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Addio a Enzo Garinei, gigante della commedia musicale italiana

L'attore, che aveva esordito con il grande Totò nel 1949, si è spento a 96 anni. Fratello di Pietro che con Giovannini aveva dato vita alla celebre “ditta”

di Marco Onnembo

(ANSA)

2' di lettura

La scomparsa di Enzo Garinei ieri a Roma rappresenta la fine di un'epoca. Quella della commedia musicale italiana di cui suo fratello Pietro, in accoppiata con Giovannini, è stato uno dei grandi artefici.

Dopo aver iniziato in varietà carnevaleschi al teatro Valle di Roma, esordì al cinema nel 1949 con il principe Antonio de Curtis, il grande Totò, nella pellicola “Totò Le Mokò” e non si è più fermato. Ha recitato in oltre 70 film e partecipato a decine di rappresentazioni teatrali tra cui spiccano “Alleluja brava gente” e “Aggiungi un posto a tavola”.

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Caratterista e doppiatore

Vincenzo Garinei, Enzo, da sempre per tutti, è stato uno dei più grandi caratteristi del cinema e del teatro italiani. È stato per decenni la “spalla” per eccellenza, quello che valorizza chi gli è affianco con la discrezione e sobrietà dei grandi artisti e dei grandi uomini. Ha dato la voce – come doppiatore - a Stan Laurel e a “Spugna” di Peter Pan, oltre che all'attore Sherman Hemsley, protagonista della popolare serie televisiva “I Jefferson”.

E non sono mancate le partecipazioni (e i successi) del periodo d'oro della commedia all'italiana come “Arrivano i nostri”, “Il vedovo allegro” e in molte altre pellicole dell'Italia “povera, ma bella” che avevano per protagonisti Alberto Sordi, Renato Rascel, Franca Valeri. Così come non ha disdegnato le parti “serie”, come quelle avute nel film “Delfini” di Citto Maselli e “Oh, Serafina” di Lattuada.

Anche in televisione

Negli anni Duemila ha vissuto una sorta di seconda giovinezza partecipando a diversi episodi della fortunata serie “Don Matteo” o in “Io e la mamma”, che vide l'esordio come attore di Gerry Scotti affiancato da una grandissima Delia Scala.

I musical

Nel musical, però, è riuscito ad esprimere fino in fondo tutto il suo talento. Dagli anni cinquanta con Riva e Billi nella “Bisarca” o nelle riviste – come “Gran Baraonda” – con Wanda Osiris e poi ancora nelle performance con Renato Rascel (“Tobia la candida spia”), con Pagnani e Calindri (“La padrona di Raggio di Luna”) fino agli irresistibili “Alleluja, brava gente” e, soprattutto, “Accendiamo la lampada”, con la coppia Johnny Dorelli e Gloria Guida in un clima da mille e una notte.

Non sono mancate neanche le partecipazioni alla prosa brillante, con Gino Bramieri, Sandra Mondaini e Marisa Merlini o Paolo Ferrari che ne hanno consacrato l'estro anche su registri apparentemente lontani dai suoi. E, forse, la sua autobiografia “1926: io c'ero” è l'opera che lo racconta meglio: una lunga storia di amore con il suo pubblico.

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