A Milano, siamo entrati in anteprima del cantiere della sede europea di CORE:
Suggestioni per il futuro. Nel centro città, un ex convento si trasforma in un club privato che dà forma a un networking globale, dove cultura, benessere e business s'intrecciano.
di Alexis Paparo
7' di lettura
È più importante crearla, la bellezza, oppure saperla riconoscere, incanalare, farsene agevolatori? Me lo chiedo appena prima di sedermi di fronte a Jennie Enterprise, co-fondatrice insieme alla compagna Dangene di CORE:, che inaugurerà nei primi mesi del 2023 la sua sede milanese, sotto la direzione architettonica dello studio m2atelier. Mi sembra che circoscrivere il progetto alla definizione di club privato sia un po' come mancare il centro del bersaglio. Ecco perché chiedo subito a Jennie – tailleur bianco, qualche frase in un ottimo italiano, di cui ha remote origini, e un largo sorriso – quale sia il nucleo della loro creatura, nata nel 2005 e di casa sulla East 55Th Street a New York, e perché Milano sia perfetta per accoglierne la prima sede europea. Un tranquillo cortile del centro e il suo verde domestico fanno da sfondo alla nostra conversazione. In lontananza, il ritmico passaggio dei tram si accorda al timbro chiaro, a parole scelte con cura e pronunciate con intenzione.
«CORE: vuole essere un agente di cambiamento, ispirare, innescare la trasformazione, e questo si declina in tutto ciò che facciamo. Nel modo in cui coltiviamo la nostra comunità, selezioniamo lo staff, progettiamo gli ambienti, decidiamo i contenuti del nostro programma culturale. La nostra responsabilità è fornire le condizioni giuste e il palcoscenico adatto». Jennie mi parla subito di curatela dei membri, della scienza e dell'esperienza che c'è dietro. A 13 anni raduna il primo gruppo di persone intorno all'idea di giocare d'estate a tennis a Shelter Island, nello stato di New York. Continua a costruire comunità al college, all'università e poi dà vita ai Reebok Sports Club. La sintesi del suo lavoro arriva con CORE:. «I nostri soci provengono da 13 settori differenti: dalla finanza all'arte, dal biotech alla moda, dal mondo dello sport a quello del food, e ancora dall'architettura, dal mondo della tecnologia, dal design. A questo si somma la diversità geografica, di genere e di età. I membri sono selezionati in modo che, di ciascun ambito, siano presenti i leader che lo hanno definito e le persone che ne stanno delineando il futuro. Riuscire a far collidere questi ecosistemi è la magia di CORE:».
Partendo dal presupposto che la comunità di Milano esiste già, è attiva da anni e ha continuato ad esserlo anche durante la pandemia – con «esperienze digitali eccezionali», adesso che il club si appresta a inaugurare la sua casa milanese è stato definito in 500 il numero dei soci ammessi e fissata una quota d'iscrizione di circa 10mila euro, a cui va sommata una quota annuale. Le cifre aumenteranno progressivamente, man mano che ci si avvicina all'apertura. Proprio per preservare il prezioso mix di “unlikely minded people” che ha fatto la fortuna del club a New York, bisogna non solo scegliere di entrare, ma anche essere in qualche modo scelti. «Si può essere presentati da un socio, ma non solo. Il processo è meticoloso, ma non noioso, e occupa un mese in media: si fissa un incontro conoscitivo con il nostro team di curatori, si partecipa a un paio di eventi, così che la persona possa vederci in azione e noi possiamo fare lo stesso, si risponde a una serie di domande sulle proprie idee in materia di lavoro, tempo libero, approccio alla vita. Vogliamo che anche questo momento di avvicinamento al club sia una sorta di viaggio per il potenziale membro, serve per fargli mettere a fuoco perché vuole far parte della nostra comunità».
Una volta selezionati accuratamente gli ingredienti, il compito è facilitare le connessioni, le interazioni, creare opportunità e condizioni per la trasformazione dei membri. Jennie spiega che questo avviene fin dall'inizio. Il team, selezionato in base a un altissimo livello di intelligenza emotiva, conosce carattere, curiosità, idee di ogni socio e fa in modo di farlo entrare in contatto con chi crede che potrebbe essere interessato a conoscere. Questo può avvenire allo speakeasy del club come a un evento, durante una colazione o a una masterclass, senza che si avvertano forzature o interruzioni del flusso. «Qualche tempo fa ho bevuto un caffè con un nostro socio di New York. È australiano, ma vive in California. Se si pensa a chi ha davvero influenzato il settore della pubblicità negli ultimi anni lui è uno dei tre nomi che vengono in mente. E proprio per questo mi ha detto: “Non voglio più parlare di pubblicità. Ho sviluppato una grande passione per i vini francesi e voglio imparare, discutere, confrontarmi su questo”».
La ricca e varia programmazione culturale del club è un elemento chiave per stimolare l'interazione. È strutturata in modo da garantire l'accesso a nuove idee interessanti – fra gli ultimi incontri milanesi, Renzo Rosso ha parlato di quanto è importante essere globale per un brand, Giovanna Melandri e Claudia Vaccarone di inclusione nel mondo dell'arte e della cultura, Nicola Lagioia e Camilla Baresani del futuro del libro – ma la correlazione è facilitare la connessione fra i membri. Gli spazi di CORE: sono uno degli altri strumenti a disposizione. I ristoranti e la clinica della longevità, il teatro e le suite, la biblioteca e lo speakeasy, sono solo alcune tessere del mosaico di circa 4mila metri quadri che si sta componendo al civico 14 di corso Giacomo Matteotti, adesso nella sua fase finale di ristrutturazione. How to Spend it lo ha voluto catturare nel momento della sua massima trasformazione da convento a club privato. Gli scatti del servizio fotografico di queste pagine, firmato dal fotografo Paolo Barretta, indagano i cinque piani ancora nudi, ridotti all'essenza architettonica, intercettati dalla presenza umana, l'artista Alla Chiara Luzzitelli, e che proprio grazie al vuoto emergono pieni di possibilità.
«Guardiamo ai nostri ambienti come a tappe di un viaggio individuale, ma mai solitario, li progettiamo in modo che siano multifunzionali, modulari, trasformabili in base alle esigenze dei nostri membri», continua Jennie. Così la biblioteca potrà fare da sfondo a una cena intima o a un meeting di lavoro. La galleria d'arte si potrà convertire in uno spazio eventi. Il teatro al piano terra, acusticamente perfetto, avrà tutte le funzionalità per ospitare film e proiezioni in anteprima, conferenze dal vivo o in live streaming. Al primo piano il focus è sul dangene Institute, gioiello della co-founder Dangene, una clinica rigenerativa preventiva che lavora sull'age optimization e la longevità, grazie a tecnologie medicali d'avanguardia. Per prolungare il benessere si sale al terzo, dove si trovano la palestra e le sale di allenamento. Il secondo piano ospita ristorante, bar, wine gallery, uno spazio per cene private e una grande terrazza. Si sale al quarto per il culinary lab, che vedrà arrivare a rotazione chef da tutto il mondo, molto noti o emergenti, in un format di cucina aperta dove l'ingrediente principale sarà l'interazione con i soci.
Il direttore d'orchestra è Michele Brogioni, scelto come global culinary director. Proporrà menu trasversali alla cultura del cibo, fondendo italianità – immancabile il risotto riserva San Massimo – e sapori dal fascino globale che seguiranno il calendario stagionale: eccellenze da forno come il lavash e il sourdough, il babka alla nocciola, una selezione sorprendente di sandwich. Quarto e quinto piano accolgono le suite, otto in totale, e la terza terrazza. Brogioni attualmente supervisiona anche le cucine di New York, poi in aggiunta dirigerà la parte food di CORE: San Francisco, che dovrebbe essere inaugurato nella prima parte del 2023.
Per quanto riguarda l'arte, il format sarà simile a quello del culinary lab: autori provenienti da ogni parte del mondo, rappresentanti di ogni spettro artistico, le cui opere e installazioni saranno ospitate in diversi spazi del club secondo un calendario orchestrato dal direttore della programmazione culturale, in collaborazione con gallerie e istituzioni. «La struttura è un ex convento e alcuni spazi adiacenti a CORE: sono ancora abitati da religiosi. Arrivare a questo punto è stato un viaggio interessante, intriso di spirito di collaborazione. Il nostro obiettivo era contribuire alla traiettoria ascensionale della città, rispettandola dal punto di vista storico e architettonico. Abbiamo trovato in Marco e Marjiana (rispettivamente Bonelli e Radovic, fondatori dello studio m2atelier, ndr), gli architetti capaci di celebrare l'anima del luogo – sai che Puccini ha scritto una parte della Bohème basata sulle esperienze con un suo amico nello spazio che ora sarà CORE:? – e fonderla nell'essenza del club».
La scelta del capoluogo lombardo come avamposto europeo fa parte di un viaggio anche personale della coppia, che ormai trascorre in città metà del suo tempo. «Cercavamo un centro gravitazionale di cultura, che potesse eguagliare la rilevanza e la vivacità di New York. Nel 2018 uno dei nostri membri, che ha portato il suo business in città, ci dice: sareste perfette l'una per l'altra. Dieci giorni dopo eravamo letteralmente in volo verso Milano, che ci ha subito conquistate con il suo spirito imprenditoriale, la bellezza, la diversità, la capacità di trasformarsi senza snaturarsi». La parola trasformazione è come un mantra che scandisce tutta la conversazione. È il nucleo di CORE: perché è il nucleo di Jennie e Dangene.
«La sede di New York è aperta quasi da vent'anni, ma tutte le volte che ci vado scopro ancora qualcosa di nuovo. È come se avessi vissuto venti vite fra le sue mura ed è questa la sua bellezza: è in costante evoluzione perché i suoi membri, lo staff, noi siamo in continua evoluzione». Adesso eccoci qui, a pochi passi dal lancio milanese. Qualche accenno di vertigini? «Ma no, qui a Milano abbiamo già una comunità straordinaria che ci corrisponde interamente, e ci incontriamo quattro/sei volte al mese da prima del Covid. I nostri soci si conoscono, hanno già avviato collaborazioni, dato vita a idee di business, condiviso passioni. Lo spirito di CORE: è già a Milano, mancava solo la sua casa»
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