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A scuola la mensa è più cara. Record in Basilicata e Campania

L'incremento medio nazionale supera il 2 % rispetto all'anno 2020/21
Picco a Torino per la materna (1.188 euro), a Livorno e Trapani per la primaria (1.152 euro)

di Marta Casadei

Articolo aggiornato il 24 maggio 2023 alle 12

(FOTOGRAMMA)

4' di lettura

Tra i costi che le famiglie devono mettere a bilancio c’è quello della mensa scolastica. Questo costo , che ricade in primis sul Comune, non è rimasto indenne dall’aumento dei prezzi delle materie prime e dell’energia: secondo la VI Indagine sulle tariffe e qualità delle mense scolastiche di Cittadinanzattiva, anticipata dal Sole 24 Ore, una famiglia “media” in Italia – tre persone (due genitori e un figlio minore) con un reddito lordo annuo di 44.200 euro e un Isee di 19.900 – per l’anno scolastico 2022/23 ha sborsato, al netto di quote extra, 734,50 euro per la refezione alla scuola dell’infanzia - circa 4 euro a pasto - e 743,40 euro per la scuola primaria, dove il pranzo, in media, costa 4,13 euro al giorno.

Le tariffe

In entrambi i casi il costo del servizio per le famiglie supera di oltre il 2% quello dell’anno scolastico 2020/21: la tariffa media annua della mensa della scuola dell’infanzia, a livello nazionale, è salita del 2,38%, mentre quella della scuola primaria del 2,14 per cento. «A parte casi eclatanti si ha l’impressione che ci sia un adeguamento delle tariffe alle maggiori spese che i Comuni devono fronteggiare e che, in molti casi, ci sia stato uno sforzo da parte degli enti locali per non ritoccare troppo al rialzo il costo da scaricare sulle famiglie», spiega Adriana Bizzarri, coordinatrice nazionale scuola di Cittadinanzattiva. Che aggiunge: «Un altro fattore che probabilmente ha inciso o inciderà su questi costi sono le linee di indirizzo sulla ristorazione collettiva che il ministero della Salute ha pubblicato nel 2021, a distanza di 10 anni dalle ultime, per promuovere l’adozione di abitudini alimentari corrette per la salute».

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Capoluoghi di provincia italiani

Dall’indagine, che monitora i capoluoghi di provincia italiani (a esclusione di Bolzano e Trento, dove il costo della mensa non viene calcolato in base all’Isee, ed è comunque intorno ai 4 euro a pasto) emergono effettivamente alcuni casi eclatanti come il maxi incremento registrato in Basilicata, la regione più cara: il costo della mensa per i bambini dai 3 ai 6 anni è salito quasi del 26%, passando da 779 a 981 euro, mentre alle elementari ha registrato un +19%, da poco più di 824 a 981 euro. A pesare sulla media è il costo della refezione a Potenza: la quota annua sia per la scuola dell’infanzia sia per la primaria è di 1.123 euro, in forte aumento rispetto ai 721,80 euro dell’as 2020/21. «Durante la pandemia siamo passati da una somministrazione più tradizionale a quella con il vassoio monoporzione sigillato - spiega Alessandra Sagarese, assessora alla Pubblica istruzione del Comune di Potenza-. Per il primo anno siamo riusciti a farci carico del costo extra, circa 1,50 euro a pasto, ma poi abbiamo dovuto spostarlo sulle famiglie per mancanza di fondi. Di contro abbiamo cercato di agevolare i nuclei meno abbienti e quelli più numerosi con una rimodulazione delle esenzioni e introducendo sconti. Speriamo di poter fare meglio».
Il salto a doppia cifra nel prezzo c’è stato anche in Campania, dove è aumentato in media del 12,5%, passando da 650 a 730 euro all’anno (le tariffe per scuole dell’infanzia e primarie sono quasi allineate). Lì il capoluogo più caro è Salerno, con 810 euro contro i 612 euro di due anni fa. La regione meno costosa è la Sardegna (561 euro, -4,6% sul 2020/21).

Mezzogiorno, aumenti più significativi

Ad aver registrato l’aumento più significativo delle tariffe sono le città del Mezzogiorno: il costo della mensa alla scuola dell’infanzia è salito del 5,34% , più del doppio della media nazionale, mentre al Centro le tariffe sono addirittura diminuite (-1,25%) e al Nord sono cresciute meno della media (+1,41%). Situazione simile per i costi della primaria (dove le tariffe in alcuni casi sono volutamente più basse, essendo scuole dell’obbligo): «Colpisce la disparità territoriale del costo della mensa in alcune aree, anche in proporzione al costo della vita. Oltretutto non ci sono bonus, solo detrazioni», dice Bizzarri.

Le città

Tra le città dove la refezione è più cara spiccano Torino (1.188 euro per la scuola dell’infanzia), Livorno (1.152 euro l’anno, sia asilo che elementari) e Trapani (1.152 euro per la primaria). Tra le meno costose, invece, vince Barletta con solo 360 euro l’anno. Roma (418 euro) è la più economica tra le grandi metropoli: «La Capitale si è sempre contraddistinta per queste politiche - conclude Bizzarri - ma dal prossimo anno cambierà menù e questo avrà un impatto sul costo. Per ora è il Comune che si fa carico di gran parte della spesa».

L’appello della ristorazione collettiva: costi a +20%

Anche Anir, associazione delle aziende della ristorazione collettiva, sottolinea l’incremento dei prezzi delle mense scolastiche. Che impatta in percentuale ancor più significativa sulle aziende del settore: «L’aumento della spesa del 2% indicata dal report è solo una piccola parte, quella riconosciuta, degli aumenti che stanno sostenendo le aziende che erogano il servizio nelle mense in tutta Italia. Il costo di produzione di un singolo pasto è aumentato mediamente del 20% e, a causa della siccità e dei cambiamenti climatici che stanno devastando i raccolti, pensiamo non possa migliorare nel breve termine», ha commentato Massimo Piacenti, vicepresidente di Anir Confidustria. Che ha aggiunto: «Chiediamo alle amministrazioni pubbliche e al governo di trovare soluzioni che possano risolvere una situazione di gravissima crisi, che coinvolge migliaia di aziende, centinaia di migliaia di lavoratori e milioni di cittadini».

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