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Acciaierie d’Italia: Morselli, con la cassa straordinaria non ci saranno esuberi

L’ad: chiediamo tempo per concentrare risorse su investimenti importanti su Taranto: previsti 800 milioni nel biennio

di Domenico Palmiotti

(Gaetano Lo Porto / AGF)

3' di lettura

Acciaierie d'Italia, l’ex Ilva, non ha dichiarato esuberi e chiede tempo per concentrare le risorse su importanti investimenti a Taranto come il rifacimento dell’altoforno 5 (che sfrutterà il gas) e il forno elettrico. Lo ha dichiarato l’ad Lucia Morselli nell’incontro del pomeriggio del 10 marzo in Confindustria a Roma sull’avvio della trattativa per la cassa integrazione straordinaria per un anno per 3mila addetti del gruppo di cui 2.500 a Taranto. Cassa collegata alla ristrutturazione industriale e che vedrà, presumibilmente nella prossima settimana, un incontro al ministero del Lavoro visto che l’avvio è fissato dal 28 marzo prossimo. Morselli, secondo quanto spiegato da fonti presenti alla trattativa, ha detto che «non abbiamo intenzione di farci intimorire da ciò che succede in siderurgia o da ciò che succede nel mercato dell’acciaio. Noi - ha sostenuto l’ad - non dichiariamo esuberi e non ne chiediamo. Ma ci serve il tempo per recuperare ciò che è andato perso. I fatti sono che non si parla di esuberi ma di sospensioni temporanee». Morselli ha poi annunciato che gli investimenti sul nuovo forno elettrico saranno avviati in quest’anno anche se «forse è più urgente rifare l’altoforno 5». Rifacimento che verterà sull’uso del gas. Quest’altoforno è spento da marzo 2015 ed è il più grande d’Europa.

Investimenti per 800 mln in 2 anni

Acciaierie d’Italia, inoltre, investirà quest’anno 400 milioni nell’ammodernamento degli impianti e nella verticalizzazione della produzione in tutto il gruppo. Altri 400 milioni saranno investiti l’anno prossimo. Morselli ha annunciato che a giorni, finiti i lavori, entrerà in preriscaldo per la ripartenza l’altoforno 4. Con esso, lo stabilimento di Taranto tornerà a 3 altiforni in marcia. La produzione prevista per quest’anno è di 5,5 milioni di tonnellate di acciaio. Rilevante l’impatto dei costi dell’energia, del gas essenzialmente, con numeri significativamente cresciuti.

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La scadenza di maggio e il nodo dissequestro

Affrontato dall’ad Morselli anche il passaggio di maggio prossimo quando è contrattualmente previsto che lo Stato salga in Acciaierie d’Italia al 60 per cento. Morselli ai sindacati l’avrebbe spiegata cosi: «Se è possibile comprare dai commissari, allora i soldi ce li mette Invitalia. Questo è il meccanismo. Ma le condizioni per l’acquisto non si manifestano perché legate al dissequestro». Il problema per il siderurgico di Taranto non è sulla facoltà d’uso ma sulla possibilità di comprarlo» ha inoltre evidenziato Morselli. Tra poco più di due mesi, infatti, in base al contratto Invitalia-ArcelorMittal di dicembre 2020, è previsto, a fronte del dissequestro degli impianti dell’area a caldo, l’acquisto dell’azienda da Ilva in ammininistrazione straordinaria. Quest’ultima, da novembre 2018, l’ha data in fitto al gestore, prima ArcelorMittal, ora Acciaierie d’Italia. Ma il dissequestro degli impianti appare molto problematico, se non impossibile, e questo il confronto in Confindustria lo ha sostanzialmente confermato.

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Le posizioni dei sindacati

Sul ricorso alla cassa straordinaria, dura la Uilm con Rocco Palombella. «La mia organizzazione non può sottoscrivere un avvio di cassa integrazione straordinaria che di fatto prefigura il licenziamento dei 1.700 lavoratori in Ilva in amministrazione straordinaria a cui si aggiungerebbero altri 3mila lavoratori. Per quanto ci riguarda - ha detto il leader Uilm - l’accordo del 6 settembre 2018 è l’unico sottoscritto dalle organizzazioni sindacali e approvato dai lavoratori per mezzo del referendum». Secondo Roberto Benaglia, numero uno Fim Cisl, «l’incontro è servito perché abbiamo avuto chiarezza non sul piano industriale del futuro ma su come andrà il 2022, che è un anno di investimenti, di ripresa dell’attività produttiva e di aumento della produzione. Questa, per noi, è già una prima buona notizia che ovviamente non deve rimanere sulla carta». Per la Fim Cisl, «l’azienda ha garantito che non ci saranno esuberi con questa cassa integrazione. Ma la dichiarazione non basta. Deve essere tutto il processo che garantisce l’occupazione compresi anche quelli di Ilva in As. E se non ci sono esuberi, chiediamo di ridurre i numeri delle persone in cassa integrazione. Non è pensabile che l’azienda aumenti del 40 per cento la produzione e questo non abbia effetti sulla occupazione». Infine per Francesca Re David, segretario generale Fiom Cgil, «restano ancora molti nodi da sciogliere. Qualsiasi strumento transitorio legato all’incertezza degli assetti societari e delle prospettive a regime della produzione e dell’occupazione non può prevedere il riconoscimento di esuberi strutturali».

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