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Addio a Peter Brook, leggenda del teatro

Il regista e sceneggiatore è morto ieri a Parigi all’età di 97 anni

di Marco Onnembo

Peter Brook (Epa / Claudio Onorati)

2' di lettura

La scomparsa di Peter Brook è uno di quei rari casi in cui non si rischia di cadere nella retorica utilizzando sostantivi come “maestro”, “leggenda” o aggettivi come “indimenticabile”.

Il regista e sceneggiatore britannico, morto ieri all’età di 97 anni a Parigi, dove viveva dal 1974 e dove aveva preso la direzione artistica del Bouffes du Nord, il celebre teatro nei pressi della “Gare du Nord” di Parigi dove aveva reinventato l’arte della messa in scena, e del quale lascerà la gestione solo nel 2010 all’età di 85 anni, continuerà a dirigere la scena fino a pochi mesi fa.

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“La Tempesta” di Shakespeare

Aveva lavorato molto anche in Italia. L’ultimo lavoro nel nostro paese risale allo scorso anno quando Brook scelse il borgo umbro di Solomeo per presentare in prima assoluta “La Tempesta” di Shakespeare, realizzato con Marie-Hélène Estienne. Ad attenderlo, il suo amico Brunello Cucinelli, direttore del Teatro Stabile dell’Umbria.Alla fine degli anni ’60, dopo decine di successi, tra cui numerose opere di Shakespeare, e dopo aver diretto i più grandi attori dell'epoca, da Laurence Olivier a Orson Welles, il maestro britannico, figlio di un emigrato nato a Vilnius in Lettonia, decide di trasferirsi in Francia dove inizierà il suo periodo sperimentale caratterizzato dalla teoria dello “spazio vuoto”.

Da quel momento darà il meglio di sé montando pezzi monumentali nutriti di esotismo e con attori di culture diverse. Il suo pezzo più noto è “The Mahabharata”, un poema epico di nove ore sulla mitologia indù, del 1985, che quattro anni più tardi diverrà un film. Nel decennio successivo, trionferà nel Regno Unito con “Oh les beaux jours” di Samuel Beckett e i critici lo saluteranno come “il miglior regista che Londra non ha”.

Peter Brook, addio al grande maestro del teatro

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Una carriera lunghissima

Una carriera lunghissima quella di Brook che con il suo ’”Marat-Sade” di Weiss a metà anni ’60 si era già imposto con un assoluto protagonista del teatro europeo. Il suo X Factor? Far “lavorare” la fantasia, lavorare affinché il rapporto tra vita e arte venisse annullato, restituendo al teatro il compito di disvelare la verità esistenziale e profonda della vita.La sua passione per il teatro nacque quando Peter Brook era solo un ragazzo. La sua prima regia la firmerà a 18 anni e poi si farà notare come magistrale interprete delle opere di Shakespeare. Una attitudine che lo farà diventare direttore del London’s Royal Opera House e, nel 1962, della Royal Shakespeare Company, dove alternerà la riproposizione dei classici con una serie di opere sperimentali alla maniera del “teatro della crudeltà” di Artaud. Dopo il trasferimento in Francia subirà l'influenza di Grotowski e del Living Theatre di J. Beck. Viaggerà molto, soprattutto in Africa, dando vita a opere come “Sizwe Banzi est mort” di Fougard o “The suit”, riduzione scenica di un romanzo del sudafricano Chan Themba. La sperimentazione e il suo “spazio scenico vuoto” saranno sempre il suo tratto distintivo, anche nell'ultimo lavoro in Umbria nel novembre 2021.

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