Acqua, più investimenti ma il conto della siccità è salato
Dal Blue Book di Fondazione Utilitatis emerge un miglioramento del settore idrico italiano a partire dalla qualità del servizio. Tuttavia pesano sempre più i cambiamenti climatici
di Cheo Condina
I punti chiave
4' di lettura
Crescono gli investimenti (+70% in 10 anni) con proiezioni positive anche per quest'anno, sebbene restino ancora lontani dalla media europea. Migliora la qualità del servizio, che evidenzia una riduzione delle perdite di rete dal 44% al 41%. Iniziano a sentirsi in maniera importante gli effetti dei cambiamenti climatici: nell'ultimo trentennio la disponibilità di risorsa idrica rinnovabile naturale, una buona proxy dell'acqua a disposizione degli impianti idroelettrici, è calata in media del 20%. Sono queste, in estrema sintesi, le principali risultanze del Blue Book 2023 promosso da Utilitalia, a cura della Fondazione Utilitatis e in collaborazione con The European House-Ambrosetti, Istat, Ispra, Cassa Depositi e Prestiti, il Dipartimento della Protezione Civile e le Autorità di Bacino. Il corposo studio, di fatto una monografia completa dei dati del Servizio idrico integrato, viene diffuso alla vigilia della Giornata Mondiale dell'Acqua e la crisi idrica che ne emerge – secondo gli autori - impone la realizzazione di infrastrutture moderne per garantire la tutela della risorsa. Al proposito Utilitalia, la Federazione delle aziende italiane di servizi pubblici sottolinea la disponibilità delle imprese del settore dell'acqua a investire 10 miliardi di euro nei prossimi anni, di cui 5 miliardi entro il 2024.
Crescono gli investimenti, ma l'Europa è lontana
Crescono, dunque, gli investimenti. E già questa è una buona notizia. Con l'avvio della regolazione Arera nel 2012, dopo anni di instabilità hanno registrato un incremento costante: per il 2021 si stima un valore pro capite di 56 euro, un dato in aumento del 17% rispetto al 2019 (49 euro per abitante) e di circa il 70% rispetto al 2012 (33 euro per abitante). Per il biennio 2022-2023 si stimano 63 euro per abitante: una conferma, dunque, del trend positivo. Numeri in crescita, ma ancora lontani dalla media europea relativa ai dati degli ultimi cinque anni disponibili, che è pari a 82 euro per abitante. Restano peraltro ancora grandi differenze tra le diverse aree del Paese. La stima degli investimenti realizzati dai gestori industriali nel 2021 per il Centro Italia è pari a 75 euro l'anno per abitante, seguito dal Nord-Est (56 euro) e dal Nord-Ovest (53 euro). Decisamente più bassa la stima per il Sud, pari a 32 euro l'anno per abitante. Ancora bassissimi i dati relativi alle gestioni “in economia”, dove gli enti locali si occupano direttamente del servizio idrico: qui gli investimenti medi annui si attestano a 8 euro. Dei 1.519 Comuni in cui la gestione di almeno uno dei servizi è “in economia”, il 79% si trova al Sud per una popolazione interessata pari a circa 7,7 milioni di persone.
La qualità del servizio e il gap Nord-Sud
Cartina al tornasole dell'aumento degli investimenti è il miglioramento negli ultimi anni della qualità del servizio idrico, come dimostrano i dati sulle perdite di rete (da circa il 44% del 2016 al 41% del 2021) o sulla frequenza degli sversamenti/allagamenti in fognatura (dai 12 eventi l'anno ogni 100 km di rete del 2016 ai 5 del 2021). Anche qui, però, balza all'occhio la forbice tra Nord e Sud: un esempio è il numero di interruzioni del servizio, che nel Meridione è di due ordini di grandezza superiore rispetto al Settentrione, o le perdite di rete, che nelle regioni del Sud si attestano a circa 47% contro il 31% del Nord-Ovest. “Risolvere le problematiche che affliggono il servizio idrico in diverse aree del Sud - evidenzia al proposito Stefano Pareglio, presidente della Fondazione Utilitatis - è una questione non più procrastinabile. Bisogna lavorare per elevare il livello degli investimenti e per ridurre il gap infrastrutturale, agendo rapidamente sulla governance favorendo la partecipazione di operatori industriali”.
L'impatto dei cambiamenti climatici
Infine, ma non meno importante, il tema dei cambiamenti climatici che evidentemente ha impatti sulla crisi idrica e ne aggrava le conseguenze. Il 2022 è stato l'anno più caldo e meno piovoso della storia italiana, con temperature che hanno raggiunto i +2,7 gradi rispetto alla media 1981-2010 e anomalie pluviometriche significative soprattutto nelle regioni centro-settentrionali. Queste variazioni si inseriscono nel contesto degli effetti dei cambiamenti climatici in corso: negli ultimi 70 anni, in Italia, si è osservato un aumento statisticamente significativo delle zone colpite da siccità estrema e, negli ultimi 9 anni, la temperatura nelle principali città italiane è aumentata di 1,3 gradi. Variazioni meteo-climatiche che hanno un'influenza significativa sul ciclo idrologico: la stima di disponibilità idrica media per l'ultimo trentennio (circa 133 miliardi di metri cubi) mostra una riduzione del 20% rispetto al periodo 1921-1950 (166 miliardi). Ciò senza tenere conto degli ultimi due anni, che hanno mostrato un ulteriore e significativo calo delle risorse idriche a disposizione per la produzione idroelettrica, considerato uno dei pilastri “rinnovabili” per la produzione di elettricità in Italia, a maggior ragione in un periodo delicato come l'attuale, in cui si impone la diversificazione e la sicurezza delle fonti di approvvigionamento. Al proposito, secondo i dati preliminari di Terna, nei primi due mesi dell'anno la generazione di elettricità dall'acqua ha fatto segnare un drammatico -51,1%. Il mese di febbraio ha visto un calo vicino al 60%. Se continueremo di questo passo, alla fine dell'anno mancheranno all'appello, rispetto al 2022, qualcosa come 8.214 GWh, poco meno dell'elettricità che consuma in un anno la Sardegna.
Le otto proposte di Utilitalia per il settore
Le risultanze del Blue Book avvalorano le otto proposte concrete lanciate nei giorni scorsi da Utilitalia per favorire l'adattamento infrastrutturale delle reti idriche al cambiamento climatico. Tra quelle di breve periodo (entro 3 mesi) figurano: favorire il riuso efficiente, contrastare il cuneo salino, diversificare la strategia di approvvigionamento e sostenere la presenza di gestioni industriali; tra quelle di medio periodo (entro 6 mesi) il rafforzamento della governance dei distretti idrografici e la semplificazione per la realizzazione degli investimenti, mentre tra quelle di lungo periodo (oltre 6 mesi) la promozione dell'uso efficiente dell'acqua e la realizzazione di opere infrastrutturali strategiche. “Gli effetti dei cambiamenti climatici sulla disponibilità della risorsa idrica – ha osservato al proposito il presidente di Utilitalia, Filippo Brandolini – sono sempre più evidenti e danno luogo ad eventi che non si possono più considerare eccezionali. Bisogna affrontarli con interventi che favoriscano la resilienza delle reti e dei sistemi acquedottistici all'interno di un approccio globale che consideri tutti i diversi utilizzi dell'acqua nel nostro Paese, garantendo la priorità all'uso civile. Al contempo, dai dati del Blue Book emerge chiaramente la necessità di interventi urgenti sul fronte della governance, in mancanza dei quali sarà impossibile portare il livello degli investimenti vicino alla media europea e colmare il water service divide tra le diverse aree italiane”.
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