Addio a Gianni Toniolo: grande storico dell’economia, attento alla società e ai suoi squilibri
Ci lascia un’eredità intellettuale ricchissima, ma questo non attenua il dolore per la sua dipartita
di Marco Onado
3' di lettura
Gianni Toniolo non era solo un grande storico, uno dei più apprezzati in sede internazionale, ma era anche un uomo di rara sensibilità e cortesia. È per questo che gli volevamo tutti bene e che oggi ci sentiamo smarriti perché sentiamo di aver perso un riferimento importante della nostra vita, non solo professionale.
La sua formazione di storico era rigorosa e si era subito rivolta ai fatti economici, perché egli era interessato soprattutto alla società, alle istituzioni che la formano, ai problemi sociali che la caratterizzano. Nelle sue ricerche, anche quelle dedicate a temi apparentemente minuti, ci offriva sempre una visione a tutto tondo di un'istituzione, di una vicenda. Una capacità che hanno solo i grandi storici e che fu la grande lezione della scuola delle Annales, che ha prodotto anche in Italia studi tanto importanti nei risultati, quanto originali nel metodo.
La sua esperienza professionale si è molto intrecciata con la Banca d'Italia, fin dall'amicizia giovanile con Pierluigi Ciocca, poi consolidata per l'attenzione che la nostra banca centrale ha dato alla ricostruzione della storia dell'Italia e dell'istituzione. Prima con la monumentale opera uscita in occasione del centenario e ora con i volumi dedicati specificamente alla Banca d'Italia, di cui Toniolo aveva da poco portato a termine il primo, dedicato agli anni dal 1893 al 1943. E' molto più della storia di un'istituzione: è un affascinante affresco della società e della politica italiana in un mezzo secolo in cui l'Italia è diventata una potenza industriale, ha combattuto una guerra sanguinosa e subìto una dittatura che l'ha portata a una nuova guerra.
Il fascino del libro è quello di usare il punto di vista della banca centrale (per gran parte del tempo dominata dalla figura carismatica di Bonaldo Stringher) per analizzare la società di allora e i suoi principali attori. Ne è nato un lavoro straordinario perché proprio per l'ampiezza dell'analisi si pone fra le opere indispensabili per capire non solo cosa sono le banche centrali e come sono nate, non solo per collocare l'evoluzione della Banca d'Italia nel solco dell'evoluzione delle teorie del central banking, ma addirittura per capire la storia d'Italia di quel cinquantennio e i problemi della sua società e della sua politica.
Il fatto è che Toniolo ha sempre dedicato una grande attenzione alla società e agli squilibri e ineguaglianze che negli ultimi decenni vanno accentuandosi. Non a caso, aveva studiato a fondo il rapporto Beveridge, una delle pietre miliari dello stato sociale moderno, scritto quando ancora la Gran Bretagna era in guerra, che ha segnato le riforme non solo in quel paese, ma in tutta Europa, Italia compresa.
Il problema, egli osservava, non è quantitativo (cioè di dimensione della spesa sociale, che è ormai acquisita) ma qualitativo: ci sono segmenti di società iperprotetta e segmenti non adeguatamente tutelati, in particolare i giovani. E, avendo trascorso la sua vita fra i ragazzi delle università di mezzo mondo, non poteva non sentire con angoscia questo dramma e chiedere con insistenza, anche recentemente a proposito dell'utilizzo dei fondi del PNRR, di intervenire finalmente e in modo deciso, a favore delle nuove generazioni.
Ci lascia un'eredità intellettuale ricchissima, ma questo non attenua il dolore per la sua dipartita. Addio, Gianni. Grazie per tutto quello che ci hai dato.
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