«Abbiamo bisogno di tornare alla natura»
di Fabrizia Villa
2' di lettura
Per Marcio Kogan, fondatore dello studio MK27 di San Paolo, è l’amaca il più iconico mobile da esterno di tutti i tempi. Una scelta che racconta molto dell’architetto brasiliano famoso in tutto il mondo per i suoi progetti essenziali, capaci di mettere in relazione architettura e natura.
La distinzione tra indoor e outdoor sta diventando sempre più sfumata. Che cosa ne pensa?
L’architettura che facciamo si concentra in modo particolare su questo aspetto. Certo, il fatto di vivere in un Paese tropicale è stato utile nell’abbattere questo confine. Nei nostri progetti gli interni hanno un naturale proseguimento all’esterno. Negli anni abbiamo creato dei criteri che ci hanno aiutato a connettere queste due realtà anche in altre situazioni climatiche. Ci sono alcuni materiali che possiamo portare fuori, come un muro di pietra che può attraversare un intero spazio o grandi vetrate che possono scomparire trasformando il livingroom in un terrazzo. Ogni anno diventiamo più radicali nell’integrazione tra dentro e fuori.
Quanto il vostro modo di fare architettura influenza i vostri progetti come designer?
Circa 15 anni fa abbiamo iniziato a progettare anche gli interni. Per noi, interior, architettura e persino i giardini sono diventati un unico progetto. Dalla maniglia ai materiali che usiamo per le facciate, alle luci: tutto è parte dell’esperienza e deve essere pensato con attenzione dal designer. Quando disegniamo un pezzo di arredo pensiamo a qualcosa che deve essere piacevole per chi lo utilizza, esattamente come quando progettiamo uno spazio, pensiamo al benessere di chi in quello spazio deve vivere.
Per Minotti ha disegnato Quadrado: qual è stata l’ispirazione?
Quadrado è un misto tra metabolismo giapponese e bossanova brasiliana. Nel senso che è un sistema che può occupare lo spazio in un modo molto dinamico, adattandosi all’ambiente. Brasiliana, invece, è la ricerca nel calore dei materiali, dei tessuti e soprattutto del legno, lo stesso utilizzato nelle nostre architetture.
Le città sono sempre più affamate di verde e vita all’aria aperta. Tutto questo ha a che fare con una nuova consapevolezza rispetto a temi come il riscaldamento globale?
Più siamo preoccupati per l’ambiente, più abbiamo bisogno di riconnetterci con la natura. Viviamo in spazi più piccoli, soprattutto nelle aree urbane, ed è naturale guardare con maggior attenzione all’esterno. Le città hanno più voglia di vita all’aperto, a San Paolo come a Parigi.
La sostenibilità deve essere una parte vitale dei progetti?
Certo, e non riguarda solo la scelta dei materiali. Oggi ci concentriamo anche sul luogo in cui si va a costruire, sulla possibile riduzione dell’utilizzo di riscaldamento e aria condizionata.
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