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Addio mia bella Napoli: Garcia a un passo dall’esonero

Tutto gira perchè questo campionato, definitivamente svanito il grande sogno del Napoli, diventi un lungo testa a testa tra Inter e Juve

di Dario Ceccarelli

Serie A, l'Inter torna in testa

5' di lettura

Mettiamoci il cuore in pace. Tutto gira perchè questo campionato, definitivamente svanito il grande sogno del Napoli, diventi un lungo testa a testa tra Inter e Juve, un derby d’Italia allungato all’infinito che avrà come primo importante snodo la prossima sfida del 26 novembre tra le due storiche rivali dopo la sosta per la nazionale.

Prima di santificare le due predestinate, bisogna però capire che cosa sia successo a Napoli e Milan.

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Le hanno fatto una fattura? Le hanno pagate per cacciarsi nei guai? Perché due squadre che l’anno scorso, soprattutto il Napoli, hanno brillato, quest’anno vanno avanti col passo del gambero con degli alti e bassi (più bassi che alti) da far paura?

La caduta in casa del Napoli con l’Empoli, arrivata al 91’ per opera opera di Kovalenko, è una specie di dramma shakespeariano consumato davanti a un pubblico sempre più disamorato che fin dal primo minuto sotto la pioggia fischia quello che ritiene il colpevole primo di un’agonia annunciata: Rudy Garcia.

Un colpevole perfetto con quell’accento un po’ così, da francese snob che si diverte a scombinare gli ingranaggi di quella che era una perfetta macchina da scudetto. Anche ieri, inspiegabilmente, Garcia è partito senza Kvaratskehlia, l’unico che nella ripresa, poco prima della mazzata finale, era quasi riuscito a battere il portiere dell’Empoli, poi miracolosamente salvatosi con la punta del piede.

L’Inter torna in vetta, Napoli ko e Garcia verso l’esonero

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Nuovo allenatore. In corsa Tudor e Cannavaro

Un inferno, quello napoletano, con De Laurentiis piombato nello spogliatoio all’intervallo per rampognare la frastornata truppa partenopea. Naturalmente non è servito a nulla, se non a delegittimare ulteriormente il tecnico, cosa di cui non ci sarebbe bisogno visto che il francese ci riesce benissimo da solo.

Dopo un vertice societario ora si dà per certo che, mercoledì prossimo, alla ripresa degli allenamenti, ci sarà un nuovo allenatore. E che il tenebroso Garcia tornerà in Francia come dall’inizio del campionato gli augurano i tifosi (“Abbiamo un sogno nel cuore, Rudy torna a Lione”).

Chi lo sostituirà? Piovono i soliti nomi buttati lì come caramelle per placare l’ira popolare. Non può mancare Antonio Conte, sempre gettonatissimo appena una panchina traballa, ma più costoso perfino di Roberto Mancini. Poi Fabio Cannavaro, eroe del Mondiale di Berlino, disoccupato di lusso, ansioso di rimettersi in pista all’ombra del Vesuvio. Dopo, il livello scende: dal croato Igor Tudor a un improbabile Walter Mazzarri, da tempo fuori dal giro delle panchine che contano.

Chissà come se la ride Luciano Spalletti, costretto all’esilio prima di approdare in quell’altro vespaio che è la nazionale. Ne ha tutte le ragioni, visto come lo ha ringraziato De Laurentiis, che adesso nel suo irrefrenabile protagonismo vuole fare anche l’allenatore e il direttore sportivo. Forse può farlo in un film, ma il calcio è uno spettacolo molto diverso. Non si improvvisa. Come non si può mandar via in un colpo solo, oltre all’allenatore che ha riportato lo scudetto a Napoli, un dirigente come Cristiano Giuntoli, collaudato ufficiale di collegamento con la squadra. Adesso la frittata è fatta. Lanciare proclami alla Badoglio serve poco. Venirne fuori non sarà facile. Pur avendo ancora il Napoli dei giocatori straordinari.

Il Diavolo da Sigmund Freud

Anche il Milan, a quanto pare, si diverte a facilitare la corsa di Inter e Juve. Una volta era l’Inter la squadra da psicanalizzare. Adesso è questo povero Diavolo col forcone spuntato che deve accomodarsi sul lettino di Freud. Non si capisce cosa gli passi per la testa. Dopo la smacco casalingo con l’Udinese, s’inventa una partita straordinaria col Paris Saint Germain, imbrigliando dei fenomeni come Mbappè . Un trionfo che avrebbe dovuto chiudere lo psiscodramma. Invece tre giorni dopo col Lecce. siamo daccapo. Dal 2-0 del primo tempo, al 2-2 che poteva diventare un 3-2 se l’arbitro Abisso (un nome, un destino) non avesse cancellato insieme al Var il bellissimo gol di Piccolo al 96’. Un comportamento folle, quello del Milan. Un ottimo primo tempo, nonostante il ko di Leao, e poi una ripresa dove succede di tutto con Giroud coi nervi a fior di pelle che si fa espellere.

Quello del Diavolo è un vizio: fa le pentole e non i coperchi. Va in vantaggio e poi si fa riprendere come era già capitato a Napoli. E gli incidenti? Non sono troppi 24 infortuni dall’inizio della stagione? Anche le scelte di Pioli, bravissimo col Psg, lasciano perplessi. Ora è di nuovo sulla graticola con l’ombra di Santo Ibrahimovic che lo minaccia. Non si capisce a quale titolo, visto che Ibra non è né un allenatore né un dirigente. Ma ormai, come la politica, anche il calcio vive di annunci e quindi ben venga il carisma taumaturgico dello svedese. Che detto per inciso, a Milano, ha trovato il paese del Bengodi.

L’Inter torna in vetta

Serata smart per i nerazzurri che nel posticipo liquidano (2-0) un Frosinone combattivo con una straordinaria prodezza balistica di Dimarco e un discutibile rigore di Calhanoglu conquistato da Thuram in uno dei suoi blitz offensivi. Un successo che permette all’Inter di portarsi a +2 rispetto ai bianconeri, che incontreranno tra due settimane dopo la pausa azzurra. E’ un momento magico per l’Inter, con la miglior difesa e il miglior attacco del torneo, dove tutto le riesce facile come la fiondata da 57 metri messa a segno da Dimarco, un gol d’antologia che ricorda altri virtuosismi d’autore realizzati da Maradona e da Recoba. Un gol, quello del terzino nerazzurro, che ha sparigliato una partita giocata a viso aperto dal Frosinone.

Gli strani miracoli di Allegri

Della Juve ormai abbiamo detto tutto. Visto che i suoi attaccanti non riescono più a segnare, Allegri riesce nel miracolo di far diventare goleador i suoi difensori centrali. Un gol di Breme e un altro di Rugani, su palle inattive e oplà, il Cagliari è sistemato.

I bianconeri festeggiano così il quinto successo consecutivo pur avendo perso, dopo 615 minuti, l’imbattibilità di Szczesny. Fino a un mese fa Allegri era considero un paleolitico ancorato al calcio dell’Ottocento. Ora naturalmente è un genio che fa le nozze coi fichi secchi. Comunque, nel primo tempo, col Cagliari, non si è visto un tiro in porta. Certo che se l’attacco della Juve si svegliasse, sarebbero guai anche per l’Inter. Avere Chiesa e Vlahovic sempre a secco, è un fenomeno curioso che andrebbe studiato dai migliori luminari della scienza.

Lazio-Roma il derby della noia

Altro che fuochi d’artificio, altro che duello al veleno tra due santoni della panchina: la sfida dell’Olimpico, tanto strombazzata alla vigilia, alla fine assomiglia a documentario sulla vita dei procioni depressi. A parte un palo colpito da Luis Alberto e un gol di Politano annullato per fuorigioco, tutto il resto è noia, per dirla alla Califano. Uno sbiadito zero a zero che tutto sommato fa comodo sia a Sarri sia a Mourinho, più preoccupati di punzecchiarsi verbalmente che di provare davvero a vincere. Maestro di calcio l’uno, mago della comunicazione l’altro, messi insieme hanno raggiunto una meravigliosa sintesi: far dormire tutto l’Olimpico. Anche questa è comunque una impresa.

Ritorna la Nazionale: o la va o la spacca

Per Luciano Spalletti, svanita l’amara consolazione del rimpianto napoletano, arrivano due partite decisive (17 e 20 novembre) per il calcio azzurro. Una con la Macedonia, l’altra con l’Ucraina. Per non mancare da campioni in carica anche la partecipazione al prossimo Europeo, ci servono almeno quattro punti. Se non li facciamo si va ai play off con tutti i rischi del caso. Arrivano forza fresche, come Andrea Colpani, sei gol in 12 partite col Torino. La Macedonia evoca brutti ricordi, ma dopo aver perso due qualificazioni mondiali consecutive, altri treni non li possiamo più perdere.

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