A Londra scatta la Brexit anche nell’arte: i dazi al 10% portano al sovranismo
Vivace la settimana della fiera. Carlo Orsi espone un’installazione di Vezzoli nelle vesti di artista e curatore di se stesso. La difficile ripartenza per le gallerie italiane
di Simone Filippetti
4' di lettura
Come tutte le gallerie raffinate e veramente esclusive, la Trinity Fine Art non affaccia sulla strada. Un certo tipo di arte ama la riservatezza. L'ingresso della galleria è un'anonima porta di Old Bond Street, quasi impercettibile tra le boutique di Prada e Boucheron. Il pavimento in marmo a quadrati banchi e neri porta a una home gallery al primo piano. Un appartamento in classico stile vittoriano, con pareti in blu cobalto e pavimento in legno: la stanza è occupata da una grande installazione dell'artista Francesco Vezzoli. Lo spazio appartiene a Carlo Orsi: è il gallerista italiano più famoso e stimato di Londra: due anni fa a Frieze fece scalpore.
Portò in vendita un dipinto del genio rinascimentale Sandro Botticcelli. Il suo fu il pezzo più sensazionale della rassegna di Frieze Masters, la sezione di arte antica e moderna dentro la tre giorni di arte contemporanea ospitata nella cornice di Regent's Park: quel dipinto, pezzo unico presentato dalla Trinity, andava sul mercato a 30 milioni di dollari.
Gallerie post-Covid
Quest'anno Frieze ha riaperto dopo un lungo iato per colpa del Covid. Ma Orsi ha deciso di non esibire in fiera, ma di ospitare un'opera nel suo atelier: è il segno dei tempi. Il Covid ha cambiato tutte le regole del business, anche e, soprattutto, nell'industria dell'arte e degli investimenti alternativi. L'opera di Vezzoli è “Oedipus Complex”, il Complesso di Edipo. Altro segno dei tempi: la sua proposta è in co-abitazione con la galleria Franco Noero che è la casa dell'artista e che ha prestato l'opera: “È una mossa che si inserisce sulla scia di Italics - spiega Orsi -, il consorzio di gallerie che è nato nel 2020 per promuovere il bello” e per superare la crisi. Dopo un anno e mezzo di totale fermo e in attesa che il mercato riparta, l'unione fa la forza. Nel caso di “Oedipus Complex”, c'è un terzo elemento di rottura, almeno per la galleria: Orsi non espone, come sua consuetudine, un pezzo antico, ma un'installazione di arte contemporanea. È una mossa, però coerente con la storia di Trinity, fondata nel 1984 ma rilevata da Orsi cinque anni fa nel segno della tradizione: la riscoperta dell'antico. Orsi si è imposto sulla scena di Londra come grande scopritore di tesori nascosti: tra i pezzi più pregiati lo scrigno rinascimentale intarsiato dell'Abbazia di NewBattle o il dipinto inedito “Susanna e i Vecchioni” del fiammingo Frans Floris.
Le ossessioni di un artista
L'opera di Vezzoli, famoso anche per aver collaborato con Lady Gaga, Catherine Deneuve e Kate Blanchett, consiste di tre sculture: due sono busti barocchi del 1686. Raffigurano il cardinale Domenico Maria Corsi e suo padre, il Marchese Giovanni. Furono commissionati allo scultore Alessandro Rondoni, un contemporaneo di Lorenzo Bernini, ingiustamente dimenticato. La terza scultura posta in mezzo alle due è una testa mozza di epoca romana del Dio Giano che Vezzoli, nel suo stile, ha completato. “Oedipus Complex” è anche un'autocitazione dell'artista italiano che ha molto dello spirito iconoclasta di Maurizio Cattelan: il riferimento al cardinale ricorda l'autoritratto di Vezzoli nelle vesti di Papa Innocenzo X, sberleffo del famoso ritratto del pittore spagnolo Diego Velazquez, dipinto che peraltro ha ispirato anche una revisione eretica del pittore inglese Francis Bacon. Su un pezzo antico, con una storia già forte (i Corsi sono una nobile famiglia di Prato), Vezzoli, innesta la sua poetica che intreccia il Barocco, la scultura classica, la mitologia greca, i legami familiari e la psicanalisi. L'opera viene proposta come un'unica installazione triangolare, i busti appoggiati su due supporti di velluto viola ha un prezzo indicativo di 200-300mila euro. Un'opera complessa e stratificata, dove Vezzoli è allo stesso tempo artista e curatore, adatta alla clientela sofisticata di Frieze.
Londra spaccata in due
Il mercato dell'arte dopo il covid è spaccato in due: a Londra c'è gran voglia di tornare a spendere.“Dopo un così lungo blocco, clienti e investitori vogliono tornare ad acquistare arte, anche perché la gente ha accumulato risparmi” osserva Orsi. Quest'anno a Frieze Masters, diretta da Nathan Clements-Gillespie, c’è stato anche uno spazio dedicato a Dante, nel settimo centenario della morte che ha visto celebrazioni in tutto il mondo. Forte la presenza degli espositori italiani: Mazzoleni assieme ad Alessandra Di Castro , Cardi e Gio Marconi .
È un ritorno in pompa magna: 18 gallerie tra Frieze Art e Masters espongono opere anche nei saloni dell'Ambasciata d'Italia a Londra. Si respira aria di ripartenza. Ma nel mezzo c'è stata la pandemia che ha lasciato il segno, anche a Londra: tante gallerie hanno chiuso. Lungo Albemarle Street, la via delle gallerie, le vetrine di Tornabuoni sono vuote: la casa italiana ha deciso di chiudere. La medesima Mazzoleni si trasferirà da Albemarle in Old Bond Street negli ex spazi della galleria ML (Matteo Lampertico) che ha chiuso definitivamente. “Il mercato è ancora molto difficile - osserva Luca Gracis di Chelsea Fine Art, società di consulenza - gli operatori devono cercare di resistere in attesa di un vero rimbalzo”.
Luci e ombre, dunque. Su Londra, poi, grava il fardello della Brexit. Sugli europei e, soprattutto, sugli italiani, è caduta una tegola doganale e burocratica. Mentre Frieze era ferma, il Regno Unito è uscito dall'Unione Europea. Ora vendere e comprare un'opera è diventato difficile e più costoso: sull'arte si applicano dazi che variano dal 5% al 10%. Per l'Italia è scattata l’aliquota più ampia: su un acquisto da 1 milione di dollari, per esempio, viene ad aggiungersi un extra-costo di 100mila £ di sdoganamento. Un balzello tale da scoraggiare molti acquisti. Londra diventerà un mercato più “domestico” e con meno compratori europei. Per la metropoli, non è un dramma: i milionari sono un pubblico che a Londra abbonda. È la città con il più alto numero di Paperoni al mondo. Il segnale che da Regent's Park arriva al mercato internazionale dell’arte è: la Brexit impone il sovranismo anche sul bello!
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