A Nisyros, «Stromboli» greca fra vulcani, villaggi e buon vivere
L’isola offre un interessante Geoparco con la possibilità di visitare la caldera Stéfanos e acque cristalline come ad Avlaki
di Maria Luisa Colledani
3' di lettura
La luna sbocciata nell’Egeo: ecco Nisyros, Dodecaneso meridionale. I suoi confini sono un cerchio, che ne contiene un altro, immenso e unico nel mare greco: la caldera Stéfanos (cioè “corona”). Circa 15mila anni fa, un’eruzione produsse miliardi di metri cubi di pietra pomice e cenere e ora Nisyros, quasi una Stromboli greca, mostra un’ anima di fuoco, acqua e silenzi. È magnetica, vi stregherà. Spesso trascurata dai turisti che le dedicano una frettolosa gita in giornata da Kos, vale molto di più.
A zonzo per sentieri e villaggi
Il vulcano gorgoglia là sotto, c’è e non c’è. O forse, secondo il mito, è solo la voce adirata del gigante Polibote (Polyvótis), contro il quale, nella battaglia fra dèi e Titani, Poseidone aveva scagliato un masso per intrappolarlo. Oggi, la vita di Nisyros ruota attorno al Geoparco: una distesa di crateri, Stéfanos, il più grande, da 330 metri di diametro, sembra la deflagrazione di un’atomica tra fumarole a 100°, rocce rosse, verdi, gialle e odore di zolfo, e anche Megalo Polyvótis e Micro Polyvótis. È come camminare nella geologia del mondo.Il resto – oltre il parco – è ancora di più: sentieri fra gli ulivi e i mandorli, villaggi a strapiombo sulla caldera, spiagge remote come Katsoúni, Lyés e Moulári.
Esplorare un piccolo grande mondo
«È un mondo piccolo che tutto contiene ed esalta», spiega Haris Diakomihális, 42 anni, laurea in Business administration e responsabile dell’omonima agenzia. Ma ora la sta trasformando in Anaema con due colleghi-amici per un turismo autentico e sostenibile: «Nisyros va oltre il suo vulcano, meglio un turismo lento che sappia assaporare una dolcissima soum da, la bibita tipica dell’isola a base di mandorle, o meravigliarsi per le cisterne ancora visibili fra le colline: i nostri antenati, pur senza mezzi, si ingegnavano a salvare l’acqua piovana e a coltivare ogni metro quadrato».L’esplorazione può iniziare a Mandráki, il porto. Un pugno di case bianchissime spalmate sulla collina e coronate da Paleókastro, imponente acropoli micenea fondata 3mila anni fa e con mura ciclopiche del IV secolo a.C., e il monastero di Moní Panagías Spillanís, risalente al 1600. Fermatevi al museo archeologico, ricco e ben organizzato, dove Georgios, il custode, vi mostrerà la sua scrivania ingombra di cocci di anfore, ceramiche a figure nere e rosse: «Ogni giorno - racconta - qualche turista arriva con reperti trovati alla spiaggia di Cochlákoi perché il nostro passato è il nostro presente».
Le grotte calde, sulle tracce di Ippocrate
Qui la storia – come dimostrano i ritrovamenti risalenti all’epoca neolitica nella vicina isoletta di Gyalí – è passata e ripassata anche per la ricchezza di ossidiana, usata per produrre utensili e vasi minoici. O per il dono delle acque termali, come a Páli, il piccolo villaggio di pescatori (non perdete le acciughe e le verdure alla griglia della taverna Afrodite) dove la chiesa Panagiá Thermiani è costruita inglobando i resti delle terme romane in un sito in cui forse era arrivato dalla vicina Kos anche Ippocrate per curare e diffondere le sue conoscenze mediche. Altro luogo “caldo” è la piccola grotta alle porte di Emboriós, vera sauna naturale. Tutto il villaggio è da vedere, con i suoi vicoli stretti, il vento fra le case, dove Olga Souvermezoglou, giovane artista greca, trae ispirazione per il suo lavoro Neighborhood, il caffè To Balcony affacciato sulla caldera, il castello e la chiesa bizantina di Agios Taxiarchis. Anche Nikiá è un gioiello con le case imbiancate e la piazza mosaicata in bianco e nero, come è un tuffo ad Avláki, piscina di rocce nere dall’acqua caldissima. E si torna al punto di partenza, Mandráki, per una cena da Yevsea, cucina gourmet, o da Kleanthis, dove gustare la skordalía, cremina di aglio e mandorle, o le pitthiá, frittelle di ceci. A rendere la cena unica il tramonto sul mare, con un verso di Ghiannis Ritsos (1909-1990): «Nella perfetta miscela di etere e pietra / c’è una luce intorno a noi / e in noi che non manca». Poi, quando anche quella luce dalle dita rosate si spegnerà, il buio vi sorprenderà in un brulichio di stelle.
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