Addio a Abraham Jehoshua, scrittore della pace con i palestinesi
Aveva 85 anni. “Il signor Mani” è il suo capolavoro
di Stefano Biolchini e Alberto Fraccacreta
2' di lettura
Il grande scrittore israeliano Abraham Yehoshua è morto questa mattina a Tel Aviv, all'età di ottantacinque anni. Già da molto tempo era tormentato da un tumore che aveva reso impossibili i consueti viaggi all'estero. Il suo ultimo romanzo, “La figlia unica” (traduzione di Alessandra Shomroni, Einaudi, pagg. 168, euro 18), era ambientato in Italia e narrava la storia di Rachele, divisa tra origini ebraiche e identità cattolica. Stava scrivendo il sequel della «novella» – come amava definirla – con il viaggio definitivo della ragazza in Israele.
Nato a Gerusalemme nel '36, Yehoshua è stato assieme ad Amos Oz (scomparso nel 2018) e David Grossman il maggiore interprete della letteratura ebraica contemporanea. Professore di teatro e letterature comparate ad Harvard, Princeton e infine ad Haifa, esordisce nel '77 con un romanzo divenuto presto di culto: “L'amante”, probabilmente l'opera di nota di Yehoshua, costruita come una profonda allegoria veterotestamentaria. Sullo sfondo della guerra di Yom Kippur, dietro alle polifoniche vicende di una famiglia di Haifa si cela l'indagine sulla verità di sé stessi, la scoperta dell'alterità (effigiata dal mondo palestinese) e il tormentato incontro di Dio con il suo popolo.
La fragilità delle relazioni
Da “Un divorzio tardivo” (1982) a “Il signor Mani”(1990), da “Il responsabile delle risorse umane” (2004) a “Fuoco amico” (2007), l'autore gerosolimitano mette al centro della sua scrittura, sempre esatta e partecipe, la fragilità delle relazioni, le insidie dell'amore sponsale, gli intrecci parentali ma anche l'irruzione della Storia nella vita ordinaria, il complesso equilibrio tra popoli che convivono in un'unica terra lacerata. Proveniente da una famiglia sefardita, convinto sionista e promotore della cosiddetta soluzione dei due Stati, “Bulli” (come lo chiamavano gli amici) è stato sposato con l'amatissima Rivka, psicanalista, morta nel 2016, da cui ha avuto tre figli.
Molti considerano “Il signor Mani” il vero capolavoro di Yehoshua: è la saga dei diversi «signor Mani» – dal patriarca Abraham vissuto nell'Atene dell'Ottocento al giovane soldato Efraim di stanza in Libano – snocciolata in cinque dialoghi che raccontano l'ossessione della pace, il mistero della diversità e gli insondabili legami tra passato e futuro. Animato da strategie narrative differenti, lo stile di Yehoshua è sinuoso e vibratile, percorso da una densità psicologica che ha reso proverbiali le sue analisi sull'anima ebraica e sulla capacità di entrare in contatto con mondi lontani. Due sono gli aspetti memorabili della scrittura di Bulli: la completa uscita da sé per comprendere il punto di vista dell'altro (l'exotopia bachtiniana, insomma) e il metodo biblico di porre in una sola storia significati multipli, letterali e simbolici al contempo. Impossibile non ricordare anche la profonda umanità dello scrittore: curioso, appassionato, disponibile, attento alle richieste dei suoi lettori e innamoratissimo dell'Italia. Mancherà ai lettori italiani, che lo hanno amato particolarmente, e a quanto credono e hanno sempre creduto nella pace con i palestinesi. Ora il ramoscello d’ulivo resta all’altro testimone di sempre, lo scrittore sessantottenne David Grossman, anche lui da sempre attivo per una soluzione pacifica dell’annoso conflitto.
I funerali si svolgeranno nel pomeriggio in un cimitero laico a sud di Haifa. Yehoshua lascia tre figli e sette nipoti.
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