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Africa, nuove ondate di violenze. Dalla Nigeria al Sahel, dove colpiscono le milizie

Escalation di violenze a sud del Sahara. Quali sono le regioni più martoriate dalla crisi sicuritaria

di Alberto Magnani

(AFP)

3' di lettura

Nuova ondata di violenze nell’Africa subsahariana. Gli ultimi episodi si sono consumati in Nigeria, con l’omicidio del sacerdote cattolico Isaac Achi, e in Repubblica democratica del Congo: l’esplosione di un ordigno in una chiesa pentecostale di Kasindi, nella provincia del Nord-Kivu, ha provocato almeno 14 vittime e quasi 70 feriti. Lo Stato Islamico ha rivendicato l’attacco e alza il bilancio dei morti a 20, mentre le autorità stanno setacciando la città in cerca di due bombe inesplose.

Un terzo blitz si è registrato in Burkina Faso, dove un gruppo di miliziani ha sequestrato 50 donne ad Arbinda, nella provincia del Soum. L’ultimo caso, in ordine di tempo, in una scia di vittime e rapimenti che ha trasformato un ex modello di stabilità in uno dei paesi più tumultuosi della regione.

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La crescita di violenze, dal Sahel al Congo

La spirale di brutalità non è improvvisa e rientra in una tendenza più ampia, l’insorgenza di violenze terroristiche a sud del Sahara. Fra le regioni più martoriate ci sono lo stesso Sahel, la fascia che costeggia a sud il deserto del Sahara; l’Africa occidentale nel suo complesso, con le incursioni del gruppo terroristico Boko Haram in Nigeria e l’espansione di milizie arrivate a lambire i confini di Benin e Ghana; quella australe, a partire dall’escalation jihadista che tiene in ostaggio la provincia settentrionale di Cabo Delgado, nel Mozambico, con i timori di un allargamento oltre i confini della Tanzania. Il nord del paese è finito sotto assedio delle bande armate dopo la scoperta di giacimenti di gas naturale a nord della costa, ritrovamento che ha attratto investimenti miliardari delle multinazionali energetiche e favorito la nascita di gruppi che capitalizzano la rabbia della popolazione locale per le «promesse mancate» di ricadute benefiche sul territorio.

Lo stesso Burkina Faso è il cuore di una delle crisi più logoranti su scala regionale e continentale, in un crescendo di blitz che ha insanguinato soprattutto le zone di confine con Mali e Niger. Acled, un database specializzato, ha registrato nel paese oltre 4.150 vittime fra gennaio 2022 e 2023, per un totale di 640 violenze contro i civili nell’arco di 12 mesi. In Mali si sale a 4.767 decessi nello stesso periodo, il Niger ne conta “solo” 983. Il paese, indicato un tempo fra i modelli di stabilità nella regione, è precipitato in una crisi di sicurezza culminata in un doppio golpe militare nell’arco di meno di un anno: il primo a gennaio 2022, il secondo a fine settembre dello stesso anno. Un destino simile a quello del Mali, reduce da due colpi di Stato fra 2020 e 2021.

In entrambi i paesi le giunte militari hanno rovesciato i predecessori con l’obiettivo di sradicare le milizie e ripristinare l’ordine, soprattutto nelle zone rurali e più distanti dal potere centrale. I risultati latitano, aumentando una frustrazione che sembra favorire il reclutamento fra le stesse forze terroristiche. Come ha spiegato in un’intervista all’agenzia Adknronos Giovanni Carbone, capo del programma Africa dell’Ispi, le violenze tendono a verificarsi «non a caso in Stati fragili e in zone che sono fuori dal controllo delle autorità statali».

Le altre tensioni nel Continente, dal Congo alla pace fragile dell’Etiopia

L’instabilità non deriva “solo” dalla proliferazione di milizie terroristiche, con crisi politiche che minano equilibri domestici o internazionali. L’Etiopia sta tentando un processo di pacificazione dopo gli anni di guerra civile fra il governo di Abiy Ahmed e i ribelli della regione del Tigray. Le stime sul totale di vittime si spingono fino a bilanci di 600mila decessi nell’arco di poco più di tre anni, mentre il disarmo dei tigrini non è corrisposto a una risoluzione completa delle ostilità che scuotono anche altre regioni.

La stessa Repubblica democratica del Congo è nel vivo di una crisi domestica che contrappone le autorità di Kinshasa e i ribelli del M23, una milizia che il Congo ritiene spalleggiata dai vicini di casa del Rwanda: lo scambio di accuse fra capitali ha condotto sull’orlo di un conflitto aperto, per ora mediato dall’invio di truppe della Comunità dell’Africa orientale. Il Camerun è scosso dalla cosiddetta crisi anglofona, lo scontro fra le forze armate governative e gli indipendentisti di lingua anglofona concentrati in nord e sud ovest del Paese. La stessa Nigeria, avverte ancora Acled, si avvia a una fase di turbolenze in vista delle urne per le presidenziali del 25 febbraio. I nigeriani, scrive la società di ricerca in un report, andranno ai seggi nel vivo di sfide «economiche, ambientali e di sicurezza», dai gruppi jihadisti divise in varie fazioni alle altre bande armate che si accaniscono sui civili, fino a una polarizzazione elettorale violenta mano a mano che ci si avvicina al voto. Nel solo 2022, il database ha registrato 3.820 «eventi violenti» e 10.446 vittime accertate. Nel rush finale prima del voto, la tensione può salire ancora.

Riproduzione riservata ©
  • Alberto MagnaniRedattore

    Luogo: Milano

    Lingue parlate: inglese, tedesco

    Argomenti: Lavoro, Unione europea, Africa

    Premi: Premio "Alimentiamo il nostro futuro, nutriamo il mondo. Verso Expo 2015" di Agrofarma Federchimica e Fondazione Veronesi; Premio giornalistico State Street, categoria "Innovation"

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