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Africa, la sfida sanitaria farà bene al mondo

di Gianfelice Rocca

(© © Eye Ubiquitous)

3' di lettura

È la regione più povera del mondo. In Africa quasi 430 milioni di persone, circa un terzo del totale, vivono ancora in povertà assoluta, e 256 milioni - un quinto - sono denutrite.

Sull’Africa è stata incentrata l’apertura dell’anno accademico 2019-20 di Humanitas University. Per i futuri professionisti delle Scienze della vita, è stata un’opportunità per ampliare competenze e sensibilità all’interno di uno scenario di salute globale cruciale per il futuro. Per un ateneo come il nostro, che ha fatto dell’innovazione e della tecnologia un elemento distintivo, è stato un importante momento di riflessione sulla necessità di essere innovativi anche in contesti molto diversi e critici. A maggior ragione in un momento contrassegnato dall’avvio di un nuovo corso di laurea internazionale in Medicina - Medtec School, in collaborazione con il Politecnico di Milano - che rappresenta un fiore all’occhiello sul fronte dell’innovazione. Unico al mondo per caratteristiche e durata, integra e potenzia le competenze del medico con quelle dell’Ingegneria biomedica per formare medici in grado di gestire consapevolmente le tecnologie avanzate, offrendo ai pazienti cure innovative e personalizzate.

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Ma perché proprio l’Africa? Questa regione è oggi una frontiera, perché sempre più lì si concentrerà gran parte della popolazione mondiale. È dunque una terra di sfide.

Demografica, innanzitutto. Mentre la popolazione europea ristagna, il continente africano si trova nel pieno di un’espansione demografica. Gli africani, meno di 230 milioni nel 1950, oggi sono oltre 1,3 miliardi. Il loro numero raddoppierà entro il 2050 e arriverà a 4,2 miliardi a fine secolo. A quel punto l’Africa sarà un nuovo baricentro demografico del mondo: molto più che in altri Paesi, lì si concentrerà la maggior parte della popolazione in età lavorativa.

La seconda sfida dell’Africa è di tipo sanitario. La strada verso il miglioramento della salute qui è solo all’inizio, anche se sono stati fatti importanti passi avanti. Il tasso di mortalità alla nascita è sceso a 77 su 1.000: più che dimezzata dal 1990 anche grazie a Gavi, partnership globale impegnata a diffondere i vaccini salvavita nei Paesi in via di sviluppo. Ma 77 su 1.000 significa un numero 5 volte superiore all’Europa. E il tasso di mortalità materna, 480 su 100mila nati vivi, resta 73 volte superiore a quello europeo. Senza dimenticare che, con la durata della vita, aumentano anche le malattie legate all’invecchiamento, come il cancro.

La terza sfida è geopolitica. Sarebbe ingiusto guardare all’Africa come a un continente incapace di trovare la sua strada verso lo sviluppo. Non lo è più. Accanto a quella che Medici con l’Africa-Cuamm chiama l’Africa dell’ultimo miglio - che necessita di aiuti e motiva iniziative come il Progetto Bangui dell’Ospedale Bambino Gesù, cui la nostra Università sta dando un piccolo contributo - esiste anche una “nuova” Africa che ha iniziato a cambiare passo. Tra il 2000 e il 2018, le 49 economie subsahariane sono cresciute a un tasso medio annuo del 5 per cento. Se ne è accorta la Cina: il valore degli scambi commerciali tra i due Paesi è passato da 10 miliardi di dollari nel 2000 a 210 nel 2018. Molti altri Paesi emergenti hanno seguito le orme cinesi, dalla Turchia alla Russia, dai Paesi mediorientali all’India. La Turchia, ad esempio, ha moltiplicato le destinazioni africane servite da Turkish Airlines.

Infine, ma non ultima, c’è la sfida dell’innovazione. La scarsità di risorse - oltre la metà della popolazione subsahariana non ha ancora accesso ad una connessione elettrica - e il desiderio di recuperare i ritardi stimolano esperienze di innovazione creativa, che sfruttano le nuove tecnologie e sono pensate all’interno di un’economia totalmente diversa: è la cosiddetta frugal innovation.

Così, ad esempio, M-Pesa in Kenya ha trasformato l’avvento dei cellulari in un’occasione per rispondere alla scarsità di filiali bancarie sul territorio. Oggi il Paese è all’avanguardia nell’uso della telefonia mobile per trasferimenti monetari e transazioni commerciali. In modo in parte analogo, l’abbassamento dei costi del fotovoltaico spinge verso piccole reti autonome per l’elettrificazione delle aree rurali.

In campo medico, il visionario progetto di Zipline, in Ruanda e in Ghana, punta a superare i problemi logistici per la consegna di sacche di sangue e medicinali, raggiungendo con i droni le strutture sanitarie delle aree rurali.

E mi auguro che anche i nostri studenti, in particolare della Medtec School, possano avere un ruolo in una Medicina che, grazie al contributo della tecnologia, trova strade di innovazione che rispondono ai bisogni di un territorio così differente dal nostro.

La salute globale sarà un tema centrale negli anni a venire. Non vogliamo essere semplici spettatori: anche grazie ai professionisti della salute che formiamo nella nostra Università vogliamo portare il nostro contributo in termini di salute e innovazione.

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