Academy aziendali, una vecchia ricetta (che funziona) per coltivare e attrarre i talenti
La formazione è un elemento chiave per essere competitivi: «Crescere professionalmente è un'esigenza per ogni lavoratore e garantire questa crescita è un dovere dell'organizzazione»
di Gianni Rusconi
4' di lettura
La prima academy aziendale fu fondata nel 1927 da General Motors ma fu un altro colosso dell’industria americana, General Electric, a rendersi effettivamente conto del ruolo centrale della formazione in azienda dopo aver concepito e dato vita - a metà degli anni '50 - a un dipartimento di “Corporate University” incaricato di erogare corsi tecnici di aggiornamento per tutti i dipendenti. Il processo formativo veniva quindi centralizzato in un luogo fisico ben specifico, ma rimaneva di fatto inalterato il modello tradizionale per il training aziendale.
Per parlare di vera innovazione legata al concetto di Academy (e per registrare una crescita esponenziale del numero di progetti attivi) si arriva agli ultimi due decenni del XX secolo, quando il fenomeno prende piede anche in Europa.
Nel corso dell'ultimo ventennio la svolta definitiva, quando l'academy aziendale finalmente trova piena considerazione nell'ambito del processo di evoluzione che ha investito (e investe tutt'ora) il mondo del lavoro. Come ha giustamente osservato Laura Sandoli, HR Manager di Abstract, una realtà italiana che ha scelto proprio questo strumento per selezionare e formare nuove figure da inserire in organico, la sfida più grande è oggi quella di ripensare il funzionamento dell'azienda e di rinsaldarne l'identità culturale, costruendo un'esperienza professionale appagante e fatta di nuove conoscenze.
Ed è in questo contesto, a suo dire, che le academy aziendali possono rivelarsi una risorsa molto preziosa, perché all'obiettivo di partenza di valorizzare i percorsi di crescita professionale dei dipendenti aggiungono ora il plus di formare persone anche esterne all'organizzazione, e più precisamente giovani e professionisti di talento, con l'intento di sviluppare e rafforzare competenze specifiche che spesso non compaiono nei piani di studio dei tradizionali percorsi universitari e che sono immediatamente spendibili sul mercato delle professioni.
Il tema è di strettissima attualità, visto il perdurante problema della mancanza di figure specializzate, e la riflessione da condividere è la seguente: nate e sviluppatesi in grandi e grandissimi contesti aziendali, le academy possano essere uno strumento efficace per qualsiasi tipologia di organizzazione, anche quelle meno strutturate?
Il caso di Abstract, in proposito, costituisce di per sé una risposta. La società milanese ha avviato infatti il suo primo progetto di formazione interna nel 2016, quando era un'azienda molto più piccola rispetto alle dimensioni attuali, e oggi ne organizza fino a otto ogni anno dalla durata variabile fra le quattro e le sei settimane, con classi composte da 10-12 persone e un tasso di ingresso in azienda che sfiora il 100%. «Dalla prima esperienza in poi – assicura Sandoli - le academy sono diventate una componente irrinunciabile e hanno contribuito fattivamente alla crescita dell'azienda, il cui organico è quasi quintuplicato rispetto a sette anni fa. Il momento storico che abbiamo attraversato ci ha costretto a modificare il nostro approccio alla formazione e l'academy ci ha accompagnato in questo percorso in veste di contenitore che di volta in volta deve essere riempito di contenuti e modalità operative in grado di adattarsi all'esigenza specifica. Parliamo quindi di uno strumento scalabile e versatile che aderisce bene ad aziende di dimensioni, struttura e industry verticali diverse».
Lo scetticismo verso le Corporate University, fenomeno che in Italia ricordiamo essere particolarmente giovane (la prima Academy tricolore è stata fondata da Eni nel 2001), non deve dunque essere considerato un ostacolo insormontabile. In Abstract - un'azienda che opera in un contesto in continua evoluzione ed altamente sfidante come quello tecnologico - la formazione è vista infatti come un elemento chiave per essere competitivi. «Crescere professionalmente – spiega in proposito l'Hr manager - è un'esigenza per ogni lavoratore e garantire questa crescita è un dovere dell'organizzazione. La cultura aziendale nei confronti dei temi formativi è cambiata sensibilmente negli ultimi decenni, al punto che la formazione è diventata parte integrante dell'attività di engagement delle risorse umane e un elemento centrale delle tematiche di wellbeing».
Per affernare questo “nuovo” modo di sviluppare e condividere conoscenze, il ruolo giocato dalla funzione Hr è giocoforza centrale, proprio per la molteplicità dei compiti che oggi caratterizzano l'operato del team delle risorse umane rispetto ai temi formativi. La qualità della formazione, secondo Sandoli, dipende da vari fattori e fra questi il livello di interazione con i docenti e con gli altri partecipanti e la disponibilità di tutti gli strumenti necessari per favorirne l'efficacia. Ed è proprio in questo campo che entra in gioco l'Hr, nel garantire che vi sia una buona pianificazione e che non si vada ad interferire con gli impegni lavorativi delle persone, nel considerare che negli attuali ambienti di lavoro coabitano quattro generazioni di lavoratori e che non si può, di conseguenza, prescindere dalla diversità di domanda formativa e delle modalità di apprendimento.
La ricetta da seguire per realizzare un progetto di academy di successo ha quindi molti ingredienti, e non solo tecnici o tecnologici. «Il paradigma formativo negli ultimi tre anni – sottolinea al riguardo l'Hr manager di Abstract - è cambiato e la formazione in aula fisica è diventata l'eccezione, perché la modalità più comune è l'aula virtuale e l'attività da remoto prevede tempi e dinamiche differenti rispetto a quella classica. Un buon formatore non è più solo una persona preparata e con buone competenze, ma è soprattutto un bravo comunicatore, che sa valutare la predisposizione all'apprendimento dei discenti e dosare la velocità di rilascio delle nozioni e l'uso dei supporti visivi, a stimolare, soprattutto, il coinvolgimento dei partecipanti dando valore pratico all'insegnamento».
A determinate condizioni, l'academy può quindi essere un efficace anello di congiunzione tra la formazione accademica e l'inizio della vita professionale, costituendo (una sorta di “atterraggio soffice” così come lo definisce Sandoli) dall'università al lavoro per un giovane laureato e un'opportunità per acquisire nuove competenze e nuove idee per le aziende. Non ci sono regole scritte per garantire il successo di questo tipo di formazione, ma un requisito essenziale – almeno secondo la visione di Abstract – è sicuramente quello di ripensare ogni volta alla sua impostazione, evitando di replicare un format sempre uguale che rischierebbe di rendere poco attuale un percorso formativo ricco di elementi tecnici. La ricetta per una buona academy, in estrema sintesi, è la seguente: tenere ferma la struttura e le modalità formative e rivederne ad ogni edizione i contenuti per attualizzarli.
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