A tu per tu con Walter Chiapponi, direttore creativo di Tod's
Per la prima volta nei suoi 120 anni di storia, il brand del gommino ha un solo direttore creativo.
di Lauren Indvik
5' di lettura
Pensi Tod's e la mente va immediatamente all'iconico gommino: il mocassino da 500 euro morbido come una carezza, con penny bar e la suola inconfondibile. Riconoscibile eppure discreto, nel corso dei decenni ha collezionato fan di tutti i generi, dalla principessa del Galles, Lady Diana a Eddie Redmayne. Tod's è anche il brand sulle cui fondamenta Diego Della Valle, presidente e amministratore delegato – nonché nipote del nonno fondatore – ha costruito uno dei più grandi gruppi di moda italiani, con 916 milioni di euro di ricavi annuali e un portfolio che comprende marchi come Roger Vivier, Hogan e Fay.
L'autunno scorso, con una mossa audace, Della Valle ha arruolato Walter Chiapponi, nome dalle ottime credenziali, ma ancora poco conosciuto, e l'ha nominato primo direttore creativo dell'intero brand – dalle collezioni donna e uomo alle calzature, alle borse, alla pubblicità. L'incarico di Chiapponi, aveva dichiarato allora Della Valle, non è trasformare Tod's in un marchio di streetwear per millennial, con il logo stampato in rilievo ovunque, ma «unire al lifestyle italiano di Tod's un tocco di modernità, senza perdere di vista l'alta qualità dei materiali e l'artigianalità che rappresentano il vero dna del marchio». Insomma, un'evoluzione piuttosto che una rivoluzione.
Lo stilista, 42 anni, ha debuttato ufficialmente lo scorso 21 febbraio con la sua prima collezione femminile alla Milano Fashion Week.
Dal giorno dopo, il lockdown è scattato progressivamente in Lombardia e poi è stato esteso all'Italia. «Il mondo si è completamente fermato», ricorda quattro mesi dopo Chiapponi dalla sua casa di Milano, un elegante appartamento dove vive con i suoi due cani, tappezzato di librerie in stile industriale, cariche di voluminosi libri d'arte. Non era certo il modo in cui si aspettava di festeggiare il suo debutto, ma è comunque sereno. «La prima sfilata è stata rilassata, molto istintiva, senza sforzo... Mi sono sorpreso di me stesso». “Rilassata”, “istintiva”, “senza sforzo”: sono tutte definizioni particolarmente adatte alla collezione, che comprende ampi pantaloni di velluto a costa larga, giacchini corti, comodi jumpsuit in lana. La palette di colori è calda, densa; i tessuti e le pelli morbidissimi al tatto, lussuosi. Capi sofisticati, semplici, da indossare senza fatica, senza mai dovercisi strizzare dentro.
Chiapponi non poteva certo immaginare che, per molti mesi, gran parte dell'Europa e dell'America avrebbe lavorato da casa. Eppure quello della sua collezione è proprio quel genere di abbigliamento elegante e confortevole, che è risultato perfetto da indossare durante e dopo il lockdown.
Nell'insieme, sono abiti che suggeriscono anche il nuovo modo di lavorare di Tod's. Della collezione fa parte un cappotto patchwork in pelle e capi coordinati, confezionati con scarti, pellami avanzati negli stabilimenti. «La sostenibilità per me è molto importante. Amo gli animali e sono vegetariano», dice Chiapponi. Gli domando come riesca a conciliare questa sua scelta con il lavoro per una maison di creazioni in pelle. E mi risponde con estrema serenità: «Cerco di non usare pelli di animali esotici».
Il suo debutto è stato accolto molto bene. «Nel ready-to-wear ci piacciono la semplicità e la qualità», dice Tifany Hsu, fashion buying director di Mytheresa, retailer specializzato nella moda femminile di lusso. «Walter ha portato un feeling giovane e un'estetica minimalista più contemporanea in un brand che è molto moderno, senza smarrire la sua tradizione e la storia del marchio». Chiapponi si descrive come un designer a cui piace lavorare sul prodotto, mettendoci direttamente le mani. Trova che il cosiddetto sketching, cioè il creare disegnando schizzi, sia «un po' vecchia maniera»; lui preferisce la fisicità che c'è nel manipolare e trasformare un capo direttamente su una modella. Spesso, come prima cosa, chiede al sarto della maison di tagliare il tessuto con la forma di un semplice cappotto. «Quindi incomincio a tagliare, aggiungere, mettere insieme le cose, in maniera concreta, con le mie mani», dice stringendo le dita proprio come se stesse appuntando, in questo momento, con gli spilli un pezzo di tessuto.
Cresciuto vicino Milano, Chiapponi all'inizio ha studiato arte. Paradossalmente ha cominciato a interessarsi alla moda italiana solo quando viveva a Parigi, entusiasmandosi per le sfilate di Versace e degli allora emergenti Domenico Dolce e Stefano Gabbana. È tornato a Milano per studiare moda con Alessandro Dell'Acqua all'Istituto Europeo di Design. Per vent'anni ha continuato a fare avanti e indietro tra i due Paesi, trasferendosi nel 2005 a Parigi come design director dell'ufficio stile di Givenchy dopo la nomina di Riccardo Tisci.
«Prima ero uno stilista più borghese, lui mi ha cambiato molto», dice. Ha passato un periodo a Roma da Gucci («un posto in cui ti diverti davvero a lavorare, e si vede nei suoi abiti!»), prima di ritrasferirsi a Milano per lavorare da Valentino, e poi tre anni da Miu Miu insieme a Miuccia Prada. «La migliore! Ogni volta che dice qualcosa, ti apre la mente».
Quando l'ha chiamato Della Valle, Chiapponi era stato per tre anni a capo dell'ufficio stile di Bottega Veneta, prima al fianco di Tomas Maier e poi del nuovo direttore creativo Daniel Lee, periodo – quest'ultimo – che definisce «un po' intenso». Curiosamente Chiapponi non aveva mai pensato di lavorare per Tod's, soprattutto perché era un brand famoso per la pelletteria mentre il suo background è nel ready-to-wear. Sono stati lo charme di Diego Della Valle («Me ne sono completamente innamorato... del suo gusto incredibile per l'arte e l'architettura, di un certo suo modo di vivere») e il ruolo di ampio respiro a convincerlo. Oltre che la storia di Tod's.
«Negli anni Ottanta e Novanta era la scarpa di chi era cool, aveva una clientela molto sofisticata, intellettuale, variegata: personaggi del cinema, aristocratici, imprenditori, artisti, da Gianni Agnelli a Basquiat», racconta. «Ho pensato: ho 40 anni, è il momento giusto per mostrare davvero la mia visione». Ora il compito di Chiapponi è cementare quella visione. Lo aiuta, dice, il fatto di poter iniziare da una sorta di “ground zero” – non essere governato dai codici della maison perché, a parte per il gommino, non ce ne sono.
«Il mio approccio è stato quello di creare un guardaroba per il perfetto cliente Tod's», dice a proposito della sua prima collezione. Il che significa un trench, una giacca e dei pantaloni perfetti – e poi infondere al tutto il senso estetico del buon gusto italiano. A Chiapponi non interessa lo streetwear di lusso: «Ci allontaneremo dall'esibizionismo, dai troppi logo, dai colori forti», prevede. E parla con ammirazione dei giovani che lavorano nel suo studio, capaci di dare valore alla «ricercatezza, alla preziosità» e agli «abiti che hanno una cultura». «Certi cappotti Prada li ho da 12 o 14 anni», aggiunge. «Voglio raggiungere quel tipo di valore senza tempo».
Chiapponi e Della Valle hanno davanti a loro un grande lavoro e grandi sfide. Prima che la pandemia facesse precipitare l'industria del lusso nel suo complesso, erano quattro anni che le vendite di Tod's erano in calo. Chiedo a Chiapponi se è consapevole del fatto che Tod's sia conosciuto più come brand di lifestyle che come marchio di moda e come questo influenza il suo approccio. «La moda per me non significa essere di tendenza ogni stagione; la moda è il metro, la misura del nostro tempo, è avere cura del modo in cui ci vestiamo. Per me e per la mia storia professionale questo è un grande passo, anche rispetto ai precedenti ruoli che ho avuto», continua. «Prima creavo molti fittings, lavorando sulle palette di colori; ora dico ad altri di farlo. Il mio è un lavoro di coordinamento: far sì che tante persone e tanti prodotti diversi parlino la stessa lingua».
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