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Lanciato nello spazio il telescopio Webb: alla scoperta dei misteri dell’Universo

Con 15 anni di ritardo e costi lievitati il Jwst è stato rilasciato dal vettore Ariane. Prenderà il posto di Hubble per svelare i segreti fino a 13 miliardi di anni luce di distanza

di Leopoldo Benacchio

Spazio: lanciato il telescopio Webb, è il più grande al mondo

4' di lettura

Lanciato nello spazio e rilasciato senza problemi dal vettore Ariane il telescopio spaziale James Webb. Un razzo Ariane 5 è decollato il giorno di Natale, alle 12:20 ora di Greenwich, dal centro spaziale della Guyana per inviare nello spazio Jwst, uno strumento che dovrebbe rivoluzionare l’osservazione dell’Universo, erede del (finora) più celebre Hubble e frutto della collaborazione tra Nasa, Agenzia spaziale europea (Esa) e agenzia spaziale canadese (Csa).

L’annuncio del lancio è arrivato anche dai canali ufficiali dell’l’Agenzia spaziale italiana (Asi): «James Webb Space Telescope è partito! E il primo contatto dallo spazio è avvenuto con successo grazie all’antenna della base Asi a Malindi, Kenya». Nel post pubblicato su Facebook l’agenzia allega poi il link di un articolo con cui approfondire «questa grande missione».

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È stato quindi un Natale speciale per gli astrofisici di tutto il mondo: dopo infiniti ritardi (uno anche sul finale), aumenti effettivamente “cosmici” dei costi, qualche piccolo inghippo finale che lo ha ritardato di un ulteriore mese, è partita finalmente l'arma definitiva dell'Umanità per capire cosa sia effettivamente successo agli inizi del tempo, dello spazio, se vogliamo dirlo con una parola sola, dell'Universo stesso.

Ci si lavora dal 1996, sono quindici le nazioni che hanno concorso alla sua ideazione e costruzione, tre le agenzie spaziali (Usa, Ue e Canada): doveva partire nel 2007, ma siamo a Natale 2021, quindi 15 anni dopo, doveva costare meno di un miliardo ma ce ne sono voluti, finora almeno 10.

Si fa presto a criticare, ed è anche giusto in casi così macroscopici, ma occorre sempre pensare che ogni volta che parte un satellite scientifico si tratta di un pezzo unico, un prototipo irripetibile, in questo caso anche più delle altre volte visti costi e la complicazione.

Webb rilasciato da Ariane con successo

C’era ansia e ovvia preoccupazione per il decollo e la difficile messa nell'orbita del grande telescopio, partito dalla base di lancio della Guyana francese. Ma tutto, per ora, è andato come previsto.

Ariane 5, che ha un record di lanci perfetti alle spalle, ha dovuto compiere la prima tratta - la più lunga e irta di rischi - in modo che poi il James Webb Telescope, più di 6mila chili, arrivi nel punto chiamato L2 dello spazio vicino alla Terra, la sua orbita finale. «Buona separazione telescopio Webb, Go Webb», ha infatti annunciato Jean-Luc Boyer dal centro di controllo di Kourou. Il razzo Ariane ha rilasciato dopo 27 minuti di volo il telescopio, che impiegherà circa un mese per raggiungere il suo punto di osservazione dalla Terra.

È un punto, del tutto immaginario, distante 1,5 milioni di chilometri, calcolato con precisione nella metà del diciottesimo secolo da Jean Louis Lagrange, un grande matematico italiano, a dispetto del cognome: lì le forze di attrazione di Sole e Terra si compensano, creando una sorta di equilibrio, non stabile ma sufficiente per farci stare il telescopio per un bel pezzo senza dover azionare continuamente i motori per correzioni, che peraltro producono vibrazioni, micidiali per l'osservazione del cielo.

La precisione necessaria

Ci vorranno comunque sei mesi dal lancio per la messa a punto e i test di funzionamento, dal momento in cui i 18 specchi esagonali verranno dispiegati per formarne uno unico e perfetto da 6,5 metri, pronto a raccogliere la luce infrarossa che arriva dagli oggetti celesti: prove su prove per arrivare alla precisione voluta, gli specchi devono essere posizionati con molto meno di un millimetro di tolleranza rispetto a quanto calcolato.

Gli specchi del telescopio

Due componenti dello specchio del telescopio spaziale James Webb (Ap)

«È una macchina per misure ad alto redshift (spostamento verso il rosso, ndr) e pensiamo che nello studio della galassie più lontane, che sono state anche le prime a formarsi dopo il Big Bang, potremo avere delle sorprese», dice Massimo Stiavelli, capo dell'ufficio per il Jwst a Baltimora in Maryland, un gruppo di 300 scienziati e ingegneri che lavora da anni per questo momento che prenderà in consegna il telescopio spaziale subito dopo il lancio, diciamo una mezz'ora dall'ora X, che dovevano essere le 13:20 del 24 dicembre, ora italiana, e che invece è stata rinviata di 24 ore a causa dei foti venti ad alta quota.

Per capirci più si va lontano nello spazio più si va lontano anche nel tempo, nel passato se vogliamo. La luce del Sole ci arriva con soli otto minuti di ritardo, quella della vicinissima Luna con un solo secondo, ma Jwst riuscirà a vedere fino a più di 13 miliardi di anni luce di distanza, all'alba dell'universo, quando finiva l'epoca del buio del big bang, neanche 300.000 anni si calcola e si iniziava a formare qualche stella e qualche galassia.

I risultati attesi (e non)

Ma non solo questo, gli scienziati si aspettano grandi risultati dal fatto che Jwst vede nell'infrarosso, attraversa in sostanza il muro di polvere che spesso riempie vaste zone della nostra Galassia.

«È un punto molto importante, pensiamo alla nebulosa dell'Aquila, con l'infrarosso di Jwst scomparirà la polvere e vedremo all'interno della nebula i cocoon, gli enormi bozzoli di gas e materia da cui nascono le stelle con i loro sistemi di pianeti», continua Stiavelli.

Grandi speranze, a proposito, sono riposte anche nelle ricerche dei pianeti attorno ad altre stelle, dato che con questo nuovo perfezionato telescopio spaziale potremo capire addirittura anche se hanno atmosfera e, se ce l'hanno, di che tipo è e se ci sono marcatori di una possibile vita, come il metano e l'anidride carbonica.

In questo campo poi uno dei target interessanti per la ricerca con il nuovo telescopio spaziale sono i cosiddetti lava world, mondi così caldi che c'è solo lava , come era la Terra al momento della sua formazione. «Ci sono poi programmi già approvati molto interessanti, per la determinazione della costante di Hubble, parametro fondamentale con cui misuriamo la velocità di espansione dell'Universo».

Da quando Hubble propose la propria legge, che ci dice come più le galassie sono distanti e più la loro radiazione ci appare come spostata verso le frequenze rosse, il dibattito è aperto: è un effetto valido in tutto l'universo, è un fatto locale?

Alla domanda di quale sia la scoperta che gli piacerebbe maggiormente Jwst facesse, Stiavelli conclude: «Come è successo in altri casi, noi cerchiamo cose molto interessanti e ragionevoli da studiare, ma le sorprese, come con altri telescopi spaziali, vengono da campi e osservazioni che non abbiamo previsto».

La realtà spesso supera qualunque programmazione. Vedremo se succederà nei dieci anni di vita prevista per Jwst.

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