A Marrakech la fiera contemporanea attira i musei
di Sara Dolfi Agostini
3' di lettura
La settimana dell'arte di Marrakech, in scena dal 19 al 25 febbraio in concorrenza con Arco Madrid, si prospettava sottotono alla luce della cancellazione della settima edizione della Biennale per mancanza di sponsor. Ma la scena artistica di Marrakech è cresciuta grazie alle sei edizioni della biennale e oggi, emancipata dal singolo evento, brulica di iniziative di artisti locali ed expat, come Eric Van Hove, brillante artista belga arrivato in città nel 2012 con l'ambizione di coniugare il futuro della mobilità e la tradizione dell'artigianato, e nuovi musei, primo fra tutti il Musée Yves Saint Laurent inaugurato lo scorso ottobre. Ma il merito è anche degli investimenti in infrastrutture: il terzo terminal dell'aeroporto di Marrakech – Menara è stato aperto poco più di un anno fa, e il successo è tale che già fatica a gestire gli afflussi in alta stagione.
I musei privati. Il 2016 è stato un anno importante anche per l'arte in generale: anzitutto, c'è stata l'inaugurazione del museo privato Macaal Musée d'Art Contemporain Africain Al Maaden , supportato dalla Fondation Alliances e dotato di 2.000 opere dalla collezione di Alami e Othman Lazraq, rispettivamente presidente e direttore della fondazione. Il museo è l'ultimo tassello di un progetto dedicato al contemporaneo iniziato nel 2013 con l'apertura del Parc de Sculptures d'Al Maaden e il concorso biennale LCC program dedicato ai talenti della fotografia. Passato il rodaggio, le due istituzioni sono adesso pronte per accogliere pubblico locale e in visita a Marrakech, con progetti didattici e supporto logistico per raggiungere il sito. Le mostre in corso, inclusa “Africa is No Island” appena inaugurata, offrono un forte interesse per questioni sociali e ambientali, con le fotografie d'archivio riscattate da Sammy Baloji, le opere di pelle e rame degli anni '70 di Farid Belkahia, le maschere con materiali europei riciclati di Calixte Dakpogan, e la tavola imbandita con plastica a volontà del collettivo Zbel Manifesto.
La fiera. A dare una spinta sul fronte commerciale, invece, è arrivata 1:54 Contemporary African Fair , una fiera “boutique” che ha già all'attivo cinque edizioni a Londra e tre a New York. “Volevo riportare l'arte africana a casa, e Marrakech è una piattaforma importante sul fronte culturale, economico e delle relazioni con il resto del continente” spiega la direttrice Touria El Glaoui, di origini marocchine, che ha selezionato 17 gallerie africane e non - da New York alla Costa d'Avorio passando per Milano – e progettato una serie di talk con il curatore Omar Berrada, il tutto nella cornice del più celebre tra i riad di Marrakech, La Mamounia, main sponsor della fiera. Una scelta che ha fatto storcere il naso a qualcuno perché elitaria, ma che il mondo dell'arte ha abbracciato con entusiasmo: la fiera ha segnato vendite e oltre 4.000 presenze, tra cui il direttore del MoMA Glenn Lowry, e curatori di Tate Modern, MoMA, The Smithsonian, Zeitz MOCAA e Centre Pompidou.
Ogni stand presentava il lavoro di uno o più artisti: ad esempio, Officine dell'Immagine ha esposto opere della tunisina Karah Khelil e di due artisti marocchini, Safaa Erruas e Mounir Fatmi (visto alla Biennale di Venezia 2017), prezzi da 1.600 a 13mila euro e temi sociali, come identità, rimozione e trasmissione della conoscenza.
La galleria Loft di Casablanca, invece, aveva le fotografie di sculture effimere ma reali di Hicham Benohoud, i ritratti fronte-retro e i ricami di Joana Choumali e le mitologie su tela di Mohamed Lekleti a 4-18mila euro.
In città. 1:54 ha saputo fare sistema con la scena locale: la sera del 22 febbraio si è tenuto un evento con le gallerie aperte fino a tarda notte e grande partecipazione di pubblico, soprattutto da Comptoir des Mines, galleria fondata l'anno scorso dalla casa d'asta CMOOA nel quartiere moderno e trendy Guéliz e dotata di un vivace spazio di residenze in un edificio art-decò di quattro piani. E tra gli eventi paralleli c'era una mostra con opere di arte contemporanea site-specific al sito archeologico di Aghmat, città berbera occupata dai Mussulmani nel 683 e recentemente riscoperta. L'evento era organizzato da Voice Gallery, fondata dal napoletano Rocco Orlacchio sei anni fa a Marrakech e assolutamente protagonista in questa settimana dell'arte, con uno stand in fiera dedicato a opere in ceramica e materiali tradizionali marocchini di Eric Van Hove e Sara Ouhaddou da 5-15mila euro, la mostra in galleria di M'Barek Bouhchichi, e naturalmente il progetto ad Aghmat, tra cui spiccavano le opere degli italiani Olì Bonzanigo e Michele Ciacciofera, la cui ricerca si intreccia con i segni e i simboli della cultura marocchina.
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