Addio a Michel Piccoli, leggenda del cinema francese
Si è spento all'età di 94 anni Michel Piccoli, icona del cinema transalpino che ha lavorato con registi del calibro di Jean-Luc Godard, Marco Ferreri e Luis Buñuel
di Stefano biolchini e Andrea Chimento
3' di lettura
Era tra i volti preferiti dai più grandi registi d’oltralpe e non solo. Michel Piccoli è morto all'età di 94 anni . Il grande attore francese nella sua lunghissima carriera aveva lavorato con i maggiori cineasti internazionali, da Luis Bunuel fino a Claude Sautet, Marco Ferreri, Marco Bellocchio, Manoel de Oliveira e Nanni Moretti.
“Michel Piccoli si è spento il 12 maggio tra le braccia della moglie Ludivine e dei suoi giovani figli Inord e Missia, in seguito ad un incidente cerebrale”, si legge in una nota della famiglia trasmessa all'agenzia France Presse da Gilles Jacob, amico dell'attore nonché ex presidente del Festival di Cannes.
Non è semplice provare a riassumere la carriera di un gigante della recitazione come Michel Piccoli.
Non è semplice per il numero di ruoli che ha interpretato (oltre 200 apparizioni tra cinema e televisione), ma anche per la diversità dei personaggi di cui ha vestito i panni, grazie al suo incredibile eclettismo che l'ha portato a essere scelto da diversi tra i più grandi autori della storia del cinema.
Nato a Parigi nel 1925, Piccoli esordisce sul grande schermo vent'anni dopo, con un piccolo ruolo in «Silenziosa follia» di Christian-Jacque.
Sarà nel 1954, però, che viene diretto per la prima volta da un grande autore: Jean Renoir, che gli offre una parte in «French Cancan» del 1954.
Due anni dopo inizia la sua collaborazione con Luis Buñuel ne «La selva dei dannati»: il rapporto tra i due proseguirà in diverse pellicole, tra cui «Bella di giorno» e «Il fascino discreto della borghesia», due tra le opere più importanti del cineasta spagnolo, il cui cinema dai tagli grotteschi e surreali calzava a pennello per le prove d'attore di Piccoli.
Il successo di Piccoli raggiunge livelli internazionali e tantissimi suoi lavori sono di produzione italiana: tra le sue interpretazioni migliori svettano proprio quelle per due film diretti da un grande autore di casa nostra, come Marco Ferreri.
In «Dillinger è morto» del 1969 è lo straordinario protagonista di una delle opere più coraggiose del cinema di casa nostra dell'epoca, una pellicola in cui veste i panni di un uomo le cui azioni quotidiane lasciano presto spazio a derive estreme e grottesche. Quattro anni dopo sarà nell'indimenticabile gruppo de «La grande abbuffata», in cui – assieme a Mastroianni, Noiret e Tognazzi – forma uno dei quartetti più ricordati del cinema degli anni Settanta.
Col cinema italiano avrà a che fare anche recentemente, nei panni del Papa riluttante in «Habemus Papam» di Nanni Moretti del 2011, ma c'entra l'Italia anche in quello che rimane forse il suo ruolo più bello: ne «Il disprezzo» di Jean-Luc Godard (1963), tratto dall'omonimo romanzo di Alberto Moravia, in cui interpreta uno sceneggiatore che sta lavorando a un film sull'Odissea.
Con «Salto nel vuoto» del 1980, film di Marco Bellocchio, vinse a Cannes il premio come miglior attore.
Tra gli altri autori francesi più significativi con cui ha collaborato non si possono dimenticare Claude Sautet (celebre il suo lavoro ne «L'amante» del 1970), Claude Chabrol (ad esempio ne «L'amico di famiglia» del 1973) o Alain Resnais («La guerra è finita» del 1965). Da ricordare anche le sue apparizioni nei film di Leos Carax, tra cui «Holy Motors» del 2012.
Agnès Varda, invece, dopo averlo diretto in passato, lo vuole nel suo film dedicato al centenario della storia del cinema, «Cento e una notte» del 1995, in cui interpreta il protagonista, un personaggio di nome Simon Cinéma.
Grandi le sue performance anche in «Adieu Bonaparte» (1985) di Youssef Chahine o in «Giardini d'autunno» (2006) di Otar Iosseliani. Una menzione a parte, però, per le sue interpretazioni toccanti e dolorose nei film del maestro portoghese Manoel de Oliveira, che l'ha scelto più volte per le sue pellicole. Tra queste, indimenticabile la sua stupefacente performance in «Ritorno a casa» del 2001, in cui interpreta un attore teatrale che riflette sulla differenza tra la realtà e la finzione, il palcoscenico e la vita vera.
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