Adidas paga inflazione e stop cinese: il profit warning contagia il retail
Più che dimezzate le attese sugli utili a 500 milioni, il titolo cede quasi il 10%. Goldman boccia L'Oréal, soffre Gucci (Kering): venerdì nero per Zalando & Co
di Monica D'Ascenzo
3' di lettura
Il profit warning di Adidas, il taglio del target price di Goldman Sachs su L’Oreal e la delusione per le vendite di Gucci (gruppo Kering) hanno pesato ieri sul comparto moda, lusso e beni di consumo. D’altra parte le pressioni inflazionistiche stanno inficiando le stime sulle vendite e i segnali che vengono dalle società confermano il rallentamento dei consumi. L’inflazione elevata porterà a una crescita del 4,8% delle vendite al dettaglio globali in termini nominali, secondo gli analisti di Economist Intelligence, ma si tratta di un dato gonfiato da prezzi più alti, che maschererà il rallentamento della crescita in termini reali e minori margini per i produttori.
Gli annunci di Adidas ieri andavano proprio in questa direzione. Il marchio di abbigliamento sportivo tedesco è al suo secondo profit warning in tre mesi, imputando la revisione delle stime al deterioramento delle vendite in Cina e al rallentamento della domanda nei mercati occidentali da settembre. Adidas stima un utile netto di soli 500 milioni di euro quest’anno, in calo rispetto a una precedente stima di 1,3 miliardi, dopo un incremento delle scorte del 63% nell’ultimo trimestre. In Borsa la reazione non si è fatta attendere e il titolo ha ceduto il 9,53%, portando Adidas a valere quasi un settimo della rivale americana Nike (20 miliardi di euro di capitalizzazione contro 139 miliardi), mentre la concorrente Puma ha ceduto oltre il 7%. Le stime per il settore. per altro, non sono negative. La dimensione del mercato globale dell’abbigliamento sportivo dovrebbe arrivare a valere 479,63 miliardi di dollari entro il 2025 e si stima una crescita media annua (CAGR) del 10,4%.
Le vendite ieri hanno colpito anche altri gruppi di abbigliamento, con la spagnola Inditex (Zara) che ha ceduto il 3%, così come la svedese H&M (-2,92%). Male anche il comparto legato all’ecommerce, eppure anche in questo caso le stime sono di una crescita annua di oltre il 6% da qui al 2025 (stime Eiu). Zalando ieri ha ceduto il 3,16% a Francoforte, ma i suoi competitori hanno fatto peggio: Asos, ai minimi degli ultimi 12 mesi, ha perso il 5,28% e Boohoo Group il 5,34%.
Il lusso, che da sempre riesce ad essere anticiclico, rischia di accusare un rallentamento delle vendite e Kering è il primo gruppo a dare segnali di questo per il mercato statunitense. Il gruppo ha chiuso il terzo trimestre con ricavi per 5,14 miliardi di euro, in crescita del 23% (+14% a perimetro costante), ma il brand di punta Gucci è cresciuto meno della media del gruppo (+18%). Nel corso della conference call, inoltre, i vertici di Kering hanno sottolineato che l'ebit margin di Gucci nella seconda parte dell'anno sarà inferiore rispetto all’anno scorso a causa degli investimenti sul marchio e della minore leva operativa, per tornare al 41% nel lungo termine.
Infine a Parigi giornata nera anche per L’Oreal (-5,8% a 310 euro), che comunque aveva annunciato ricavi nel terzo trimestre superiori alle attese del mercato (+19,7% su base annua a 9,58 miliardi). La riduzione dell'obiettivo di prezzo da parte di Goldman Sachs, a 440 euro da 460 euro, ha innescato le vendite, anche perché gli analisti sul titolo sono divisi: Jp Morgan ha confermato giudizio positivo e target price, Jefferies ha giudizio negativo ma target price invariato a 300 euro, mentre Rbc resta neutrale sul titolo, con un obiettivo di prezzo di 310 euro.
loading...