servizi idrici

Acqua, decolla la Spa pubblica (o mista) al Sud

Al bivio le proposte alla Camera, M5S e Pd lavorano per superare lo stallo e varare un testo nuovo che rilanci il tema. L'ipotesi di società pubblica (aperta ai privati) per accorpare gestioni, favorire investimenti, dare servizi adeguati

di Giorgio Santilli

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3' di lettura

Siamo alla vigilia di una doppia svolta sull’acqua pubblica: una proposta di legge comune M5S-Pd e una società pubblica, probabilmente aperta anche a imprese del settore idrico, che porti a una nuova gestione industriale del ciclo idrico nel Mezzogiorno, con l’obiettivo di superare le piccole gestioni e la forte penalizzazione – in termini di investimenti, tariffe e servizio idrico – che oggi scontano molte aree del Mezzogiorno e i loro cittadini.

Ritorna il tema dell’acqua pubblica – rilanciato più volte nelle settimane scorse dal leader dei Cinque Stelle Luigi Di Maio – ma con alcuni sostanziali correttivi rispetto al copione di inizio legislatura. I protagonisti della vicenda parlamentare – a partire dalle due deputate più impegnate nella partita, la pentastellata Federica Daga e la democratica Chiara Braga – confermano la volontà di superare l’impasse in commissione Ambiente della Camera, anche scrivendo un nuovo testo che dovrebbe sancire la convergenza delle due forze politiche, dopo anni di contrapposizione su un tema su cui, in fondo, entrambe scommettono da tempo. Al tempo stesso, sia Daga che Braga sostengono che il lavoro è solo all’inizio e non è ancora possibile dire quali siano le convergenze che concretamente potranno maturare.

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Grande prudenza, quindi, anche perché il clima dentro la maggioranza non è dei migliori. Bisognerà probabilmente attendere gennaio, dopo l’approvazione della legge di bilancio, per vedere qualche risultato concreto alla luce del sole (sempre che il governo sia ancora in piedi).

Il problema dei costi
Un sostanziale passo avanti c’è già, comunque, considerando che il conflitto Lega-M5S e la questione dei costi della originaria proposta Daga avevano paralizzato il lavoro della commissione Ambiente della Camera. Sui costi, in particolare, non è mai arrivata dal Governo (e in particolare dalla Ragioneria generale dello Stato) la relazione con le stime di impatto della proposta di legge sui conti pubblici. Una richiesta avanzata dalla commissione il 27 febbraio di quest’anno, cui il governo non ha mai voluto rispondere. Fatto inusuale che conferma una criticità sul fronte della finanza pubblica.

E proprio sui costi di una proposta che superava le concessioni attuali per passare a gestioni affidate in house ad aziende pubbliche locali speciali (retrocedendo quindi addirittura dalla forma giuridica della spa) le polemiche erano state molto forti, con quella stima di 15-20 miliardi di costi complessivi sostanzialmente condivisa da due istituti di ricerca (Ref e Oxera) e da Utilitalia, l’associazione dei gestori idrici (si veda Il Sole 24 Ore del 27 novembre).

Daga contesta duramente queste stime di costo sulla sua proposta originaria e introduce però alcuni elementi di novità, parlando anzitutto di «gradualità», di attenzione e «ascolto» al settore e alle imprese, di volontà di favorire l’occupazione.

Una nuova partenza
Tutti elementi che confermano che si è messo in moto un percorso nuovo. Anche sulla regolazione affidata all’Autorità indipendente (Arera), i Cinque stelle sembrano pronti a un aggiustamento, abbandonando l’idea – anche questa contestatissima dal settore – di un ritorno alla regolazione ministeriale. Non mancano, ovviamente, pur nella novità, i temi classici M5S, ribaditi a più riprese da Daga e confermati anche come paletti della nuova proposta: la volontà di favorire gli interessi pubblici e gli utenti, di tagliare le bollette, di distinguere le buone imprese dagli approfittatori.

Ma il perno di un possibile accordo di maggioranza sull’acqua sarebbe la volontà condivisa di voltare pagina al Sud, introducendo un progetto «pubblico» di intervento che però sarebbe apprezzato anche dalla stessa Autorità e dalla vasta gamma di gestori industriali, dalle Spa miste alle quotate ai privati (pochi).

La Spa pubblica (o mista) dovrebbe accelerare gli investimenti in corso (per esempio quelli volti a superare le centinaia di procedure aperte dalla Ue per la mancanza di una adeguata rete fognaria e di depurazione), ridurre gli ostacoli burocratici, favorire e finanziare (almeno parzialmente) nuovi investimenti sulla rete idrica e sulla gestione (anche finanziati dallo Stato e dall’Unione europea, oltre che dalla tariffa), favorire intese nel rapporto Stato-Regioni (oggi caratterizzato più da gelosie, inefficienze e vere e proprie guerre), accorpare le gestioni ultraframmentate in pochi Ato, adeguare tecnologie e know how al servizio delle reti, favorire insomma un servizio industriale. In una parola, superare il water service divide, il fatto che milioni di cittadini del Sud non hanno ancora un servizio idrico degno di un Paese civile. La Spa mista viaggerebbe in parallelo con la creazione di alcuni Ato (forse di scala regionale) per superare la frammentazione delle attuali gestioni. Possibile anche una holding che favorisca una articolazione societaria sul territorio e accordi fra lo Stato e le singole Regioni.

Per approfondire:
Dall'acqua pubblica ai negozi chiusi la domenica, l'offensiva parlamentare M5S

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