big data «in campo»

Agricoltura hi tech: anche Monsanto e altri colossi puntano sui data scientist

di Alberto Magnani

(Agf)

3' di lettura

Possono amministrare moli enormi di dati sull'andamento delle coltivazioni, l'efficacia dei fertilizzanti o il fabbisogno idrico di un terreno. Senza avere, in teoria, mai visto un campo.

Non solo economia digitale: i data scientist, gli “scienziati dei dati” che trasformano in informazioni utili i flussi del web, sono un profilo sempre più ambito dai colossi mondiali dell'agrochimica. Dopo i maxi-accordi siglati negli ultimi mesi, giganti del settore come Monsanto o DuPont sono a caccia di profili che non si assocerebbero subito ad aziende che producono sementi: dai data visualization scientist per la raccolta di informazioni ai cloud engineer (ingegneri del cloud) specializzati nei sistemi di Amazon Web Service, la costola di settore di Amazon.

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«Si parla sempre più di Big Data in quegli ambiti dove bisogna gestire una mole enorme di informazioni. Funzioni per cui diventano necessari appunto dei data scientist, ma non necessariamente con studi in agraria» spiega al Sole 24 Ore Stefano Amaducci, professore alla facoltà di Scienze agraria, alimentari e ambientali alla sede di Piacenza dell'Università Cattolica.

Chief data scientist cercansi. Serve la laurea, ma non (sempre) in agraria
Del settore, ultimamente, si è parlato soprattutto per la “febbre da M&A” che sta portando alla concentrazione del mercato nelle mani di pochi player. Dopo l'ok alle operazioni Monsanto-Bayer e DuPont-Dow, manca solo il via libera di Bruxelles all'acquisizione da 43 miliardi di dollari della svizzera Syngenta da parte dal colosso cinese ChemChina. Ma la ricerca di specialisti di dati all'interno dei nuovi gruppi e dei singoli marchi non sembra arrestarsi, anzi: una delle motivazioni alle base dell'accordo da 66 miliardi di dollari tra Monsanto e Bayer sarebbe stata proprio l'integrazione tecnologica tra i due gruppi, a partire dalla gestione dei Big Data.

A quanto emerge dalle ricerche del Sole 24 Ore, la sola Monsanto cerca oltre 40 figure che ruotano intorno ad analisi dei dati e sviluppo del software, seguita a ritmi simili da Bayer (a caccia, tra l'altro, di un senior data scientist e di un ricercatore specializzato in machine learning, DuPont (che assume anche un chief data scientist per la sua divisione R&D.) e Syngenta (in cerca di “master data expert”).

Nel concreto, però, come si applicano i “grandi dati” all'agricoltura? Amaducci indica più strade, dall'analisi statistica delle informazioni raccolte alle ultime frontiere dell'agricoltura di precisione, la tecnica che si serve di droni e sensori per aumentare la qualità della gestione dei campi. «Ad esempio si possono trasformare in dati utili o previsioni le informazioni raccolte via satellite. E in questo senso il data scientist può lavorare anche da remoto, facendo un lavoro di scavo» dice Amaducci. Nelle posizioni aperte dai grandi gruppi, si chiedono spesso requisiti come master o dottorati in statistica, scienze informatiche o fisica. Gli studi in ambito agrario sono consigliati, ma sempre come titoli «preferibili» nel proprio background: «In realtà la gestione dei dati può essere fatta anche da chi ha basi solo informatiche, e credo che sarà automatizzabile – dice Amaducci – Poi però, per utilizzare le informazioni, servono competenze nel settore».

NEL 2016 RACCOLTI 3,2 MILIARDI DI DOLLARI IN TECNOLOGIE AGRICOLE

Investimenti giù del 30%, ma software e internet of things incidono ancora per l'11% (Fonte: Agfunder)

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Nel 2016 oltre 3 miliardi di dollari alle startup dell'agritech. Ma i fondi sono in calo
Dove non arrivano i colossi del settore, però, ci sono le startup. Secondo i dati di Agfunder, una piattaforma online di investimenti in agrotecnologie, le imprese innovative del settore hanno raccolto l'equivalente di 3,2 miliardi di dollari in investimenti nel 2016: giù del 30% rispetti ai picchi del 2015 (4,6 miliardi) ma comunque sopra agli standard del periodo 2010-2014. Le startup che si occupano anche di Big Data, racchiuse nella categoria di Software management, sensors and Iot (Internet of things), hanno inciso sull'11% del totale con 363 milioni di dollari. Anche qui, però, l'influenza dei grandi si fa sentire. Planetary Resources, nata con l'obiettivo di identificare asteroidi «ricchi di acqua», ha iniziato a occuparsi di telerilevamento satellitare per commercializzare i dati raccolti. Dopo aver annunciato un accordo con Bayer ha incassato un round da 21 milioni di dollari a maggio 2016. Prima di allora, era riuscita a raccoglierne solo 1,5.

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