A Parigi, apre le porte la casa dei métier di Chanel: un completo hub creativo
All'esterno, un'architettura a geometria variabile, dove il cemento mima il tweed. All'interno, 600 artigiani che producono meraviglia con le mani. Fra sogno, economia reale e coesione sociale.
di Cristina D'Antonio
3' di lettura
Linea 12 della metropolitana, fermata Front Populaire, dieci minuti di cammino: al confine tra una Parigi molto borghese e il quartiere popolare e periferico di Aubervilliers, si staglia il futuro. Un edificio di 231 moduli avvolti in una trama di fili di cemento bianco, suggestione di un tessuto di pregio. Cinque piani e 25.500 metri quadrati di superficie a geometria variabile. Un giardino interno progettato come un ecosistema. E spazio a sufficienza per ospitare 600 artigiani, il meglio del savoir-faire. Questo luogo unico ha un nome, 19M, e una vocazione: M come “moda” e “métier d'art”, 19 come l'arrondissement, e cioè il quartiere in cui è sorto. La sua missione è accogliere in un unico centro gli artisti del lusso, gli uomini e le donne capaci di dare vita a piume e camelie, ricami e gioielli, balze e plissé. 19M è la nuova casa di Chanel (qui alloggeranno 10 delle 25 imprese della controllata Paraffection), come l'ha progettata Rudy Ricciotti, l'architetto che ha disegnato il museo MuCEM di Marsiglia e quello dedicato a Jean Cocteau, a Mentone.
19M è la casa dei mestieri d'arte che, lo scorso dicembre, ha festeggiato la propria apertura con una sfilata senza precedenti, coreografata da Dimitri Chamblas, e che, il 7 giugno alla stazione Leopolda di Firenze, la direttrice creativa Virginie Viard replicherà con Métiers d'art 2021/22, pensata come una serie di fermo-immagine dedicati ai singoli artigiani, in cui ogni modella interpreta lo spirito di ciò che indossa. Racconta Viard: «A Parigi Fran rappresentava Lesage, Pan era l'anima di Montex, Loli era Maison Michel, Mica le creazioni di Goossens, Lola diventava Desrues…». Perché di ogni accessorio venga colto il valore, viene indicato il tempo di lavorazione: come, ad esempio, le 15 ore necessarie per la camelia di Atelier Montex, ornata con 2.520 cristalli Swarovski, oppure le 84 ore richieste per la T-shirt di Lemarié, con il logo Chanel composto da 123 camelie. Opere di alta artigianalità, paragonabili ad architetture della meraviglia.
Dalla posa della prima pietra, a settembre 2018, all'ingresso delle maison residenti, a marzo 2021, all'inaugurazione della galleria centrale, spazio destinato a mostre e incontri, lo scorso gennaio, all'apertura dei café, a maggio: 19M non è solo un luogo di produzione del bello, ma una catena di trasmissione dei valori che ne costituiscono l'intreccio. «Il riferimento al saper fare degli artigiani è sempre presente nella mia visione dell'architettura», spiega Rudy Ricciotti, Grand Prix national de l'architecture, insignito con l'Ordre des Arts et des Lettres e ufficiale di riserva della Legione straniera, professione di fede alla quale ha dedicato il libro Manifeste légionnaire. 88 pas-minute au service de la démocratie. «Non la voro mai con materiali pronti all'uso, provenienti da territori in cui le maestranze sfuggono al controllo del diritto sociale francese. Lavoro con risorse locali: per ridurre efficacemente l'impronta ambientale, trasmettere la conoscenza e garantire che l'impegno di tutti produca coesione sociale».
Pioniere nel preservare l'esistenza dei propri fornitori, Chanel ha iniziato ad acquisire aziende e produzioni artigianali sotto la direzione di Karl Lagerfeld, allora mente creativa della maison: il primo a entrare nel gruppo, nel 1985, era stato il produttore di bottoni e gioielli Desrues. «Non si tratta, però, di imbalsamare in un museo un'arte che invece è viva, né di fossilizzare le virtù del lavoro», continua l'architetto. «L'idea di 19M è di dare una casa ad artigiani d'eccezione». E cioè la Maison Lesage, i suoi ricami preziosi e la sua scuola; Lemarié e la sua sapienza nella lavorazione di piume e fiori (è qui che Gabrielle Chanel si rivolse quando, negli anni Sessanta, creò la camelia); Les Ateliers Lognon, artigiani del plissé dal 1853; l'orafo Goossens; il modista e artigiano di copricapi Maison Michel; le case di ricamo Atelier Montex e Studio MTX; lo specialista del flou Paloma; l'artigiano delle calzature Massaro. «19M non è una cittadella del lusso calata in periferia, ma un luogo dove sapienti artigiani producono fascino con le loro mani», argomenta Ricciotti. «Non bisogna esiliare la bellezza in luoghi considerati sicuri mentre la bruttezza invade il mondo. E poi che la ricchezza sviluppi un'economia reale è una buona cosa, no?». Se Parigi può accettarlo, Aubervilliers ringrazia.
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