A Melfi produzione a rischio, volumi dimezzati per l’impianto Stellantis
Le auto che usciranno dal sito arriveranno a 160mila, la metà del 2016-2018. Ma l’obiettivo irrinunciabile per l’Italia è arrivare a un milione di vetture prodotte
di Filomena Greco
I punti chiave
3' di lettura
Per tastare il polso dell’indotto auto made in Italy bisogna arrivare a Melfi, intorno a uno degli stabilimenti industriali più importanti di Stellantis in Italia. Da mesi gli industriali della regione parlano dei rischi per le imprese del distretto automotive legate ai programmi Stellantis. I volumi sulla nuova piattaforma da quattro modelli che il Gruppo installerà nel polo lucano dovrebbero aggirarsi sulle 80mila unità, a queste potrebbe aggiungersi la produzione di un quinto modello, per arrivare a 150mila-160mila autovetture, la metà rispetto alle 300mila unità prodotte tra 2016 e 2018.
Il settore auto
«Il settore auto vale nel suo complesso tra i 400 e i 500 miliardi, circa il 20% del Pil, si tratta dunque di un settore strategico per il Paese, di interesse nazionale» sottolinea Francesco Somma, presidente di Confindustria Basilicata. «Questo interesse nazionale va considerato una priorità assoluta – è il ragionamento di Somma – perché l’Italia non può permettersi di perdere l’industria dell’auto. Certamente siamo in ritardo ma, a questo punto, è vietato perdere ancora tempo. C’è il rischio di conseguenza drammatiche per l’occupazione nell’industria dell’auto, nella componentistica e nell’indotto. Occorre un approccio da stakeholder, come portatori d’interesse nazionale strategico». Il mondo industriale della Basilicata, e in generale quello dell’industria automobilistica, resta compatto nel porre a livello nazionale il tema del futuro dell’auto. «Anche il Governo nazionale deve muoversi per l’auto come fa per altri settori strategici, dall’aerospazio alla nautica, chiamando al tavolo Stellantis – argomenta Somma – e negoziando per garantire un impegno preciso sui volumi. E, se questo non dovesse rivelarsi possibile, occorre lavorare per favorire soluzioni prima che sia troppo tardi. L’obiettivo, irrinunciabile, è arrivare alla soglia critica di un milione di auto prodotte in Italia».
L’evoluzione del distretto della Basilicata
Cinque anni fa il distretto automotive della Basilicata contava 13mila addetti tra dipendenti diretti di Fca – oggi Stellantis – e indotto, oggi si è ridotto a 10 mila. L’anno scorso a Melfi sono state prodotte 163mila autovetture, volumi in forte calo a partire dal 2019. Stando al piano industriale di Stellantis, a Melfi, dove ora sono prodotto le Jeep Renegade e Compass e la Fiat 500 X, sarà installata la nuova piattaforma STLA Medium per la produzione di 4 modelli full electric. Nel cassetto potrebbe esserci un quinto modello ma nel complesso i volumi dovrebbero assestarsi tra le 100mila e le 160mila unità. Una soglia che mette a rischio la sopravvivenza dell’intero indotto. «Quando si parla di competitività dell’Italia – aggiunge Somma – si deve pensare alla mancanza di politiche industriali e non ai ritardi tecnologici delle imprese». In Francia, come in Spagna, le produzioni arrivano, aggiunge, «non certo perché il costo del lavoro è basso, serve lavorare ad un piano condiviso con il produttore per correggere il tiro su fattori critici come l’energia e mettere in campo azioni specifiche per consolidare i volumi». La Basilicata ha ottenuto il riconoscimento di area di crisi complessa in tempi rapidi, «ma si tratta di uno strumento difensivo» aggiunge Somma, «necessario ma non sufficiente ad attrarre produzioni e investimenti tali da garantire la piena tenuta economica e sociale dell’area di Melfi e, del Pil regionale».
La preoccupazione delle aziende dell’indotto
Tra le aziende dell’indotto c’è la Patrone e Mongiello. «Lavoriamo per tutti gli stabilimenti del Gruppo Stellantis e abbiamo anche un polo in Polonia – racconta Paolo Patrone responsabile dell’azienda attiva nel settore dei componenti in lamiera, scocche e sospensioni – e la nostra preoccupazione è relativa alla tenuta soprattutto della fabbrica di Potenza dove abbiamo circa 150 persone. L’assemblaggio delle auto elettriche richiede meno lavoro e componenti, i rischi dunque sono evidenti». Se i volumi di Melfi non cresceranno, spiega, «rischiamo di passare da un fatturato importante a una quota residuale». Vincenzo Di Miscio è l'amministratore delegato della Plasticform, azienda attiva nel settore dei componenti in plastica che ha già dovuto ridimensionare il numero di addetti. «Le preoccupazioni sul territorio sono diffuse perché c'è incertezza sul futuro e volumi in calo, oltre ad uno scarso coinvolgimento delle aziende dell’indotto di Melfi».
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