A Codogno, nel coprifuoco lampo dove diventa impossibile fare tutto
Impossibile acquistare mascherine, finite già da tempo, come recitano i cartelli affissi davanti ad una farmacia; impossibile anche pregare: le messe in chiesa sono state sospese, fino a data da destinarsi
di Raffaella Calandra
3' di lettura
Ad un certo punto, Codogno diventa un paese fantasma. E il rumore delle saracinesche che si abbassano accompagna i passi. È a metà pomeriggio che il centro del lodigiano, punto d partenza del contagio, si riscopre in coprifuoco. Gli abitanti sono per lo più già chiusi in casa, raccogliendo l'invito delle autorità; i negozi hanno le luci spente; bar e ristoranti sono sbarrati.
Qua e là, sulle vetrine è affissa l'ordinanza del sindaco, che «ordina la chiusura al pubblico degli esercizi di somministrazione di alimenti e bevande», leggiamo. Restrizioni analoghe sono emesse anche per ogni luogo di ritrovo. L'obiettivo è evitare ogni assembramento di persone. Così nessuna manifestazione sportiva può tenersi – e 43 match di calcio vengono subito cancellati nel lodigiano - ; nessuna iniziativa per il Carnevale; le scuole rimandano a casa gli studenti prima del tempo e resteranno chiuse. I pochi passanti tirano dritto, a passo svelto; i saluti sono solo a distanza; in molti, in assenza di mascherine, alzano il bavero del cappotto o la sciarpa a coprire naso e bocca.
Nel giro di poche ore, a Codogno diventa impossibile fare quasi tutto: impossibile cercare un bicchiere d'acqua o qualcosa di caldo da mangiare (eccetto i negozi di alimentari, rimasti aperti in quanto considerati beni di prima necessità). Impossibile acquistare mascherine, finite già da tempo, come recitano i cartelli affissi davanti ad una farmacia; impossibile anche pregare: le messe in chiesa sono state sospese, fino a data da destinarsi.
Alle 18, i rintocchi del campanile rimbombano nel vuoto della piazza del Mercato. E solo il silenzio accompagna i passi sull'acciottolato, insieme alla fontana che zampilla. Solitaria.
Eppure, al mattino, proprio qui i banchi dei fruttivendoli avevano sistemato, come sempre, la merce: la gente era arrivata, ma le vendite erano già state “molte meno del solito”, raccontano gli ambulanti. Certe notizie, infatti, “non hanno bisogno di alcun giornale”, come cantava Fabrizio De Andrè. E fin dalle prime ore, poco dopo quindi la diffusione della notizia del primo contagiato, nelle stradine di Codogno, non si parlava che dell'uomo di 38 anni, positivo al coronavirus e ricoverato al pronto soccorso locale. Poco dopo, la struttura verrà interdetta al pubblico.
Ben presto, su questo centro di 15mila anime si accendono le dirette tv e in giro si incontrano soprattutto gruppi di cronisti: così tutta quest'area del lodigiano, zona di coltivazioni agricole, capannoni produttivi e fatiche quotidiane, diventa, suo malgrado, la piccola “Wuhan d'Italia”: 10 comuni, per 50mila anime, di fatto vengono messi in isolamento. Un cartello, nella piazza della vicina Casalpusterlengo, ricorda l'invito per tutti gli abitanti a restare nelle proprie abitazioni. E questo vale anche per Codogno, appunto, come per Castiglione d'Adda, Fombio, Maleo, Somaglia, Bertonico, Terranova dei Passerini, Castelgerundo e Sanfiorano.
Affollati, per ore, diventano invece centri commerciali e supermercati: in tanti fanno qualche scorta in più, in prospettiva di una sorta di quarantena che nessuno sa come possa evolvere e quanto durare.
Poi, mano mano che rientra chi era uscito per lavoro, Codogno si chiude in casa. E dall'interno, aspetta indicazioni e notizie, che possano arrivare dall'altra parte di questa barriera inesistente, ma comunque percepibile. A sera, Codogno e tutta l'area si rende conto di essere sempre più vuota, ma anche isolata. Sono state infatti soppresse le fermate dei treni locali qui, come a Maleo e Casalpusterlengo.
Fino a quando durerà tutto questo? “Non possiamo saperlo”, ammette il sindaco di Codogno, Francesco Passerini, presidente anche della Provincia, a conclusione della più lunga e difficile delle giornate. A lui sta arrivando già anche qualche lamentela e preoccupazione, per i danni economici della serrata. Ma ora è troppo presto, per tutto questo. Ora, c'è da pensare alla “tutela dei cittadini e alla salute, che resta sempre la prima cosa – spiega a Radio24. Ci siamo presi la responsabilità di questo protocollo, con misure forti, ma altrove ha funzionato”. Ed è quello che Codogno e tutta la piccola Wuhan d'Italia ora spera.
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