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Affitti brevi, dal 2021 alt alla cedolare oltre i tre alloggi

L’emendamento al Dl Agosto votato in commissione al Senato esclude la tassa piatta al 21% creando una «presunzione» di attività d’impresa per i proprietari

di Cristiano Dell'Oste

(AdobeStock)

3' di lettura

Regime fiscale degli affitti brevi off-limits dal 2021 per chi destina a questa attività più di tre appartamenti. Oltre questa soglia, si presume che l'attività sia svolta in forma d'impresa. E il limite vale anche se i contratti sono stipulati tramite agenti immobiliari o portali internet. Lo prevede un emendamento al decreto Agosto (Dl 104/2020) votato in commissione Bilancio al Senato nella notte tra venerdì e sabato. Il provvedimento è atteso in Aula lunedì 5 ottobre e l'intenzione della maggioranza è approvarlo in giornata con la fiducia. Dopodiché il testo dovrà passare alla Camera (va convertito entro il 14 ottobre). Tra le prime reazioni quella di Confedilizia, che contesta l’emendamento.

Cedolare in bilico

Il regime fiscale in questione è quello previsto dalla manovrina di primavera del 2017 (articolo 4 del Dl 50/2017). Si tratta, in pratica, della norma che ha introdotto il controverso obbligo di ritenuta a carico degli intermediari – contestata e non applicata da Airbnb, Booking e altri portali telematici – ma ha inoltre disciplinato la possibilità di applicare la cedolare secca del 21%, anche nei casi di sublocazioni brevi e “locazioni” effettuate dai comodatari (il caso tipico del figlio che affitta online la casa di proprietà dei genitori o dei nonni).

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Obbligo di partita Iva

Essere qualificati come imprenditori significa, per i locatori, perdere la possibilità di applicare la cedolare secca del 21%, innanzitutto. E poi, più in generale, essere soggetti agli obblighi contabili, amministrativi e fiscali propri delle imprese. A partire dalla necessità di aprire una partita Iva individuale o costituire una società.

Mercato e lockdown

La norma ha l'obiettivo dichiarato di tutelare il consumatore (gli affittuari) e la concorrenza (gli albergatori e le strutture ricettive). Ma c'è anche la finalità non espressa di contenere il fenomeno delle locazioni brevi, che in alcune città d'arte – prima del coronavirus – aveva letteralmente colonizzato alcuni quartieri, causando spopolamento e chiusura delle attività commerciali. Proprio l'emergenza Covid-19, però, ha cambiato il contesto di riferimento, perché il mercato degli affitti brevi si è totalmente fermato con il lockdown e non è ancora ripartito.

La posizione dei proprietari

Dura la reazione di Confedilizia, la principale sigla che rappresenta i proprietari di immobili. Afferma il presidente Giorgio Spaziani Testa: «La norma, come spesso accade, è dettata da buone intenzioni, in questo caso portate avanti in particolare dal ministro dei Beni culturali, con il quale ci siamo confrontati: si vuole evitare che l'attività di locazione breve venga snaturata e che – come ha dichiarato il Ministro – chi compra un condominio abbia lo stesso trattamento di un piccolo proprietario». Il problema, secondo Confedilizia, è nelle modalità prescelte per raggiungere questo obiettivo: «La nostra opinione è che non vi sia bisogno di una norma. Sono le regole generali del codice civile e del diritto tributario ad indicare quando un'attività debba considerarsi imprenditoriale, e l'amministrazione finanziaria le applica da decenni».

Chi diventa imprenditore

Ancora ad agosto l'agenzia delle Entrate ha riepilogato gli “indici” che fanno scattare l'attività d'impresa, ricollegandoli essenzialmente ad aspetti di tipo “qualitativo”: l'organizzazione di mezzi (un ufficio, dipendenti e così via) e il tipo di servizi offerti (somministrazione di pasti e servizi ulteriori rispetto alla messa a disposizione dell'immobile) (si veda l’articolo su NT+ Fisco). L'emendamento votato al Senato, invece, adotta un criterio quantitativo legato al numero di unità immobiliari. Chi ne affitta più di tre in un anno solare, è un “presunto imprenditore”. Non rileverebbe, in questo senso, né il numero di notti, né il volume di ricavi. Anche se è evidente che due appartamenti in una città d'ara possono rendere molto di più di quattro alloggi in campagna. Il riferimento, inoltre, sarebbe sempre individuale: quindi se quattro alloggi fossero intestate a più soggetti (moglie o figli, ad esempio) il limite non scatterebbe, se invece fossero in comproprietà tra gli stessi soggetti, si avrebbe attività d'impresa. Altro tema delicato sarebbe poi quello della “presunzione”: come si potrebbe dare prova contraria? Il Fisco italiano ha una lunga tradizione di presunzioni che hanno innescato forti contenziosi.

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