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Agricoltura, per il contoterzismo giro d’affari oltre 7,7 miliardi

Dalla mietitura all’aratura fino alla distribuzione di fertilizzanti, sono 537mila le aziende medio piccole che non avendo macchine proprie si avvalgono di società specializzate per le coltivazioni

di Giorgio dell'Orefice

(Dusan Kostic - stock.adobe.com)

3' di lettura

Lavorare per conto terzi ha molte accezioni nella lingua italiana ma il contoterzismo è un’attività specifica e dal valore strategico in agricoltura. Si tratta del lavoro realizzato dalle imprese agromeccaniche che con macchine agricole proprie lavorano i terreni e i campi di altre aziende.

Una modalità che garantisce anche a piccole e medie imprese (l’ossatura ma anche la polpa dell’agricoltura italiana) lavorazioni in campo altrimenti non sostenibili per via delle ristrettezze dei bilanci. Lavorazioni che vanno dalla raccolta di prodotti agricoli (mietitura e trinciatura) all’aratura e semina dei terreni, dall’interramento (certificato) di reflui zootecnici alla distribuzione di mezzi tecnici (fertilizzanti, diserbanti). Il tutto, grazie alle economie di scala, a costi contenuti o comunque molto inferiori a quelli che sarebbero necessari per dotarsi di macchine proprie. Macchine poi che nella singola azienda agricola resterebbero inutilizzate per gran parte dell’anno.

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Questa delle imprese agromeccaniche professionali è la fetta prevalente del contoterzismo al quale se ne aggiunge poi un'altra: ovvero le lavorazioni fatte sui terreni altrui da imprenditori agricoli con le macchine di proprietà. Questa seconda fetta, pure diffusa in Italia, si avvale inoltre di un regime fiscale agevolato (a differenza delle lavorazioni professionali che sono assoggettate al reddito d'impresa). Il contoterzismo, infatti, è “attività connessa” cioè un lavoro che è parte integrante dell’attività agricola e che in quanto tale, quando svolto da imprese agricole, è assoggettato al reddito agrario. Reddito che, secondo una stima recente effettuata dal Crea, equivale in media a un’aliquota di circa il 10 per cento.

Il contoterzismo “professionale” conta circa 18mila aziende per un giro d’affari di 4,5 miliardi di euro e nel 2021 ha lavorato le superfici agricole di circa 537mila aziende in Italia. A questo si aggiunge il contoterzismo effettuato dalle aziende agricole come attività connessa che, sempre secondo una stima del Crea, registra un fatturato di circa 3,2 miliardi. L’intero settore delle lavorazioni agricole in conto terzi, quindi, sviluppa un giro d'affari in Italia di circa 7,7 miliardi.

Un’attività che affonda le proprie radici nel passato ma che avrà certamente un futuro. «L’agricoltura italiana – spiega il presidente della Confederazione agromeccanici e agricoltori italiani (Cai), Gianni Dalla Bernardina – continuerà a essere incentrata sulle piccole e medie imprese. E questo renderà indispensabile anche in futuro il contoterzismo. Anzi il nostro ruolo sarà rafforzato dall’innovazione tecnologica e dal precision farming che altrimenti sarebbero preclusi ad aziende di piccole dimensioni».

Le prospettive per il settore, quindi, sono rosee ma non mancano i nodi da sciogliere. Uno, ad esempio, riguarda la relazione tra i due pilastri dell’attività agromeccanica ovvero quello tra le imprese professionali e le aziende agricole che operano in regime di attività connessa. «Il punto – aggiunge Dalla Bernardina – è che una fetta rilevante del lavoro svolto in conto terzi dalle aziende agricole è effettuato con un parco macchine obsoleto (si stima circa un milione di trattori in Italia con oltre 20 anni di età) e che non è stato sottoposto ad alcuna revisione. Un presupposto di una concorrenza sleale ai nostri danni che invece investiamo su tecnologie all'avanguardia».

E il tema della revisione è stato sollevato anche dal presidente dell’Unione nazionale contoterzisti (Uncai), Aproniano Tassinari. «Il decreto interministeriale del 20 maggio 2015 – ha detto Tassinari – ha fissato le norme e le scadenze per la revisione dei trattori e delle macchine agricole. Scadenze sempre disattese e rinviate in mancanza di un decreto attuativo che individuasse i luoghi idonei e le modalità tecniche per la revisione. Le macchine agricole immatricolate entro il 1983 avrebbero dovuto essere revisionate entro il 30 giugno dell’anno scorso ma il decreto Milleproroghe ha posticipato ancora questo termine al 31 dicembre».

Poi c’è anche un tema di accesso alle fonti di finanziamento. Da un lato l’attività agromeccanica è considerata connessa all’attività agricola (se svolta da agricoltori) ma, dall’altro, i contoterzisti non godono delle medesime corsie preferenziali.

«Pensiamo soprattutto a giovani imprenditori agromeccanici che vogliano investire – aggiunge Dalla Bernardina –. I Piani di sviluppo rurale potrebbero equipararli agli imprenditori agricoli e garantire loro un sostegno agli investimenti che, alla fine, finirebbero comunque per avere ricadute positive sulle aziende agricole. Alcune regioni come Lombardia ed Emilia Romagna stanno prevedendo qualcosa in questo senso. Ci auguriamo che anche altre regioni aprano a questa possibilità».

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