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A Roma guizzo vincente di Cavendish. La maglia rosa Roglic premiata da Mattarella

Si chiude un Giro d’Italia partito in sordina ed esploso nel finale. Ecco anche le nostre pagelle ai protagonisti

di Dario Ceccarelli

Il vincitore del giro Roglic premiato dal Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella (

7' di lettura

Finisce così, nel set magico di una Roma quasi cinematografica, con il presidente Sergio Mattarella che applaude lo sprint vincente di Mark Cavendish, velocista britannico di lungo corso, il Giro d'Italia.

Un Giro molto particolare, partito in sordina ma esploso nel finale prima con l'exploit di Primoz Roglic sul Monte Lussari, dove ha strappato la maglia rosa a Thomas, e poi con questo straordinario epilogo nella capitale culminato nel guizzo di Cavendish, velocista di razza, che firma così la sua 17esima vittoria alla corsa rosa, degno finale di una lunghissima carriera.

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Basti pensare che sono passati 15 anni dal suo primo successo al Giro, centrato a Catanzaro nel 2008. Un record di longevità anche questo, strappato addirittura al mitico Gino Bartali. Cavendish, 38 anni, molto legato all'Italia e alla Toscana, incredulo e quasi in lacrime, ha annunciato il suo ritiro. Nella volata, caratterizzata da una caduta ai 300 metri di 7 corridori, Cavendish ha battuto il lussemburghese Kirsch e il siciliano Fiorelli. Ma il centro della scena. e della festa, va naturalmente a Primoz Roglic, sul podio più alto, affiancato da Geraint Thomas e Joao Almeida, i suoi avversari più tenaci.

E così eccolo qua, Roglic, che riceve da Mattarella il trofeo “Senza fine” il premio che aspetta al vincitore. Insomma, tra sorrisi e rimpianti, e quel po' d commozione che si porta sempre dietro ogni congedo, finisce anche questo Giro d'Italia , il 106esimo della sua lunga storia cominciata nel 1909 e interrotta solo dagli avvenimenti bellici.

Che Giro è stato? Chiaramente, con un finale al calar bianco come quello sul Monte Lussari, ogni giudizio precedente viene per forza di cose modificato e riadattato. Perfino il suo logorante attendismo (cinque tappe di montagna con quattro scattini), con quel continuo rimandare la resa dei conti, è servito ad aumentare l'esplosività del successo di Roglic, primo sloveno a conquistare la corsa rosa. Bellissimo anche lo scenario, in cima al santuario dei popoli, sopra Tarvisio, dove tre confini (Italia, Slovenia e Austria) quasi si toccano. Diciamo che dopo venti tappe di melina, questo finale col botto è il migliore possibile. Come dopo dei fuochi artificiali mosci, e tutti stanno andando a casa, arriva una fantasmagorica chiusura da applausi. E anche la conclusione romana, con il presidente Mattarella che offre a Roglic la maglia rosa nello scenario unico della città eterna (uno spot formidabile nel mondo dopo la devasta alluvione in Romagna), è il miglior epilogo che si poteva offrire alla corsa.

Uscendo però dalle emozioni di questo week end, non si può non ribadire che è stato un Giro conservativo e quasi privo di guizzi salvato, in pieno recupero, dal formidabile exploit di Roglic, deciso fino all'ultimo metro a conquistare una maglia rosa che ben difficilmente, a 33 anni e sette mesi, potrà ancora riconquistare in carriera. Un colpo di mano reso ancora più emozionate e significativo proprio dallo spessore del suo rivale, Geraint Thomas, che esce sconfitto ma non umiliato, anzi. “E stato più bravo di me, Roglic mi ha surclassato” ha detto sportivamente il gallese facendo notare che lo sloveno ha anche avuto un problema meccanico. Lo stesso Almeida, terzo con onore pure lui mai rassegnato alla sconfitta, ha dato qualità (e un po' di giovinezza con i suoi 24 anni) a un podio che altrimenti avrebbe rischiato di diventare troppo attempato in un ciclismo che, invece, nelle classiche e probabilmente anche al Tour sta premiando una generazione di giovani fenomeni (Pogacar, Van Der Poel, Van Aert, Evenepoel) sempre pronti a darsi battaglia in duelli spettacolari che hanno rilanciato l'immagine di uno sport ancora troppo agganciato ai suoi vecchi miti.

Ecco, in un ciclismo europeo così fresco, la corsa rosa ha rischiato di fare la parte della vecchia zia che rimprovera i nipoti di stare attenti a non sudare. non correre troppo. Fortunatamente, la gran sudata sul Monte Lussari, ha rimesso le cose a posto. Resta però, nella sostanza, un Giro troppo calcolato, una noiosa partita a scacchi salvata dallo scacco matto di Roglic, quando ormai si stava rischiando la patta o una grigia vittoria ai punti.

Le pagelle ai protagonisti

ROGLIC (9) Una stoccata solo, ma che affondo! Lo sloveno conquista la maglia rosa per tre motivi: 1)non si fa abbattere da un avvio in Abruzzo piuttosto fiacca; 2)regge agli urti di un Giro molto selettivo (pioggia, incidenti, covid e quant'altro) nascondendo i momenti di crisi; 3)concentra tutte le sue energie per la cronoscalata preparandola nel modo migliore. Con quel suo sopralluogo a piedi sul tratto più pendente della salita salutato dal calore dei suoi tifosi. Bravissimo anche a non perdere la calma nell'indicente della catena. A rivederlo sembra perfino che dall'imprevisto tragga più forza. “Ho avuto tanti problemi negli ultimi anni. Ho sofferto ma sono tornato di nuovo io”. Una grande impresa, quella dell'ex saltatore di sci, che si somma alle tre vittorie nella Vuelta e alla medaglia d'oro olimpica nella crono a Tokyo. Una chicca da segnalare : quando Roglic si è fermato a 2500 metri dall'arrivo, a dargli una mano (e una spinta), oltre al meccanico, è stato Mitja Meznar, suo ex compagno di squadra della nazionale ai tempi del salto con gli sci. Mitja era lì su quel tornante per incitare il suo vecchio amico. Chi trova un amico trova la rosa.

THOMAS (8). onore alla sconfitto che comunque conquista un brillantissimo secondo posto. Perdere per 14 secondi un Giro a 37 anni rende ancora più prestigioso il curriculum di un campione che ha già vinto un Tour de France conquistando in pista tre titoli mondiali e due ori olimpici. Molto sportivo anche nell'accettare una sconfitta che ad altri non avrebbero incassato con la stessa eleganza. Due i suoi limiti: uno è quello dell'età. Nessuno ha mai vinto un Giro a 37 anni.. Poi l'aver insistito, nella salita finale, con rapporti troppo duri. Il contrario di Roglic che ha prevalso proprio grazie a una pedalata più agile e più adatta a simili pendenze. Anche l'idea di cambiare il casco prima della salita (quasi dieci secondi in più persi) non è stata brillante. Bravo Thomas, ma se uno perde così qualche domanda se la deve fare. La tecnologia nel ciclismo va bene, ma fino a un certo punto… Alla miliardaria Ineos forse non l'hanno ancora capito.

ALMEIDA (7,5). bravo il portoghese che conquista meritatamente il terzo posto. Ha solo 24 anni, può ancora migliorare. Buon cronoman, buon passista scalatore. Fa tutto bene. Gli manca solo il colpo del ko.

CARUSO (7). Di più non poteva fare. Con il suo quarto posto è il primo degli italiani. A 35 anni, dopo una vita da mediano, difficile chiedergli di più. Qualcuno dice che avrebbe potuto osare maggiormente.. Attaccare quando gli altri big facevano melina. Può darsi. Ma Damiano è un grande regolarista, un diesel collaudato. Ha giocato sul suo terreno, arrivando a un soffio dal podio.

PINOT (7,5). Il francese vince la maglia azzurra di miglior scalatore. Bravo. Se non litigasse con mezzo mondo e non scattasse ad ogni cavalcavia diventerebbe un campione

KUSS (7,5). E' l'amico americano di Roglic, il suo vero angelo custode in questo Giro. Senza Sepp Kuss, sarebbe finita diversamente

ZANA (7). Il vicentino tira anche nella cronoscalata, lui che non è portatissimo. Con la sua maglia tricolore, Filippo vince in Val di Zoldo, una super tappa di montagna, approfittando del lungo sonno dei big. Ha 24 anni, è giovane e intraprendente. Gli manca solo un pò di faccia tosta, indispensabile tra i professionisti. Chissà che in futuro non ci riservi qualche sorpresa in più.

MILAN (7). Se nei grandi Giri e e nelle classiche ci manca il nuovo Nibali, stiamo invece rapidamente migliorando nelle volate. Giovani sprinter crescono. Jonathan Milan, 22 anni di Tolmezzo, maglia ciclamino, altro brillante prodotto della pista è la nostra punta di diamante. Una vittoria e quattro secondi posti il suo bilancio al Giro resistendo a una crisi intestinale sulle Tre Cime di Lavaredo. Se il nostro gigantone friulano (oro olimpico e un oro e argento ai mondiali) impara a farsi un po' più furbo, e a non partire scattare dalle retrovie, siamo a cavallo. Altrimenti, come Poulidor, rischia di fare l'abbonamento al secondo posto. Onorevole, certo, ma Poulidor è salito otto volte sul podio del Tour…

DAINESE (7). Anche lui ottimo sprinter come Milan. Alberto Dainese Vince una tappa a Caorle ed è sempre in prima fila nelle volate. E' della nouvelle vague italiana con Marco Frigo e i due Bain. Avanti così.

ARMIRAIL (7). Il francese, a 29 anni, dopo una vita da onesto pedalatore, porta per cinque giorni la maglia rosa al Giro. Vero che gliel'hanno lasciata i big poco desiderosi di battagliare, però Bruno la porta con dignità fino alla fine.

EVENEPOEL (5). Il grande favorito, dopo aver vinto anche la crono di Cesena, abbandona all'improvviso il Giro con la maglia rosa (covid) senza avvertire nessuno. Solo un messaggio via social. Sarà anche un fenomeno, però non ne esce bene. Poi ognuno pensi quello che vuole.

TAGLIO DELLA TAPPA DI CRANS MONTANA (4). In un Giro messo a dura prova dal freddo e dalla pioggia, la mutilazione della tappa svizzera è comunque un pasticcio da dimenticare. Anche perchè non c'è stato nessun maltempo. Nibali sulle Tre Cime di Lavaredo nel 2013 vinse il Giro con la neve. Chi non vuol prender freddo, resti a giocare a carte, dicevano i campioni di una volta.

COPERTURA RAI (7). Ottime le riprese, puntuali i commenti, sia in studio, sia degli inviati. Frizzante Davide Cassani, notarile Alessandro Petacchi, mai banale Stefano Garzelli. Sempre intrigante Fabio Genovesi. Solo un appunto: d'accordo nel dare dato spazio anche alle seconde file e ai coraggiosi in fuga. Però tutto quell'entusiasmo quando emergono dei semi sconosciuti, è fuori luogo. Sa di artificio. Se nel calcio vincessero sempre la Cremonese e Lo Spezia, forse qualche appunto alle grandi verrebbe fatto.

ROMA (8) MILANO (4). Il finale a Roma, in una giornata di sole, è un piacere per gli occhi. Una stupenda cartolina, teletrasmessa nel mondo, dopo tante polemiche sui rifiuti e sui cinghiali. Milano, che dopo tanti anni si è fatto sfilare l'ultima tappa, dovrebbe farsi qualche domanda per questo autogol.


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