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Acquisto e-commerce incauto? Ecco come riavere i soldi dalla banca

Possiamo avere il rimborso dalla banca per addebiti su carta di credito anche in caso di acquisti incauti di prodotti che si sono rivelati in seguito non funzionanti, contraffatti

di Alessandro Longo

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4' di lettura

Possiamo avere il rimborso dalla banca per addebiti su carta di credito anche in caso di acquisti incauti di prodotti che si sono rivelati in seguito non funzionanti, contraffatti.
È un caso meno noto al grande pubblico rispetto al rimborso – ormai pacifico – che possiamo avere se ci rubano la carta di credito e la usano per acquisti online.
Ma è anche una via che il consumatore può percorrere in prima battuta gratis, anche se più difficoltosa rispetto a quella per il disconoscimento classico di addebiti fraudolenti (appunto quelle causati dal furto della carta).
Siamo in effetti riusciti a ottenere il rimborso dalla banca, dopo circa un mese di attesa dalla richiesta, per l'acquisto di un prodotto acquistato su un sito cinese. Si trattava di un Lego e all'apparenza il sito sembrava legittimo (GameYore); ma all'arrivo il prodotto si è rivelato non originale e le parti nemmeno si incastravano bene. Ed insomma impossibile montarlo: non solo il prodotto non era originale (pur presentandosi tale) ma anche era non funzionante, quindi. Un difetto di conformità, insomma, che il venditore si rifiutava di riconoscere. Affermava, nello scambio mail successivo all'acquisto, che una volta aperta la busta non era possibile fare un rimborso. Peccato che il non funzionamento era accertabile solo aprendola per provare a montare il Lego.

Cosa abbiamo fatto per riavere i soldi indietro

Premettiamo alcune regole di buon senso. Meglio pagare sempre con PayPal, che ha uno strumento ad hoc di gestione controversie. Tende a dare ragione all'utente, al limite chiedendogli di presentare denuncia all'autorità giudiziaria. I siti ingannevoli però non permettono di pagare con PayPal, appunto per evitare questa procedura. Se un sito chiede di pagare solo via bonifico è quasi di certo una truffa. Questa modalità rende quasi impossibile riavere i soldi indietro. Se il pagamento avviene con carta ci sono possibilità di rimborso, come visto, invece. Infine: prima di acquistare è sempre bene verificare su Google se ci sono recensioni negative, che indichino il rischio truffa. Purtroppo è un passaggio che non abbiamo compiuto nella fretta di comprare un prodotto non disponibile altrove e in rapido esaurimento. Questi siti giocano anche su tali componenti psicologiche.

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Se la frittata è fatta, che si può fare?

Dopo che è fallito il tentativo di rimborso, via mail, è il momento di contattare la banca. Bisogna trovare – via Google – il modulo giusto, che spesso è poco visibile. È quello che riguarda operazioni non corrette o dispute con venditori ed è diverso da quello per il disconoscimento addebiti non fatti.Ad esempio quello di Intesa è qui https://www.intesasanpaolo.com/content/dam/vetrina/documenti/disconoscimenti/Modulo_disconoscimento_carte_dispute_merchant_english.pdf, quello di Bnl qui https://bnl.it/rsc/SupportingFiles/Modulo-operazione-non-corretta.pdf.Bisogna compilare il modulo, allegare le foto del prodotto, lo screenshot delle mail con i nostri falliti tentativi di rimborso e magari altre prove di essere caduti in una truffa (come le esperienze di altri utenti, reperite su forum online).Alla fine potrebbe arrivare, come nel nostro caso, la risposta di avvenuto rimborso.La normativa a supporto“Le banche sono in effetti tenute a fornire questa procedura, alla luce della normativa PSD”, spiega Antonino Polimeni, avvocato specializzato in temi ecommerce e membro dell'associazione di categoria 4Com.

Attenzione: non sono tenute a erogare sempre il rimborso

“Bisogna dimostrare loro di avere ragione”, dice. Come abbiamo fatto noi in uno scambio via mail, dove la banca chiedeva altre foto a supporto della pratica.Se invece ci rubano la carta e la usano per fare acquisti, è sulla banca l'onere di provare che è stata colpa nostra, che siamo stati incauti. Se il sito dove abbiamo comprato non chiede la one time password, la banca deve rimborsare per legge, sempre. “Questo principio vale anche per gli acquisti che abbiamo fatto volontariamente, di prodotti che si sono rivelati poi non conformi”, spiega Polimeni. Beninteso: anche se abbiamo messo la one time password e poi il prodotto è difettoso – come nel nostro caso – possiamo avere diritto a un rimborso, ma non è automatico; dovremo appunto argomentare le nostre ragioni.L'assenza della doppia autenticazione (2FA, ossia richiesta di one time password) non dà diritto automatico al rimborso solo in tre casi secondo le norme: quando un ecommerce viene segnalato dal consumatore alla propria banca come “di fiducia”; per transazioni considerate “a basso rischio”; pagamenti inferiori a 30 euro con un massimo di spesa cumulativa di 100 euro o cinque transazioni consecutive dall’ultimo pagamento verificato con 2FA; pagamenti ricorrenti come gli abbonamenti con valore fisso.In ogni caso di pagamento, il rimborso si può avere se “il venditore ha posto in essere un inadempimento contrattuale (merce non conforme a quella oggetto dell’ordine o contraffatta, mancata consegna della merce, improvvisa insolvenza o fallimento del venditore)”, come nel nostro caso. Bisogno però chiedere rimborso entro 13 mesi dall'addebito.

Attenzione infine a due casistiche sfavorevoli al consumatore

Se il pagamento è avvenuto attraverso una carta di credito ricaricabile, solitamente a carico del titolare della carta vi è una franchigia (occorre analizzare il contratto con la propria banca).In caso di esito positivo della procedura di chargeback all’utente verrà quindi rimborsata la differenza tra il prezzo pagato e la franchigia.L’importo massimo della franchigia a carico del titolare di una carta di credito ricaricabile in caso di addebiti non autorizzati è stato ridotto da 150 a 50 euro (decreto legislativo n. 218/2017).Dal rimborso sono esclusi inoltre pagamenti con carta di debito (bancomat). Paghiamo quindi con carta, se PayPal non è disponibile. Ma prima meglio verificare la reputazione del commerciante. Prevenire è meglio che curare.

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