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A Venezia il bianco e nero di Inge Morath

Museo di Palazzo Grimani espone gli scatti più iconici della fotografa della Magnum fino a giugno 2023

di Francesca Vertucci

2' di lettura

Aria di primavera a Venezia: la città lagunare si riempie di incanto con la mostra fotografica esposta a Museo di Palazzo Grimani “Inge Morath. Fotografare da Venezia in poi”, aperta fino al 4 giugno 2023. Un percorso atto a celebrare lo sguardo vigile ai dettagli di Inge Morath (1923-2002), la fotografa che non sapeva inizialmente di voler fotografare, se non spinta da un suggerimento del responsabile della Magnum Robert Capa: “Poi feci un viaggio a Venezia […] la luce era bellissima, la pioggia aveva ricoperto ogni cosa come con un vetro. Avevo appena finito di premere il pulsante, che all'improvviso mi resi conto che per me quello era il modo perfetto di esprimere ciò che avevo dentro. Dovevo cominciare a fare fotografie.”

Il legame dell'artista con la laguna veneziana

La mostra - a cura di Kurt Kaindle e Brigitte Blüml - celebra il legame dell'artista con la laguna veneziana e ripercorre questo fortunato incidente pieno di “serendipità” con un percorso espositivo che si sviluppa tra il primo e il secondo piano del Palazzo e più di 200 fotografie con un focus inedito su Venezia. Molti di questi scatti veneziani, circa ottanta, non sono mai stati esposti prima in Italia.

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Inge Morath. “Fotografare da Venezia in poi”

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Henri Cartier-Bresson

E proprio nella città lagunare iniziò la carriera fotografica di Inge Morath: dopo essere divenuta membro associato dell’agenzia Magnum, nel 1953 realizzò un reportage dedicato alla città. Questo primo incarico precedette un soggiorno più lungo a Venezia nell’autunno del 1955 per conto della rivista d’arte “L’Oeil”. Qui la sua attenzione si rivolse verso i luoghi meno frequentati e i quartieri popolari, ritraendo le persone nella loro spontaneità. Alcune ambientazioni surreali e composizioni fortemente grafiche sono un esplicito riferimento al lavoro fotografico del suo primo mentore Henri Cartier-Bresson.

La carriera di Inge Morath è dunque la testimonianza della passione e della necessità per la fotografia. Una donna che è riuscita, con coraggio e determinazione, ad affermarsi professionalmente in un settore a quel tempo riservato quasi esclusivamente agli uomini. A corredo una selezione dei suoi principali reportage su Spagna, Iran, Francia, Inghilterra, Stati Uniti, Cina e Russia, viaggi che l'artista non ha mai affrontato con superficialità ma scavando negli usi e tradizioni delle persone incontrate, grazie anche alla sua capacità di parlare fluidamente innumerevoli lingue. L'ultima sezione è dedicata minuziosamente ai ritratti di celebrità dei vari settori culturali, da attrici del calibro di Audrey Hepburn a pittori come Roy Lichtenstein e Alberto Giacometti, ma anche scrittori, poeti e disegnatori come Pablo Neruda, Philip Roth, Saul Steinberg. Famosa la fotografia di Marilyn Monroe che segue dei passi di danza all’ombra di un albero, realizzata sul set del film “Gli spostati” del 1960. Su quel set Inge Morath conobbe Arthur Miller, che all’epoca era legato sentimentalmente all’attrice americana. Una delicatezza d'animo e spirito, quella della Morath, visibile dai suoi scatti mai volgari o banali, pieni di stralci di vita quotidiana in tutta la sua precaria bellezza e intimità. “Ho amato la gente. Mi hanno permesso di fotografarli, ma anche loro volevano che li ascoltassi, per dirmi ciò che sapevano. Così abbiamo raccontato la loro storia insieme.”


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