Addio a Decleva, storico e rettore con il senso delle istituzioni
Colto, profondo, garbato e ironico: così ricorderemo lo storico Enrico Decleva, scomparso giovedì a Milano, dove era nato nel 1941.
di Salvatore Carrubba
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Colto, profondo, garbato e ironico: così ricorderemo lo storico Enrico Decleva, scomparso giovedì a Milano, dove era nato nel 1941.
Alla disciplina, all’università e a Milano Decleva aveva dato molto, coi propri studi e i ruoli istituzionali svolti sempre con intelligenza, fermezza e senso delle istituzioni: dell’Università degli Studi di Milano era stato Rettore, dal 2001 al 2012; tra il 2008 e il 2011, era stato anche presidente della Crui.
Non erano anni facili (ammesso che ce ne siano): l’università italiana doveva adattarsi alla riforma Gelmini (la ministra della quale lo stesso Decleva era stato consulente), che in particolare ridefiniva ruolo e poteri dei rettori; a Milano, poi, nascevano in quegli anni nuovi atenei, quali la Bicocca (una gemmazione della Statale) e il San Raffaele, modificando radicalmente il quadro competitivo delle università ambrosiane.
Decleva rispose a queste sollecitazioni sfoderando proverbiali e riconosciute capacità di mediazione, aprendo all’Europa l’Ateneo di cui era a capo, e rafforzandone la presenza nel territorio (coi poli di Lodi e Sesto San Giovanni). Senza trascurare di difendere con fermezza il ruolo e il futuro degli atenei: denunciando i tagli che i governi dell’epoca avevano apportato al settore dell’università; e rivendicando, soprattutto quando erano state avanzate proposte di riforma dell’assetto istituzionale delle università pubbliche, due princìpi irrinunciabili, quali la tutela della libertà della ricerca, e il presidio pubblico nell’ambito della formazione universitaria.
Come prorettore (di Paolo Mantegazza) e come Rettore, Decleva aveva assicurato un contributo autorevole alla progettazione e al lancio del Collegio delle università milanesi, di cui chi scrive oggi è presidente, un esperimento coraggioso e innovatore di collaborazione tra pubblico e privati nell’ambito della formazione. Successivamente, era stato nominato presidente della Fondazione Balzan-Premio.
Ma per Decleva la passione della vita restò la storia, coltivata soprattutto negli studi sulla politica italiana tra l’800 e il 900; sull’editoria; e sugli sviluppi dei filoni di pensiero riconducibili alla democrazia laica. Milano aveva fornito ampia materia per le sue riflessioni, sempre orientate a sottolineare il ruolo autopropulsivo che in essa aveva svolto una borghesia operosa, capace di esercitare per lungo periodo un’autentica (ma non assoluta) «egemonia».
Questa si manifestava nella capacità di dare vita «a un progetto comune, impegnandovisi e fornendogli i sostegni fondamentali per una non effimera affermazione», nel solco di una coraggiosa apertura al progresso che aveva caratterizzato la Milano moderna e che aveva trovato espressione, a partire dall’Unità, nella capacità non solo di aprire fabbriche ma di costruire un equilibrio democratico tra le varie classi sociali.
E Milano non poteva non tornare nei suoi studi sull’editoria: fondamentali restano le biografie dedicate ad Arnoldo Mondadori e Ulrico Hoepli. Non casuali anche i richiami nei suoi studi al “Sole”, a ”24 Ore” e a “Mondo Economico”, le testate confluite nel tempo nel gruppo editoriale che pubblica e mette in Rete questo giornale. Del primo, per esempio, sottolineò la linea moderatrice assunta nella fase di più aspro conflitto tra moderati e radicali sul finire dell’Ottocento; del secondo, il rinnovamento della cultura economica favorito, in particolare, con l’introduzione in Italia, ad opera di Ferdinando di Fenizio, del pensiero di Keynes; del terzo, «il ruolo tutt’altro che marginale ai fini della formazione d’una più moderna cultura d’impresa».
Al fondo delle sue considerazioni si può individuare un cruccio: che gli impeti diffusi di modernizzazione non riuscissero a proiettarsi in forme mature di democrazia, basate sull’apporto delle forze di democrazia laica e socialista.
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