dopo il preaccordo

Accordo Alitalia, ora si punta a risparmi per 670 milioni

di Giorgio Pogliotti

4' di lettura

Dopo il preaccordo firmato da sindacati confederali, di categoria e associazioni professionali giovedì notte al Mise, la parola passa ai circa 12.500 dipendenti di Alitalia che dovranno pronunciarsi con un referendum la prossima settimana. Sull’intervento di ripatrimonializzazione dell’azienda per circa 2 miliardi di euro - di cui oltre 900 milioni come nuova finanza-, dunque, pende come una spada di Damocle la consultazione dei lavoratori, il cui esito determinerà la firma o meno dell’accordo da parte delle dieci sigle che insieme ad Alitalia torneranno al ministero dello Sviluppo economico, molto probabilmente, il prossimo 26 aprile.

Restano ancora aperte le due opzioni: il salvataggio o il commissariamento della compagnia. Se prevalesse il “no”, ha spiegato il ministro Carlo Calenda (Svilupo economico) ai microfoni di Radio24 «gli investitori non investirebbero e si andrebbe in amministrazione controllata», se l’operazione dovesse fallire «tutti i costi finirebbero sullo Stato, e si tratta di più di un miliardo». Anche il premier Paolo Gentiloni auspica che «il punto di incontro sia confermato dai lavoratori», rivendicando «l’impegno incessante del governo per individuare un piano industriale condiviso».

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Del negoziato si è occupato anche il Cda di Alitalia ieri, con il presidente esecutivo designato, Luigi Gubitosi che ha ricordato come la firma dell’accordo «sblocca la ricapitalizzazione, per una cifra molto importante che ci servirà per cercare di portare l’azienda da una situazione molto negativa a invertire la rotta». La compagnia ha un disperato bisogno di liquidità e gli azionisti hanno condizionato il loro intervento nella ricapitalizzazione all’intesa con il sindacato. L’ad di Alitalia, Cramer Ball esprime soddisfazione anche perché «è stata rispettata la deadline del 13 aprile fissata dagli azionisti». Mentre all’altra condizione posta dalle banche azioniste - quella di una garanzia pubblica sul capitale - il governo ha risposto coinvolgendo Invitalia, l’Agenzia di proprietà del Mef, con una norma da aggiungere nella manovrina o in un decreto ad hoc.

Alitalia guarda a referendum. Calenda, il no costa 1 mld

Entrando nel merito del verbale siglato al Mise, si individuano 980 lavoratori in esubero, meno dunque dei 1.338 esuberi con contratto a tempo indeterminato indicati in origine nel piano industriale tra il personale di terra, questo perché 358 addetti alla manutenzione (e in altre aree) resteranno in azienda, invece di essere esternalizzati. Si tratta di esuberi ancora virtuali, peraltro, poiché questi lavoratori saranno posti per due anni in cassa integrazione straordinaria (in parte a rotazione, in parte a zero ore) e, con l’intervento integrativo del Fondo di settore, avranno garantita fino all’80% della retribuzione. Terminato il biennio, saranno riassorbiti dall’azienda o avranno due anni di Naspi (l’ex indennità di disoccupazione). Nel verbale c’è l’impegno delle parti anche di individuare misure di incentivazione all’esodo e di attivare programmi di politiche attive. Gli esuberi “reali” riguardano i 558 contratti a tempo determinato (tra loro circa un centinaio potrebbe essere oggetto di esternalizzazioni) e 141 lavoratori in attività all’estero. La richiesta di partenza dell’azienda faceva riferimento, invece, a 2.037 esuberi complessivi.

Quanto al personale navigante, l’intervento si articola in modifiche della normativa che hanno impatto anche sulla retribuzione. Gi scatti annuali di anzianità diventano triennali (il primo scatto è previsto nel 2020), si stabilisce un tetto di incremento retributivo del 25% in caso di promozione, si applicano per i neoassunti i meno vantaggiosi livelli retributivi di city liner indipendentemente dal tipo di aeromobile, con la riduzione di un assistente di volo sul lungo raggio, meno riposi (da 120 a 108 annuali), il superamento di una serie di indennità e la prosecuzione dei contratti di solidarietà (l’equivalente di circa 450 naviganti) fino alla scadenza di settembre 2018, con la possibile trasformazione del part time. Per l’indennità di volo oraria l’azienda ha chiesto una riduzione del 21,6% pari ad una sforbiciata complessiva della retribuzione intorno all’8%. I risparmi sul costo del lavoro nell’arco di piano ammontano a poco più di 670 milioni: 66 milioni (2017), 131 milioni (2018), 146 milioni nel 2019 (l’anno a regime, per 78,6 milioni sul volo e 67,2 milioni per il personale di terra), 160 milioni (2020) e 169 milioni (2021). Due terzi dei risparmi del piano riguardano, invece, interventi non riferibili al costo del lavoro (spese per leasing, forniture).

La firma dell’accordo sblocca la ricapitalizzazione, per una cifra molto importante che ci servirà per cercare di portare l’azienda da una situazione molto negativa a invertire la rotta

Sindacati e associazioni professionali spiegano nel verbale di preaccordo che «preso atto della grave situazione aziendale» e «nella prospettiva di evitare il rischio di cessazione dell’attività, con le relative conseguenze» concordano che «quanto contenuto nel verbale sia quanto è stato possibile raggiungere nel lungo negoziato». Annamaria Furlan, leader della Cisl, sottolinea «i risultati importanti conseguiti, credo che i lavoratori non faranno mancare il senso di responsabilità». Nino Cortorillo (Filt-Cgil) ricorda come «in un’azienda che nel giro di dieci giorni avrebbe avuto il rischio degli aerei a terra, l’alternativa era il commissariamento e lo spezzatino, oppure arrivare al punto a cui è stato possibile, togliendo di mezzo i licenziamenti». Anche Claudio Tarlazzi (Uilt) evidenzia «abbiamo evitato i licenziamenti dei dipendenti a tempo indeterminato con gli ammortizzatori sociali, in ambito salariale e normativo l’esito è di gran lunga migliore rispetto alle richieste iniziali dell’azienda».

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