Affari, fede, politica: ritratto dell’ultima grande dinastia italiana
Nelle vite dei cinque figli di Berlusconi si possono cogliere le anticipazioni delle possibili scelte future
di Maria Latella
7' di lettura
Le grandi famiglie affascinano. Suscitano curiosità, interesse per le vite di alcuni dei componenti, curiosità per le loro scelte future. Dall’India degli eredi di Indira Gandhi all’Occidente, ogni Paese ha la sua Royal Family, si tratti di antiche monarchie o di aristocrazia del denaro. Negli Stati Uniti la grande dinastia per eccellenza sono stati e ancora sono i Kennedy, meno glamourous i Bush e invece certamente molto spettacolari Hillary e Bill Clinton prima e Donald, Melania, Ivanka e il resto del clan Trump dopo.
L’Italia, dal dopoguerra alla morte dell’Avvocato, ha avuto gli Agnelli. E dagli anni Novanta in poi, i Berlusconi.
Una dinastia ancora giovane ma con tutti gli elementi giusti perché la saga continui a incuriosire. Il capostipite, per cominciare, e poi: cinque figli, due mogli, due fidanzate ufficiali, denaro, potere, politica e affari. Ora, dopo la morte di Silvio Berlusconi, è normale chiedersi se la dinastia continuerà a essere tale, con il mito alimentato dalle copertine di «Chi» e dalle foto “rubate” ogni estate, tra barche, bambini, tuffi in Sardegna e gite in bicicletta a Sankt Moritz. O si sceglierà piuttosto di sfumare, lentamente, nell’anonimato che avvolge quasi tutte le grandi famiglie del mondo, come gli Arnault che si fanno fotografare solo agli eventi del gruppo Lvmh o gli eredi Hermès mai visti nemmeno alle loro sfilate?
A due mesi dalla morte del capostipite e con un testamento ancora in fase di definizione (benché avviato, sembra, a una soluzione in accordo tra tutte le parti) azzardare previsioni è sconsigliabile. Eppure, nelle vite di ciascuno dei cinque figli di Berlusconi, possono cogliersi forse anticipazioni di scelte future.
Riflettori per Pier Silvio
Nei giorni successivi al funerale del capostipite è stato il solo, tra i figli, a prendersi la scena. In pubblico, tra i suoi dipendenti di Mediaset, l’azienda in cui è cresciuto e che guida dal 2015. E poi con la lettera inviata a «Repubblica». «Sono il figlio di mio padre » ha scritto, rivendicando una eredità fatta non solo di aziende ma anche di atteggiamenti, di curiosità «mi piace parlare con la gente per strada ». Ha sancito che sarà lui il front runner della famiglia, si è detto. La sorella Marina dietro le quinte, i tre minori impegnati tra figli ancora piccoli e finanza. Sarà Pier Silvio, l’uomo della Tv, lo speaker della dinastia.
Possibile, ma poi si è visto che quando c’è da difendere la memoria del padre, è Marina che si mette al computer e scrive al «Giornale », come ha sempre fatto negli ultimi anni. E allora?
C’è chi dice: Pier Silvio prima o poi farà politica. Di sicuro l’ipotesi è stata presa in considerazione, anche recentemente, ma seri ostacoli si frappongono tra la fascinazione verso quel mondo e la dura realtà del farne parte. Troppo difficile cominciare a 54 anni, senza alcuna esperienza. E poi: chi prenderebbe le redini della Fininvest? Un manager? Barbara, Eleonora e Luigi, che dell’azienda sono soci, sia pure di minoranza, potrebbero avanzare obiezioni. E ancora: fare politica significa rinunciare ai weekend a Portofino, alla libertà di condurre una vita certo non priva di responsabilità ma anche molto privilegiata.
Candidarsi, mantenere il brand Berlusconi sul mercato dei voti e del potere romano: l’ipotesi è stata accarezzata. Ma almeno per il momento anche congelata.
L’attenzione, per i prossimi mesi e forse anni, si concentrerà sulla Tv. A dispetto di quanti prevedevano una rapida estinzione delle reti generaliste, il media tiene. Ed è un potere che, se ben usato, consente, come si sa, di fare politica senza scendere in campo. È qui, nel suo settore, che Pier Silvio cercherà di mantenere accesi i riflettori. Escludendo cessioni di azienda, a Vivendi o a chicchessia. «Sono figlio di mio padre» significa anche «d’ora in poi sono io il padre della sua Tv»
Marina, la strategia della continuità
I mesi dell’incertezza, dell’ansia per le condizioni di un Silvio Berlusconi che un giorno sembrava in forma e il giorno dopo di nuovo fragilissimo, sono alle spalle. La presidente di Fininvest e del gruppo Mondadori ha lentamente fatto pace con un dolore che certo non scompare ma col quale si impara a convivere. L’ultima parte del 2023 e l’incombente 2024 si annunciano, almeno sulla carta, meno tumultuosi. Il fronte della famiglia sembra reggere: il testamento non ha finora prodotto le lacerazioni tra figli del primo matrimonio e figli nati da Veronica Lario, l’autolesionismo tra eredi non si è al momento palesato, per la delusione di qualcuno che magari sperava di trarne un profitto economico. Marina e i fratelli sembrano anche convergere sulla futura destinazione di Villa San Martino, la residenza del padre. Non diventerà un mausoleo, ma continuerà a vivere. A essere frequentata. Almeno nelle intenzioni (perché poi la realtà potrebbe complicare le cose), la residenza di Arcore potrebbe continuare a ospitare i pranzi di famiglia del lunedì, magari le riunioni Mondadori.
Marta Fascina continuerà ad abitare a Villa San Martino? Probabilmente sì, ma non potrà considerarla “casa sua”. Sarà ospite (se vorrà e nessuno può dire fino a quando) di un’ala della grande villa nella quale certo non mancano spazi e privacy.
Quanto al fronte Forza Italia, neanche dal partito si prevedono particolari novità. La gestione è affidata a Tajani, la minoranza di Ronzulli e Cattaneo non viene considerata in grado di creare seri problemi. Le rivalità del tran tran politico, possono essere enfatizzate dalle cronache ma certo non sono preoccupano la presidente di Fininvest e Mondadori.
Il perno attorno al quale ruota il presente e il futuro politico-aziendale dei Berlusconi è il rapporto tra Marina e Giorgia Meloni. Rapporto solido. Punto. Le due sono fatte per capirsi e si conoscono da tempo. In più, da donne pratiche, si parlano via WhatsApp e via WhatsApp hanno archiviato anche il commento col quale Giorgia Meloni aveva bruscamente chiuso il “caso” giustizia, quello aperto dalla lettera nella quale Marina attaccava i magistrati per aver nuovamente legato il nome del padre alle stragi mafiose del 1993-94.
Quanto al day by day aziendale, la Mondadori non dà problemi, anzi i libri si stanno rivelando assai più resilienti del previsto. Per Marina il futuro è ancora e più che mai legato al presente e al passato prossimo, lì, tra gli uomini della casa editrice, i fine settimana col marito Maurizio, in Provenza o a trovare i due figli ormai universitari, uno in Spagna e l’altro, probabilmente, in Gran Bretagna.
Se il fronte giudiziario non proporrà novità, Marina tornerà a prendersi la scena con la cadenza annuale dei tempi tranquilli. Da presidente Mondadori. Imprenditrice con le sue idee politiche. Al momento piuttosto ben rispecchiate a palazzo Chigi.
Eleonora
La più misteriosa, la più silenziosa (no, non è vero: divide il podio col fratello Luigi), la più internazionale. E quella che in questi anni è sempre riuscita a fare quel che voleva. Prima, invece, prima dei venti anni, a quel che voleva ha dovuto rinunciare.
Avrebbe voluto studiare canto (ha una bella voce) e musica (suona molto bene l’arpa). Avrebbe voluto occuparsi solo di animali (è una eccellente cavallerizza). Invece: economia, a New York. Ma una volta presa la laurea, Eleonora, la più artistica dei figli di Veronica e quella che più le somiglia, ha fatto di testa sua. Sempre lontano dall’Italia. Alcuni anni a Londra, con il compagno, il modello inglese dal quale ha avuto tre figli, poi in Australia, poi di nuovo a Londra. Oggi, a 37 anni, è una mamma single ed è tornata a Milano. Il diploma in gemmologia, rilasciato da un importante istituto londinese, è stato messo a frutto nella società Dianthus Rosa srl, la cui ragione sociale è «la progettazione, la consulenza per il design, la creazione e realizzazione di articoli di oreficeria, gioielleria, articoli da regalo e prodotti preziosi». Della Dianthus, Eleonora è amministratrice unica ma non fa pubblicità ai suoi prodotti, non cerca i riflettori. Non li teme, però. Anzi.
La rivelazione c’è stata ai funerali del padre quando è apparsa in nero Dior con una parte del viso coperta da un cappellino con veletta. Un look impegnativo che non si osa se non si sa di poter reggere perfettamente le telecamere e i flash dei fotografi. Lei ha osato. Così, con una scenografica veletta, la riservata Eleonora ha fatto sua l’eredità materna. Una vera attrice.
Luigi
Al suo matrimonio il padre non c’era. Preoccupato per il Covid dal quale si era da poco ripreso, Silvio Berlusconi partecipò al ricevimento di nozze ma non alla celebrazione, a Sant’Ambrogio, chiesa troppo fredda e a rischio contagio, benché gli invitati fossero solo parenti e pochi amici.
Nel secondo testamento, quello nel quale Berlusconi chiedeva di ricordare generosamente il fratello Paolo, Marcello Dell’Utri e Marta Fascina, sono citati tutti i figli ma non lui, l’ultimogenito.
Uno potrebbe pensare che i rapporti tra Silvio Berlusconi e il trentaquattrenne Luigi non fossero intensi e invece sbaglierebbe. Luigi era legatissimo al genitore e lo descrivono inconsolabile nella notte in cui ha dovuto fare i conti con la perdita di questo padre che molto li stimava.
Se a Milano, nell’ambiente della finanza, chiedete di Luigi Berlusconi, scoprirete che lo conoscono tutti. E che tutti ne parlano bene. Ha fiuto per le start up, dicono. Grande amante della pesca sin da quando, bambino, portava a casa i pesci del laghetto di Macherio, scafato quel che tanto che deriva dall’essere entrato a soli 19 anni nel mondo del business, Luigi Berlusconi ha fatto scelte tutte sue. Molto credente, ha voluto sposarsi, in chiesa, con Federica, conosciuta all’università. Hanno due figli. Era appena entrato in Bocconi e già sedeva nel Cda di Mediolanum, dal 2012 è amministratore unico della B Cinque srl che raccoglie l’azionariato dei cinque fratelli Berlusconi, è presidente di Holding Italiana Quattordicesima ed è membro del cda di Fininvest.
È giovane, ma per il business ha già un passato alle spalle. Il futuro? Le vie del Signore sono infinite ma un trentenne miliardario, uno che ogni anno invece di Ibiza va a Lourdes col treno dei sofferenti e che da tempo ha fondato e sostiene una Onlus benefica è così diverso dagli eredi delle grandi famiglie del mondo, da lasciare sullo sfondo più di una possibilità.
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