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Affitti brevi, il Consiglio di Stato rinvia alla Corte Ue la legge Airbnb

I giudici europei sono chiamati a valutare la compatibilità con il diritto comunitario della normativa italiana che impone, tra l’altro, la ritenuta del 21% sulle somme incassate dai locatori

di Cristiano Dell'Oste e Michela Finizio

3' di lettura

Sarà la Corte di giustizia dell’Unione europea a doversi pronunciare sulla cosiddetta “legge Airbnb”. La decisione del Consiglio di Stato (ordinanza 6219/2019 del 18 settembre) segna un punto a favore del portale telematico nel contenzioso con l’agenzia delle Entrate e lo Stato italiano. Ma l’ultima parola non è ancora scritta. In gioco c’è la normativa italiana (decreto legge 50/2017, articolo 4) che impone agli intermediari attivi negli affitti brevi di comunicare i dati dei locatori e di applicare una ritenuta del 21 per cento.

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Il (primo) verdetto. Accogliendo i rilievi avanzati da Airbnb nei propri atti difensivi, i giudici di Palazzo Spada hanno chiesto ai colleghi della Corte europea di stabilire se gli obblighi introdotti dall’Italia siano compatibili con la normativa comunitaria e se lo Stato italiano, prima della loro introduzione, avrebbe dovuto notificarne l’introduzione alla Commissione europea. Sotto esame, tra l’altro, c’è la possibile violazione della direttiva sul mercato interno (2006/123/Ce) e di quella sul commercio elettronico (2000/31/Ce).

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La reazione di Airbnb. Soddisfatti ovviamente i rappresentanti di Airbnb, società che proprio poche ore prima dell’ordinanza ha annunciato il nuovo country manager per l’Italia, Giacomo Trovato. Il portale ricorda di aver sottolineato fin dall’inizio la discriminatorietà della normativa italiana, di cui ha contestato anche la fattibilità tecnica. Ma tende una mano al dipartimento delle Finanze italiano, dicendosi disponibile a collaborare nel campo della condivisione dei dati. Un’apertura, insomma, che va nella stessa direzione della cooperazione con i Comuni per l’imposta di soggiorno (che Airbnb riscuote in molti centri - tra cui Milano, Firenze, Napoli, Torino, Bologna e Palermo - spesso dopo aver concordato la struttura delle tariffe con gli amministratori). Il rinvio deciso dai giudici italiani, comunque, non costituisce una “sentenza anticipata”, ma dimostra che le obiezioni sollevate dai legali di Airbnb non sono state ritenute del tutto infondate.

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La protesta degli albergatori. Di tutt’altro tenore le reazioni del presidente di Federlaberghi, Bernabò Bocca, che ha più volte denunciato il far west degli affitti brevi e la concorrenza sleale delle locazioni turistiche gestite online. «Confidiamo che la Corte di giustizia – afferma Bocca – metta fine a questa commedia, che vede Airbnb appigliarsi a ogni cavillo pur di non rispettare le leggi dello Stato. Siamo stanchi di assistere a questa esibizione indecorosa dei colossi del web, che realizzano nel nostro paese utili milionari ma dimenticano di pagare quanto dovuto al fisco italiano, con un comportamento a dir poco opportunistico».

La ritenuta e le agenzie «tradizionali». L’obbligo di comunicazione e ritenuta introdotto a carico degli intermediari nel 2017 punta essenzialmente ad assicurare un flusso di gettito costante all’Erario, contrastando l’evasione fiscale (la ritenuta del 21% è pari alla cedolare secca, che quasi sempre il locatore ha convenienza a scegliere). Va però ricordato che, dopo alcune incertezze applicative iniziali, dall’autunno del 2017 la agenze immobiliari e gli intermediari “fisici” hanno applicato la ritenuta, mentre gli operatori web sono rimasti per lo più inadepimenti – senza applicare la ritenuta – e Airbnb ha avviato il ricorso che arriva ora a una fase cruciale.

L’appello dei gestori. Un appello ad Airbnb arriva da Stefano Bettanin, presidente di Property Managers Italia, sigla che riunisce locatori e gestori. «Il mercato ha tempi molto più rapidi di quelli della giustizia amministrativa – spiega Bettanin –. Noi property manager dal 2017 applichiamo queste nuove regole, ma contemporaneamente aderiamo a piattaforme che non si sono adeguate al nuovo regime contabile, come Airbnb ma non solo». Da qui l'appello a Trovato di Airbnb per «fare un passo indietro, ritirare i ricorsi e assumersi la propria responsabilità». Appello indirizzato da Bettanin anche alle altre piattaforme che non stanno agendo da sostituto d'imposta, come Booking.com.

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