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Aggiornamento e riqualificazione sono necessari in tempi di lavoro ibrido

Per i leader si è aggiunto un livello di complessità gestionale. Ecco perché sta emergendo il bisogno di migliori competenze

di Silvia Martinelli *

3' di lettura

La rivoluzione digitale, accelerata dalla pandemia, ha innescato profondi cambiamenti nelle competenze dei lavoratori, tanto che l’aggiornamento professionale (upskilling) e la riqualificazione (reskilling), un tempo visti negativamente, rappresentano ora un’opportunità a tutti i livelli aziendali, soprattutto con il sopravvento del lavoro ibrido che con la sua flessibilità, intrinsecamente legata anche al concetto di benessere ricercato dalle persone, sta riguardano tutte le organizzazioni.

Tuttavia, l'hybrid work presenta alcune insidie che devono essere affrontate affinché possa considerarsi un modello sostenibile.

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Per i leader, infatti, si è aggiunto un livello di complessità gestionale. Ecco perché sta emergendo il bisogno di migliori competenze comunicative e interculturali, di flessibilità e inclusività e di una reale capacità di riporre fiducia nei propri collaboratori come primo passo per renderli più responsabili, sostenendoli perché esprimano il meglio del loro potenziale indipendentemente dal luogo di lavoro.

Essendo aumentata con il lavoro ibrido anche la mobilità professionale, con il doppio fenomeno della great resignation da un lato e del great reshuffle dall'altro - ovvero persone alla ricerca di un posto di lavoro con un migliore equilibrio vita/lavoro -, d'un tratto la retention dei talenti è diventata una priorità per tutte le aziende.

Dunque, la creazione di un legame professionale non può più essere legata solo allo stipendio, ma deve andare oltre e contrastare anche i rischi di isolamento e la mancanza di senso di appartenenza.

Cosa fare in questo scenario?

La formazione e lo sviluppo professionale possono diventare i driver del coinvolgimento e dell’impegno aziendale. Possono favorire la fidelizzazione facendo ricorso al reskilling - per ricollocare il personale formandolo sulle nuove competenze necessarie per determinate attività o su quelle che non si trovano - e all'upskilling per chi approda da altre realtà o per i dipendenti che vorrebbero intraprendere percorsi di carriera che richiedono di padroneggiare ulteriori skill.

Lo conferma anche l'ultimo Cegos Observatory Barometer: per adattarsi alle trasformazioni in atto oltre all'upskilling si stanno affermando anche approcci di reskilling per la mobilità interna, citati dal 60% degli HR e da interpretare come possibile rimedio alle crescenti difficoltà nel reclutare e trattenere i talenti.

Colmando le carenze relative alle competenze chiave richieste, si consente alle persone di crescere, imparare, aggiornarsi e sentirsi più apprezzate e coinvolte nell’organizzazione.

Perché si generi un'employee experience significativa, in cui i singoli si sentano riconosciuti e promossi come individui e non solo come soggetti produttivi, il continuous learning deve, però, essere progettato e gestito in maniera contemporanea.

Inoltre, i leader devono trovare il modo di migliorare costantemente sia la cultura dell’apprendimento in azienda che la relativa tecnologia, in modo da sostenere il benessere, la motivazione e il DEIB (diversità, equità, inclusione e senso di appartenenza) delle persone.

Come? Ad esempio:

- Creando un ambiente di apprendimento sicuro e inclusivo, in cui i dipendenti si sentano liberi di esplorare nuove competenze e sperimentare senza paura di errori o giudizi.

- Fornendo opportunità di formazione personalizzate, tenendo conto delle esigenze individuali dei dipendenti e delle competenze richieste per i ruoli futuri.

- Promuovendo la collaborazione e il networking tra dipendenti, favorendo l'interazione umana, il social learning, lo scambio di conoscenze e l'apprendimento reciproco nel flusso di lavoro.

- Utilizzando tecnologie digitali innovative, come piattaforme di e-learning, simulazioni e realtà virtuale, per offrire esperienze di apprendimento coinvolgenti e interattive.

- Monitorando regolarmente le tendenze del mercato e le esigenze dell'organizzazione, per identificare tempestivamente le competenze richieste e adattare i programmi di upskilling e reskilling di conseguenza.

Altrettanta attenzione deve essere dedicata agli errori da evitare, in primis:

- Mancanza di una pianificazione strategica, prima di intraprendere programmi di upskilling o reskilling è importante condurre un'analisi approfondita delle competenze necessarie per il futuro, identificare le lacune esistenti e sviluppare programmi di formazione mirati.

- Ignorare le esigenze dei dipendenti, ogni individuo ha diverse capacità, interessi e motivazioni. Coinvolgerli nel processo decisionale, offrire opportunità di scelta e riconoscere il loro impegno, contribuirà a migliorare l'efficacia dei programmi di sviluppo delle competenze.

- Concentrarsi solo sulle competenze tecniche, trascurando l'importanza delle competenze trasversali e delle soft skill sempre più cruciali in un ambiente di lavoro complesso e interconnesso.

- Mancanza di supporto e follow-up, ovvero non fornire un adeguato sostegno successivo. Mentorship, coaching e opportunità di applicazione pratica sul posto di lavoro favoriranno l'integrazione delle competenze acquisite nella vita lavorativa quotidiana.

Perché tutto questo?

E qui torniamo alla leadership. La formazione aziendale è una precisa strategia aziendale; significa costruire una cultura dell'apprendimento che consenta all'azienda di crescere, promuovendo i propri messaggi chiave e adeguando quest’ultima ai propri modelli di leadership. I leader dovrebbero concentrarsi più sull’allineamento dei valori individuali con quelli dell’organizzazione che sul luogo in cui viene svolto il lavoro.

* Head of Sales di Cegos Italia

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