servire. Le borse, a differenza di tutti gli altri accessori, sanno aspettare. Anche quando non sono esposte, o riposte, ma semplicemente buttate su un divano, hanno quell'aria distesa, indifferente. Si lasciano prendere e lasciare: questo fanno le borse, è parte del loro mestiere. Chi le ama sa di non essere corrisposto, ma non lo si può definire un amore infelice.
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