Acque minerali, il caldo spinge i consumi: giro d’affari oltre i 16 miliardi
Il comparto conta ben 230 marche di acque confezionate e 130 unità imbottigliatrici (plastica 81% e vetro 16%)
di Maria Teresa Manuelli
2' di lettura
Non si spegne la sete degli italiani per l'acqua in bottiglia. Secondo le stime Acquitalia di Beverfood.com su dati aziendali, associativi e istituti di ricerca, infatti, il 2022 ha visto una ulteriore progressione dei volumi e dei valori del mercato delle acque minerali nel nostro Paese, i cui consumi si sono portati al livello record di 14,9 miliardi di litri con un valore pro capite pari a 248 litri annui. «Un dato che, sommato alle esportazioni, porta la produzione totale a 16,5 miliardi di litri per un giro d’affari totale dei produttori di 3,1 miliardi di euro – commenta Ettore Fortuna, vicepresidente di Mineracqua –Il balzo dello scorso anno è dovuto al caldo eccezionale e a un’estate che si è prolungata fino a ottobre».
Il comparto annovera ben 230 marche di acque confezionate e 130 unità imbottigliatrici. I primi otto gruppi veicolano il 69% del mercato. Su queste cifre, le acque minerali in bottiglia (plastica 81% e vetro 16%) coprono il 97% del mercato. Le altre categorie di acque confezionate (boccioni, brik, lattine e metallici) rappresentano solo il 3% del totale e coprono alcuni piccoli segmenti di consumo.
I canali della distribuzione moderna (iper, super, libero servizio, discount) rappresentano la parte prevalente (75%) del mercato delle acque minerali e lo scorso anno hanno raggiunto gli 11,2 miliardi di litri (+6,9% sul 2021). A valore l’incremento è stato molto più consistente (+16,7%) portandosi a circa 2,5 miliardi di euro, dovuto all’aumento dei prezzi per recuperare i rincari di energie, confezionamento e logistica. «In particolare è aumentata la quota del discount, canale che ha meglio performato con un incremento dei volumi di vendite del 9%», osserva Fortuna.
Il resto è assorbito da dettaglio tradizionale e door to door (9%) e horeca (16%), quest’ultima in ripresa dopo la contrazione portata dalla pandemia. La categoria delle acque piatte (lisce, non gasate, ovvero “naturali”) è quella più consumata con una quota del 69% del totale (più alta nei consumi domestici,), seguita dalla acque gassate (17%) ed effervescenti naturali (14%). «Le acque frizzanti tendono a essere preferite maggiormente nell’ambito della ristorazione per la loro più elevata capacità digestiva» conclude Fortuna.
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