Accordi Stato-Museo: la Grecia per i Marmi del Partenone copia l’Italia
Sono sempre di più le proposte di accordi fatte dagli stati richiedenti ai musei possessori di opere d'arte dall'incerta (o dichiarata!) provenienza. Ora è la volta dei Marmi del Partenone
di Giu.G.
I punti chiave
4' di lettura
Non sono restituzioni da confisca e nemmeno restituzioni per diplomazia culturale: “io mi prendo questo, tu quello”, sono la terza via della restituzione dei beni culturali: gli accordi all'italiana o ‘partnership' alla British Museum. Il direttore del British Museum, a fine luglio, ha proposto una “Parthenon partnership” alla Grecia che potrebbe catalizzare la temporanea restituzione dei marmi ad Atene dopo 200 anni. Quelli che comunemente chiamiamo ‘marmi' sono 17 sculture parte del fregio decorativo del tempio di Atena Parthenos sull'Acropoli della capitale ellenica. Questo giornale si è già occupato, a più riprese, della vicenda dei Marmi e della loro rimozione dal suolo greco. Oggi, dopo una secolare ritrosia, sembra che il British Museum stia cambiando l'approccio verso la questione e si apra a nuove possibilità.
I casi italiani
Noi italiani sappiamo qualcosa di accordi analoghi; nel 2006, l'allora Mibact e l'Assessorato dei Beni Culturali della Regione Sicilia firmarono una convenzione per la ‘restituzione' degli Argenti di Morgantina con il Metropolitan Museum di New York che li acquistò per 3 milioni di dollari nel 1984.
In base a tale accordo, ogni quattro anni gli Argenti volano a New York dove restano per i successivi quattro anni. Tuttavia, nel gennaio 2022, l'assessore regionale dei Beni Culturali e dell'Identità Siciliana, Alberto Samonà, ha chiesto con urgenza che si modifichi l'accordo.
Infatti quando nel 2020 i beni-volanti sono rientrati al Museo archeologico di Aidone si è accertato quanto già osservato da indagini diagnostiche nel 2014, ossia quanto siano fragili gli argenti e il rischio derivato della loro frequente movimentazione.
Lo stop definitivo è un'ipotesi rispetto alla quale il Museo statunitense si sarebbe mostrato possibilista, ma nulla è più stato detto. Non ci resta che aspettare che questo punto compaia nell'agenda del Comitato per la Restituzione dei Beni Culturali prima del 2024.
Anche per l'Atleta di Fano, acquistato dal J.P. Getty Museum nel 1977 per quasi 4 milioni di dollari, si è prospettata l'ipotesi di un accordo anche se quest'idea, di base, potrebbe indebolire la carica dell'exequatur della sentenza di Cassazione e il giudizio pendente davanti alla Corte Europea dei Diritti dell'Uomo. Se non era stato possibile prima, nel 2007, durante il ministero di Francesco Rutelli, arrivare ad un accordo, figuriamoci a giudicato passato.
Dovrebbe essere già tornato in Italia dal Dallas Museum il cratere apulo a volute del Pittore degli Inferi (circa 104.500 dollari). Si tratta di un vaso di grande pregio, venduto, il 15 maggio 1995, dal trafficante Edoardo Almagià al museo texano e in prestito dal 2012, per quattro anni (2016) rinnovabili (2020)! Speriamo di vederlo presto al Museo dell'Arte Salvata o ovunque la Direzione Musei riterrà opportuno spedirlo (forse a Matera? Come era stato annunciato, per molte opere lo scorso giugno).
L’accordo possibile
Tornando alla questione greca, il British Museum non ha detto ‘sì' ad una restituzione senza condizioni, aggiungendo che i Marmi rappresentano un pilastro portante della collezione permanente. L'esempio italiano, anche qui, potrebbe venire in soccorso del British Museum, mostrando come si possano prestare pilastri portanti di collezioni permanenti e pubbliche con non chalance. A giugno 2022, il MiC ha dato il via libera al prestito alla National Gallery di Londra della «Muta» di Raffaello, l'unica sua opera presente ad Urbino (sua città natale), oggi nella Galleria Nazionale delle Marche dove tornerà la seconda settimana di agosto. Per avere un'idea del valore dell'opera si pensi che dopo il furto del 1975, i ladri chiesero un riscatto di 800 milioni di lire (l'equivalente odierno di 4,2 milioni di euro) per restituire tre pezzi: la «Muta», la «Flagellazione» di Piero della Francesca e la «Madonna di Senigallia», sempre di Piero.
Se ci sarà un accordo tra British Museum e Grecia prevederà senza dubbio uno spostamento dei Marmi e di altre opere che, a turno, verranno prestate o prese in prestito. I prestiti tra musei sono buona cosa se non compromettono la conservazione degli oggetti, come sostiene e ha sostenuto, su queste pagine l'archeologa, già Sovrintendente del Mibact, Daniela Rizzo. Certo, fa sorridere che le opere in Italia siano fatte circolare più fisicamente che digitalmente (sul punto si legga dei piedi puntati del MIC sull'Open Access). In un mondo sempre più accorto ed inclusivo, i musei universali, come il British Museum, situati nel territorio di quelle che furono potenze coloniali, dovrebbero avere le ore contate. Il museo-diffuso italiano è il modello ideale per i paesi ricchi di beni culturali, tanto che verrebbe da dire ai direttori di quei musei con il sommo poeta: «che giova ne le fata dar di cozzo?»
Aggiornamenti del 25 agosto 2022:
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